di monsignor Bruno Forte,
Arcivescovo di Chieti-Vasto

ROMA, mercoledì, 26 settembre 2012 (ZENIT.org) – Riportiamo di seguito la lettera pastorale sull’Anno della Fede di monsignor Bruno Forte, arcivescovo della diocesi di Chieti-Vasto, in Abruzzo.

In fondo al documento si possono leggere anche le proposte dell'arcidiocesi di Chieti-Vasto per vivere l'evento indetto da papa Benedetto XVI.

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L’educazione alla fede e la bellezza di Dio

Lettera pastorale per l’anno 2012-2013

L’Anno della Fede, indetto dal Santo Padre Benedetto XVI a partire dall’11 Ottobre 2012, cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II e ventesimo della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, ha una duplice finalità: ravvivare la fede di chi crede, annunciarne la bellezza a chi non ha questo dono. L’invito che ne deriva per tutti i battezzati è, dunque, quello a educarsi e a educare gli altri alla fede, con slancio sempre nuovo. A questi temi dedico la mia lettera pastorale per l’anno 2012-2013.

1. Educare / educarsi alla fede: un incontro d’amore. Nell’educazione alla fede tutto nasce dall’amore. È per amore che Dio si è rivelato agli uomini col desiderio di farli partecipi della Sua vita. È per amore che chi crede vorrebbe trasmettere il dono ricevuto agli altri, introducendoli nell’esperienza della bellezza di Dio. È per un profondo bisogno di amore che ci si mette alla ricerca del Volto divino. Alle sorgenti di ogni educazione alla fede c’è l’amore. Spesso si tratta di un amore ferito: quello, ad esempio, dei genitori credenti che vedono i loro figli allontanarsi dalla vita di fede o quello di chi ha responsabilità pastorali e sperimenta quanto sia difficile a volte trasmettere il dono della fede agli altri, specialmente ai giovani, nella complessità del tempo che viviamo.

Eppure, il desiderio di comunicare la bellezza della fede sfida quest’amore ferito e lo spinge a non arrendersi. Spesso, chi si allontana da Dio lo fa perché non ha mai veramente sperimentato la grandezza del Suo dono. Tante volte l’amore divino è più ignorato che consapevolmente rifiutato. Educare alla fede vuol dire allora far conoscere credibilmente quest’amore con la testimonianza della parola e della vita. Educarsi alla fede, a sua volta, significa accettare la sfida di mettersi alla ricerca dell’infinito amore, aprendosi a tutti gli aiuti possibili sulla via dell’incontro con Dio. La storia dei Magi, che dal lontano Oriente vanno a Betlemme, guidati da una stella, può farci capire come tutto questo possa avvenire nella nostra vita e in quella di coloro che amiamo, a cui vorremmo trasmettere la fede come esperienza bella e vivificante dell’amore divino.

2. Da Oriente a Gerusalemme: il punto di partenza e la meta dell’educazione alla fede. Chi sono i Magi di cui parla il Vangelo secondo Matteo (2,1-12)? Stando al racconto evangelico si tratta di personaggi venuti “da oriente a Gerusalemme”. Nell’immaginario biblico l’Oriente - lì dove sorge il sole - è il luogo dell’originario, dove tutto comincia. In questo senso i Magi sono figura di quanti, muovendo dalle esigenze originarie, costitutive dell’essere umano, vanno verso la Città indissolubilmente congiunta alla rivelazione divina nella storia, Gerusalemme. Non si azzarderebbe, allora, nel riconoscere nei Magi la figura di ogni onesto cercatore di Dio, mosso dal bisogno radicale, di cui si fa voce Sant’Agostino all’inizio delle sue Confessioni: “Ci hai fatto per Te ed inquieto è il nostro cuore finché non riposi in Te” (I, 1).

Il richiamo alla provenienza da Oriente dice, inoltre, che i Magi si sono messi in cammino lasciando il loro mondo vitale, l’insieme delle loro sicurezze e delle loro abitudini radicate. Non si va alla ricerca di Dio senza prendere una decisione, senza fare un taglio, sradicandosi dal contesto rassicurante del piccolo universo che ci è proprio, per aprirsi al rischio della ricerca del Volto desiderato e nascosto. Il viaggio di ogni vero cercatore di Dio va dal proprio Oriente - e dunque dagli abissi del proprio cuore, dalle domande più profonde che ci abitano - verso la “città di Davide” (Luca 2,11), vero concentrato della rivelazione divina: “Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme” (Mt 2,1).

