di Antonio D’Angiò
ROMA, sabato, 9 giugno 2012 (ZENIT.org) - E’ sul treno tra Milano e Losanna, di quel sabato 27 febbraio 1960, che si svolge il colloquio tra Adriano Olivetti e la studentessa Miriam Lo Cascio il centro del fumetto (o meglio “Graphic Novel”) di Marco Peroni e Riccardo Cecchetti intitolato “Adriano Olivetti – un secolo troppo presto” edito da BeccoGiallo nel novembre 2011 che consegna al lettore, e soprattutto alle giovani generazioni, il ricordo di un importante uomo d’impresa della storia italiana.
E’ un dialogo a cento anni di distanza e a ritroso nel tempo, perché Miriam vive nel 2061, e chiede un appuntamento all’Ingegnere per la sua tesi di laurea in Fumetto Contemporaneo all’Università di Ivrea.
Il modo di rappresentare la storia e la bella introduzione curata dal trentenne Beniamino dè Liguri Carino (nipote di Adriano Olivetti) è in linea con quei ritmi di lettura di una stagione della vita che è alla ricerca di simboli positivi, a volte di eroi.
Miriam Lo Cascio, nipote di un operaio dell’Olivetti in pensione nel 2011, chiede all’ingegnere durante quel viaggio, informazioni sul ruolo della sua fabbrica, sulla capacità di proiettarsi nel futuro, sulla politica, sull’utopia, sull’urbanistica, sulle fondazioni. E rispondendo a quelle semplici domande Adriano Olivetti fa conoscere il suo pensiero, non come ricordo ma come realizzazione, e gli autori non attraverso un saggio di studio ma con l’essenzialità che un fumetto può avere.
I singoli capitoli sono separati dal disegno di una bella clessidra, così come peraltro la tavola conclusiva, nel ricordo di quanto presente sulla scrivania dell’Ingegnere, come ci racconta Marco Peroni nelle sue considerazioni finali, mentre i dialoghi tra Olivetti e la studentessa sono graficamente rappresentati dai caratteri ormai desueti di una tipica macchina da scrivere, come ben illustrato da Riccardo Cecchetti.
In quel foglio a righe che Miriam lascia ad un Olivetti apparentemente assopito nel suo ultimo viaggio per Losanna, in segno di infinita riconoscenza gli scrive: “Lei non è nato un secolo troppo tardi, Ingegnere, ma un secolo troppo presto. Succede solo ad alcuni, nella storia degli uomini: sono coloro che hanno il compito difficile di indicare una strada nuova”.
Che è un tutt’uno con quanto dè Liguori Carino afferma nella presentazione: “Nella storia di Adriano Olivetti si avverte quello che si dice – il gusto di Dio -, una vocazione che egli cercò di assecondare attraverso l’assunzione di responsabilità più autentica di cui un imprenditore deve incaricarsi: quella di riformatore della società”.
A pochi giorni dal convegno che ha celebrato i 50 anni della Fondazione Adriano Olivetti, presentato su ZENIT del 4 giugno scorso, ricordare questo libro pubblicato qualche mese addietro (il cui progetto editoriale è stato peraltro approvato dalla Fondazione e che si ritrova nella home page del sito), serve a proiettare sul futuro le idee olivettiane, senza indulgere nell’agiografia dei ricordi.
Consente di riflettere sulla dimensione - e anche coerenza - culturale e sociale che molte imprese presentano tramite le loro azioni di welfare con i dipendenti o di tutela del patrimonio ambientale e culturale attraverso le Fondazioni.
Permette di ricercare mentalmente quali figure dell’attualità imprenditoriale italiana possano omologarsi a quella di Adriano Olivetti che fu un tutt’uno con quella di editore, urbanista, politico.
Soprattutto permette di raccontare alle giovani generazioni figure lontane nel tempo che, nella loro grandezza, hanno comunque visto interrompere bruscamente la loro vita e, con essa, i progetti d’impresa hanno subito un duro colpo.
Nella cronistoria presente nella parte finale del libro, poche righe dopo “Il 27 febbraio 1960 in viaggio su un treno partito da Milano e diretto in Svizzera, Adriano Olivetti muore improvvisamente di trombosi celebrale” ci sono otto parole che danno il senso di quanto le idee camminino sulle gambe degli uomini: “Nel 1962 le azioni Olivetti crollano in borsa” e di quanto sia complesso garantire prosecuzioni indolori alle storie d’impresa.
Un libro che può essere un bel dono per gli studenti che finiscono in queste ore il loro anno scolastico e che, con l’eco dei crolli di borsa di intere nazioni, possano trovarvi anche idee per il successo e qualche corazza in più per le disillusioni.