di Paola de Groot

ROMA, domenica, 23 settembre 2012 (ZENIT.org) – [La prima parte dell’intervista a Costanza Miriano è stata pubblicata ieri, sabato 22 settembre]

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<p>Farsi aiutare da qualcuno è possibile ma lei scrive anche di un uso non indiscriminato dei nonni: in che misura è giusto il loro intervento?

Costanza Miriano: Naturalmente la figura dei nonni è importante ed è un rapporto speciale quello che hanno con i nipoti. La presenza dei nonni non deve però sostituire quella dei genitori: un figlio è un’occasione unica di conversione, quindi demandare tutto a qualcun altro per facilitarti le cose non è sempre la scelta più saggia. La presenza molto preponderante dei nonni porta con sé anche il rischio di dover far compromessi sul tipo di educazione da parte dei genitori per non parlare di quei casi in cui addirittura i nonni si intromettono nel rapporto di coppia. Trovo comunque strano che spesso i bambini vengano concepiti come qualcosa di talmente devastante e invadente da dover essere condiviso con altri per sopportarne il peso: probabilmente è un effetto collaterale del fatto che la loro nascita è stata pianificata nei minimi dettagli e ha perso la forza dell’evento naturale.

Col primo libro ha dimostrato che il matrimonio non è la tomba dell’amore: può però un figlio essere la tomba del matrimonio?

Costanza Miriano: Quando è vissuto in questa maniera, come il centro del mondo, acquista veramente un peso abnorme. Ho raccolto la confessione di uomini che si lamentavano di essere stati messi in secondo ordine dalla moglie quando è nato il primo figlio. A questo si può rimediare: è la donna che deve riconquistare la sua dimensione di moglie e ricominciare a dare tempo e attenzione al marito. In questo frangente vorrei citare anche l’importanza della cura del corpo: il fatto di avere bambini piccoli e poco tempo non dovrebbe essere una ragione per presentarsi sciatta al proprio marito.

Chi è Gudbrando? O meglio chi è sua moglie?

Costanza Miriano: Quando vado alle presentazioni racconto spesso questa storiella di Gudbrando perchè è un esempio molto pratico che resta in mente. È la storia di un pregiudizio positivo della moglie nei riguardi del marito, quindi qualunque cosa faccia quest’ultimo, lei lo giudica positivamente, parte dal principio che quello fa sia buono: questo scardina la logica della contrapposizione tra i coniugi, la moglie si allea col marito e per principio vuole combattere insieme a lui e non criticarlo. Questa storia viene anche riportata nel libro. Mi hanno raccontato che ha aiutato molte coppie e quando si comincia ad applicarlo funziona veramente. Addirittura qualche donna che aveva già fatto le carte per il divorzio, le ha ritirate perché ha provato questo nuovo atteggiamento che innesta un circolo virtuoso: più un uomo si sente approvato e più diventa buono e smette di fuggire. Aumenta anche il suo senso di responsabilità, perché sa che sarà ascoltato anche dai figli. Se si fa quello che ha detto il babbo perché l’ha detto lui allora il padre è più stimolato a riflettere bene prima di parlare e a parlare sempre nell’ottica del dono.

Quasi a sottolineare ed accentuare questa indole di manuale prezioso, ricco di spunti di riflessione per la vita di coppia e per far sì che le intenzioni si trasformino velocemente in atteggiamenti concreti, alla fine di ogni capitolo ha inserito un piccolo regalo che la donna può fare all’uomo

Costanza Miriano: Come spiego nell’introduzione noi donne comunichiamo con le parole, gli uomini con gesti concreti. Alla fine di ogni capitolo, quindi, ho messo un regalo, che può essere un oggetto o semplicemente il piatto preferito, cioè un segno concreto del nuovo atteggiamento che la donna vuole adottare o che chiede a suo marito. Cose o oggetti che siano dei promemoria, perché per l’uomo le parole sono molto meno importanti che per noi.

Nel capitolo 7, Lei afferma che vale comunque la pena sposarsi e ribadisce poi nel capitolo 10: “anche nel matrimonio, strano ma vero, bisogna mettere l’amore al primo posto”…

Costanza Miriano: Sì, dobbiamo comunque chiarire che cos’è l’amore, visto che siamo tutti più o meno intrisi di una visione piuttosto romantica ed emozionale. Il matrimonio è una via di conversione, come un monaco obbedisce al suo abate e alla regola, una moglie si converte in questa obbedienza al proprio marito. E quest’ultimo come può resistere ad una moglie che lo ama senza riserve? Senza mettere paletti, senza esigere? Molte volte la pesantezza che imputiamo al matrimonio riguarda in realtà tutta la nostra vita. A cominciare dalla gestione del tempo: quando voglio ritagliarmi il mio spazio, cresce in me lo stress. Voglio sostituirmi a Dio per poter gestire completamente la mia giornata e così, ogni imprevisto, ogni scomodità diventano un disastro. Anche la casa diventa un proprio spazio: tutto deve essere perfetto, tutto deve andare come voglio io. Ogni mancanza del proprio marito diventa intollerabile. Le giornate migliori sono invece quelle nelle quali ci affidiamo a Dio, ci facciamo figli fiduciosi e ci abbandoniamo al Suo volere, accogliendo docilmente gli avvenimenti della giornata.