Proviamo a chiederci: qual è il nostro Oriente? Quali sono le domande più vere e importanti che riconosciamo nel nostro cuore? Abbiamo mai scelto veramente di muoverci da dove siamo verso la Città di Dio, incontro al Suo dono d’amore? Siamo pronti a lasciare le nostre certezze per vivere l’avventura della ricerca dell’amore più grande, quello che solo Dio potrà darci? Porre questi interrogativi e rispondere ad essi è l’inizio dell’educazione alla fede, stimolo a prendere la decisione necessaria per andare dal nostro oriente verso la Città di Dio…

3. Pellegrini nella notte, guidati dalla stella. I Magi compiono il loro viaggio lasciandosi guidare da una stella: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2.9-10). Abbiamo qui alcune informazioni importanti sulle condizioni della ricerca di Dio, e dunque dell’educazione alla fede: a guidare il cammino dei pellegrini c’è una stella. Questo significa che il percorso si svolge anzitutto di notte: la via verso la fede non è inizialmente un itinerario luminoso. Occorre avanzare nell’oscurità, pellegrini verso la luce, di cui la stella è annuncio e promessa.

Che cos’è la stella? Nell’immaginario biblico essa sta a dire un segno che viene dal cielo, raggiungendo gli uomini nell’oscurità della loro esperienza per condurli dove il Signore li chiama. C’è un linguaggio di Dio nella natura e nelle vicende umane che dobbiamo imparare a conoscere: da una parte, si tratta della “silenziosa scrittura dei cieli”, cantata ad esempio dai Salmi (“I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento”: 19,2), della testimonianza, cioè, che il creato rende al Creatore col fatto stesso di esistere. Dall’altra, si tratta dei “segni dei tempi” con cui il Signore raggiunge i cercatori del Suo volto per indicare loro la strada nella complessità delle opere e dei giorni. Come afferma il Concilio Vaticano II, “è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo” (Costituzione Gaudium et Spes 4).

La stella compare a guidare il cammino dei cercatori di Dio, affacciandosi nei segnali di attesa che spesso gli uomini manifestano sulla via della ricerca di un senso da dare alla vita e di una giustizia più grande per tutti, oltre che nelle testimonianze di amore che tante volte illuminano perfino le situazioni più tristi e difficili. Inoltre, seguire la stella per andare verso il Bambino che nascerà lì dove essa si poserà, vuol dire anche uscire da sé per andare verso l’altro, soprattutto piccolo e debole. Se vuoi aprirti alla fede o educare altri ad essa, mettiti in ascolto della natura e della storia e impegnati ad andare verso gli altri con scelte e gesti in cui esprimere il dono di te. Lascia che Dio Ti parli attraverso la sua opera di Creatore e il suo governo di Signore provvidente della storia e riconosciLo nella silenziosa eloquenza dell’amore al prossimo.

4. La notte del mondo e la Parola di Dio. Bisogna ammettere che questo “ascolto del mondo” non sempre è facile. Perfino il dono di sé può restare qualcosa di ambiguo e faticoso nel cammino verso Dio. La notte che copre la storia talvolta è veramente buia. Ecco, allora, che il Signore ci offre un aiuto decisivo per arrivare a credere in Lui: si tratta della Sua Parola, della rivelazione storica del Suo Volto, che si è compiu ta attraverso eventi e parole intimamente connessi, di cui ci dà testimonianza la storia della salvezza, presentata nella Bibbia.

Anche i Magi ne hanno avuto bisogno, tant’è vero che seguono il suggerimento dei capi dei sacerdoti e degli scribi del popolo, consultati da Erode, circa il luogo in cui doveva nascere il Cristo: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele» (Matteo 2,5-6). Il testo citato per indicare il luogo dell’incontro col Messia è tratto dal profeta Michea (5,1-3) e contiene diverse risonanze bibliche (2 Samuele 5,2; 1Cronache 11,2). La storia dei Magi viene così a dirci che nella notte del tempo la Parola di Dio è veramente lampada ai nostri passi e luce sul nostro cammino (cf. Salmo 118,105).

Se vuoi incontrare il Dio vivente, fidati della Sua Parola: mettiti in ascolto umile, perseverante e fiducioso di essa. Impara dalle Sacre Scritture il linguaggio di Dio, che Ti aiuta a riconoscere gli appuntamenti con la Sua Grazia. La luce della Parola di Dio guida i passi di chi la ascolta e riconosce nelle parole dei testi sacri il messaggio di amore di Colui che vuole accendere in noi il desiderio del Suo Volto e guidarci all’incontro con Lui nella Sua casa. Chi accoglie la rivelazione divina nella Bibbia sa di non essere mai solo, perché la Parola del Dio vivente lo raggiunge, abita il suo cuore e gli dona occhi per vedere e credere e lasciarsi guidare dall’Amato ai pascoli della vita che vince e vincerà la morte. Ti chiedo: leggi assiduamente a Parola di Dio? La ascolti con desiderio e fede? A chi vuol educare altri alla fede suggerisco il riferimento assiduo ai testi biblici, sorgenti di luce nel cammino verso l’incontro con Dio.

5. L’incontro con Erode: la tentazione in agguato. È a questo punto che nella vicenda dei Magi si colloca un incontro pericoloso, che potrebbe avere conseguenze drammatiche. Essi si recano a Gerusalemme in cerca di maggiori ragguagli sulla loro destinazione. Sono ancora nella situazione in cui la Parola di Dio non ha rischiarato loro pienamente la strada, pur segnalata nelle coordinate fondamentali dalla stella. Nella Città Santa risuona la loro domanda: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo…».

Si inserisce qui l’azione del re Erode, simbolo non solo del potere, ma del delirio di onnipotenza che esso può suscitare, lì dove il cuore si chiuda al riconoscimento onesto del dovere di obbedire alla Verità al di sopra di tutto. Erode è turbato dalla richiesta dei Magi, vi intuisce un pericolo per la sua autorità. Si finge cercatore del vero, ma in realtà l’indagine che svolge presso gli esperti della Legge è finalizzata solo a saperne di più per intervenire a tutela della sua smisurata volontà di potenza. A tal fine vorrebbe utilizzare anche i Magi: «Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: “Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”» (vv. 7-8).

Sulla via della ricerca di Dio il vero possibile rischo è fare del nostro “io” e delle sue ambizioni l’idolo cui sacrificare ogni cosa. Questa tentazione può presentarsi nelle forme più diverse, ma la molla che vi agisce è sempre la stessa: l’orgoglio. È la tentazione diabolica, la pretesa di voler essere come Dio, quella che raggiunse la creatura umana sin dal primo mattino del mondo (cf. Genesi 3). Il seguito del racconto ci mostra come i Magi abbiano saputo schivarla, riconducendo le richieste di Erode alla loro vera misura, quella di un delirio accecante che nega l’evidenza del primato di Colui che ci trascende tutti. Il cercatore di Dio o sarà umile e impegnato a vincere le trappole dell’orgoglio, o non arriverà mai alla meta, sciupando quanto di più bello può esserci nell’esistenza umana. Se cerchi Dio e se vuoi aiutare altri a incontrarlo, sii umile, consapevole dei tuoi limiti e del bisogno di luce dall’alto.

6. L’incontro con Dio: la gioia, la comunità, l’umiltà, l’adorazione e il dono di sé. Il racconto di Matteo prosegue: «Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra» (vv. 9-11).

Si riconoscono qui, nella semplicità del racconto, le caratteristiche fondamentali dell’incontro con Dio, grazie al quale cambia tutto: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva” (Benedetto XVI, Enciclica Deus caritas est, 1). Innanzitutto, s’affaccia la gioia: incontrare l’Amato, desiderato e cercato, è fonte di grandissima gioia, perché vuol dire sentirsi raggiunti da un amore infinito, da un’indicibile bellezza. Niente dà al nostro cuore tanta gioia quanto il riconoscerci amati e l’amare. Perciò l’esperienza della fede è così bella e vale la pena di accettare ogni sacrificio per educarci ad essa e comunicarla ad altri: in Dio si trova la vera gioia, il senso d’esistere, l’amore che è origine, grembo e patria della vita presente e di quella che ci attende oltre la morte. Chi crede può capire di che cosa parlo! Chi non crede, non sa che cosa si perde!

La gioia accompagna il passo successivo, semplice e concreto: entrare “nella casa”. Tenendo conto dell’immagine della Chiesa come “casa, edificio”, presente anche in Matteo (cf. 16,18: “su questa pietra edificherò la mia Chiesa”), vorrei vedere qui espressa la necessità della comunità ecclesiale nell’educazione alla fede. La Chiesa è luogo e segno della presenza di Cristo, della Parola che salva, dell’incontro col Risorto attraverso i segni sacramentali e l’amore fraterno. È la Chiesa ad affidare il servizio dell’annuncio / testimonianza / educazione, che parli attraverso la vita. La fede è donata e nutrita nella Chiesa, “comunità educante”.

Senza la comunione vissuta nella Chiesa Madre, l’educazione alla fede rischia di naufragare nell’individualismo o nell’evasione consolatoria! All’interno della casa la gioia dei Magi alla vista del Bambino con la Madre si esprime nel bisogno dell’adorazione: essi si prostrano in segno di profonda umiltà e adorano il Piccolo, riconoscendo l’assoluta sovranità dell’Amore incarnato di Dio davanti a cui sono giunti. Umiltà e stupore adorante sono i due atteggiamenti fondamentali della preghiera, espressione e nutrimento della fede: con l’umiltà confessiamo il nostro niente; con l’adorazione ci lasciamo colmare dal tutto di Dio. Vivere una simile esperienza genera il bisogno di rispondere all’amore con l’amore, offrendo a Dio i doni dello scrigno del nostro cuore.

La tradizione cristiana ha letto nell’oro, nell’incenso e nella mirra offerti dai Magi i simboli del triplice riconoscimento di cui vive la fede nel Figlio di Dio fatto uomo per noi: «La mirra, perché in quanto uomo era destinato a morire ed essere sepolto; l’oro, poiché era il re, il cui regno non avrà fine; e l’incenso, poiché era Dio, che si è fatto conoscere in Giudea» (Sant’Ireneo di Lione, Adversus Haereses III, 9, 2). La fede confessa Colui che è morto e risorto per noi (la mirra, con cui si ungevano i corpi dei defunti), il cui regno non avrà fine (l’oro, simbolo di regalità), perché è il Figlio di Dio venut o fra noi affinché noi potessimo partecipare della bellezza della vita divina nel tempo e per l’eternità (l’incenso).

7. Fecero ritorno al loro paese: vivere la fede nella quotidianità. La storia dei Magi non termina qui. C’è un seguito molto importante per chi si riconosce al pari di loro “cercatore di Dio”: «Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese» (v. 12). Due aspetti vanno sottolineati: l’incontro con Dio non ti fa evadere dalla storia, dagli impegni della tua quotidianità e dalle responsabilità a cui sei stato chiamato. Il ritorno dei Magi al loro paese dice precisamente questo, escludendo ogni concezione consolatoria della fede, che ne faccia un rifugio per sottarsi ai propri doveri e alla rete di amore, in cui ciascuno è posto.

L’eternità, cui siamo chiamati, si esprime sempre in un giorno, l’oggi in cui vivere il sì a Dio nella fede e testimoniare agli altri la bellezza del Suo amore mediante la carità. L’altro elemento che il racconto ci fa capire è che il ritorno alla vita ordinaria dopo l’incontro con il Signore avviene “per un’altra strada”. Sei lo stesso, eppure non sei più lo stesso, se hai incontrato il Dio vivente. Ormai, non c’è Erode che tenga per trattenerti nella logica dell’egoismo e dell’avidità che tutto rapporta alle brame del tuo “io”. Incontrare il Figlio di Dio nel Bambino di Betlemme significa riconoscere l’umiltà del Dio incarnato e lasciarsi trasformare dal Suo dono, per diventare una creatura nuova, che canta con la vita il cantico nuovo di chi è stato reso nuovo dallo Spirito di Dio.

Il cammino della vita sarà un continuo, sempre nuovo incontro con l’Amato, se saprai custodire con fedeltà il dono ricevuto, ravvivandolo ogni giorno a partire dalla celebrazione eucaristica di ogni domenica, unito a chi come te ne ha fatto esperienza nella Chiesa. Allora, sentirai il bisogno di chiedere a Colui che si è donato a Te il dono di questa fedeltà, nell’esperienza sempre nuova del Suo amore. Allora, potrai cercare di trasmettere ad altri la fede, come irradiazione del tuo cuore umile, innamorato di Dio.

E potrai dirGli: “Fa’ che io mi doni sempre più profondamente a Te, che Ti sei donato e sempre più Ti doni a me. Nell’abisso che mi separa da Te, hai voluto venirmi incontro. Mi hai chiamato, Ti ho cercato; la Tua luce mi ha raggiunto nella silenziosa eloquenza del creato, nei segni che mi hai dato nel tempo, nella via della carità vissuta. Soprattutto, hai voluto parlarmi nella Tua Parola, lampada ai miei passi, luce del mio cuore. Fa’ che io Ti doni agli altri per la semplice forza dell’amore che hai voluto far abitare in me, e che scompaia perché Tu solo cresca in ognuno di coloro cui mi mandi e che mi affidi, Dio tre volte benedetto e santo. Amen! Alleluia!”.

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Arcidiocesi di Chieti-Vasto
Proposte per vivere l’Anno della fede 2012-2013
indetto dal Santo Padre Benedetto XVI

A livello personale:

- Preghiera quotidiana: inizia e concludi la giornata con la preghiera di lode e di invocazione, meditando anche brevemente la Parola di Dio, ad esempio quella proposta dalla liturgia del giorno; prega il Rosario come preghiera contemplativa (con Maria nel cuore di Dio);

- Adorazione eucaristica: trova nella giornata o almeno nella settimana un tempo per stare davanti a Gesù eucaristia in adorazione, lasciandoti amare da Lui, sotto il Suo sguardo creatore e redentore;

- Eucaristia domenicale: vivila con fedeltà, preferibilmente nella tua comunità parrocchiale e - dove possibile - partecipa anche più spesso alla celebrazione eucaristica nella settimana;

- Vivi (o scopri!) la gioia della celebrazione frequente del sacramento della riconciliazione:

- Compi ogni giorno qualche gesto di amore gratuito, specie verso chi soffre o ha bisogno di aiuto, materiale e morale, e impegnarti a dare testimonianza umile e convinta della tua fede in ogni situazione della vita.

A livello parrocchiale:

- Educare alla preghiera offrendo occasioni quotidiane (ad esempio, la celebrazione delle lodi e dei vespri in Parrocchia), stabilendo l’adorazione eucaristica frequente (almeno settimanale e per più ore, se possibile);

- Curare settimanalmente una celebrazione della Parola di Dio (sul modello della “lectio divina”, con la risposta alle quattro domande: che cosa dice il testo in sé o “lectio”; che cosa dice il testo a me, a noi o “meditatio”; che cosa io dico al Signore che mi parla nel testo o “oratio”; che cosa farò come frutto di questo incontro con la Parola del Signore o “actio” e “contemplatio”);

- Offrire occasioni di catechesi sul Credo e sulla vita cristiana (anche utilizzando il libro dell’Arcivescovo La porta della fede. Sul Mistero cristiano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 2012), sul Concilio Vaticano II e sul Catechismo della Chiesa Cattolica;

- Proporre iniziative caritative attraverso la Caritas parrocchiale in collegamento con quella zonale (dove c’è) e diocesana;

- Promuovere una missione parrocchiale che porti l’annuncio della fede in tutte le case della Parrocchia e inviti coloro che vogliono conoscere il Signore Gesù ad incontri di proposta e approfondimento della fede.

A livello diocesano:

- Celebrazione di apertura dell’anno della fede: 6 Ottobre 2012, ore 11,30 in Cattedrale;

- Esercizi spirituali per i presbiteri: 19-23 Novembre 2012 - Oasi dello Spirito, Nel silenzio di Dio - guidati da Dom Franco Mosconi, Camaldolese;

- Scuola diocesana della Parola di Dio: Il Vangelo del catecumeno: Marco (Febbraio - Aprile 2013);

- Esercizi spirituali per tutti tenuti dall’Arcivescovo: 18-19-20 Marzo 2013, ore 21,00, Parrocchia San Francesco Caracciolo al Tricalle: Testimoni biblici della fede: Abramo, Maria e Pietro;

- Traditio Symboli per i cresimandi dell’anno 2012-2013: Domenica 10 Marzo 2013 - ore 16,00 - Parrocchia Santa Maria del Sabato Santo, Vasto;

- Con Maria in cammino nella fede: Pellegrinaggio Diocesano Pollutri - Madonna dei Miracoli, Sabato 25 Maggio 2013;

- Per il 50° dall’apertura del Concilio Vaticano II, facendo seguito agli incontri già tenuti sulla Lumen Gentium col Card. Walter Kasper sulla Gaudium et Spes col Card. Dionigi Tettamanzi, due dialoghi: Sulla “Sacrosanctum Concilium” con Mons. Marco Frisina - Lunedì 3 Dicembre 2012, ore 19,00, a Vasto, e Sulla “Dei Verbum” col Card. Gianfranco Ravasi - Giovedì, 28 Febbraio 2013, ore 18,30, a Chieti;

- Quaestiones Quodlibetales in Università: “Fede e scienza” - “Fede e politica” - “Fede e ragione”;

- Pellegrinaggio diocesano in Terra Santa: 1-7 Aprile 2013;

- Pellegrinaggio diocesano a Roma “ad Petri sedem”: Mercoledì 15 Maggio 2013;

- Celebrazione diocesana di chiusura dell’anno della fede: Sabato 23 Novembre 2013, ore 11,00, in Cattedrale.