di Luca Marcolivio
CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 17 giugno 2012 (ZENIT.org) – Le parabole del Vangelo odierno - quella del seme e quella del granello di senapa (cfr. Mc 4,26-34) – indicano “le ragioni della nostra speranza e del nostro impegno”. Così ha esordito papa Benedetto XVI in occasione dell’Angelus di oggi.
La prima delle due parabole pone l’attenzione sul “dinamismo della semina”. Sia che il contadino dorma, sia che vegli, il seme “cresce e germoglia da solo”. Quindi, tanto più grande è fiducia che l’uomo che infonde “nella forza del seme e nella bontà del terreno”, tanto più il suo sforzo “non sarà infecondo”.
Il seme è sempre un prodotto della creazione divina e l’uomo, in quanto “umile collaboratore” del Creatore, “contempla e gioisce dell’azione creatrice divina e ne attende con pazienza i frutti”, ha proseguito il Santo Padre.
Alla fine dei tempi, arriverà il momento del “raccolto finale”, ovvero dell’“intervento conclusivo di Dio” che, in questo modo, “realizzerà pienamente il suo Regno”.
“Ogni cristiano, allora – ha detto il Papa - sa bene di dover fare tutto quello che può, ma che il risultato finale dipende da Dio: questa consapevolezza lo sostiene nella fatica di ogni giorno, specialmente nelle situazioni difficili”.
Una realtà di cui era ben consapevole Sant’Ignazio di Loyola, che affermava: “Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio”.
Anche nella seconda parabola è contenuta la metafora del seme, ma con una notevole peculiarità: il granello di senapa è il più piccolo di tutti i semi. Ciononostante “esso è pieno di vita e, dal suo spezzarsi, nasce un germoglio capace di rompere il terreno, di uscire alla luce del sole e di crescere fino a diventare «più grande di tutte le piante dell’orto» (cfr Mc 4,32)”.
La debolezza iniziale del semino di senape e la maestà vigorosa della piante che ne scaturisce, sono una metafora di Cristo che, immolandosi in Croce, spezzandosi nel pane, esprime tutta la sua potenza divina.
“E così è il Regno di Dio – ha commentato il Santo Padre -: una realtà umanamente piccola, composta da chi è povero nel cuore, da chi non confida nella propria forza, ma in quella dell’amore di Dio, da chi non è importante agli occhi del mondo; eppure proprio attraverso di loro irrompe la forza di Cristo e trasforma ciò che è apparentemente insignificante”.
C’è quindi un “contrasto” tra “la piccolezza del seme e la grandezza di ciò che produce”. In ogni caso “il Regno di Dio, anche se esige la nostra collaborazione, è innanzitutto dono del Signore, grazia che precede l’uomo e le sue opere”, ha osservato il Papa.
“La nostra piccola forza – ha aggiunto - apparentemente impotente dinanzi ai problemi del mondo, se immessa in quella di Dio non teme ostacoli, perché certa è la vittoria del Signore. È il miracolo dell’amore di Dio, che fa germogliare e fa crescere ogni seme di bene sparso sulla terra”. È questo miracolo che “ci fa essere ottimisti, nonostante le difficoltà, le sofferenze e il male che incontriamo”.
Dopo la recita della preghiera mariana, Benedetto XVI ha ricordato la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite che si celebrerà mercoledì prossimo, 20 giugno.
Questa Giornata, ha detto il Papa, “vuole attirare l’attenzione della comunità internazionale sulle condizioni di tante persone, specialmente famiglie, costrette a fuggire dalle proprie terre, perché minacciate dai conflitti armati e da gravi forme di violenza. Per questi fratelli e sorelle così provati assicuro la preghiera e la costante sollecitudine della Santa Sede, mentre auspico che i loro diritti siano sempre rispettati e che possano presto ricongiungersi con i propri cari”.
Il Pontefice ha poi affidato a Maria Santissima i frutti dei giorni di riflessione e di preghiera in occasione del 50° Congresso Eucaristico Internazionale, “che durante questa settimana ha fatto di Dublino la città dell’Eucaristia, dove molte persone si sono raccolte in preghiera alla presenza di Cristo nel Sacramento dell’altare. Nel mistero dell’Eucaristia – ha detto il Papa - Gesù ha voluto restare con noi, per farci entrare in comunione con Lui e tra di noi”.
Il Santo Padre ha infine menzionato la beatificazione, prevista per oggi pomeriggio nella Diocesi di Civita Castellana, di Cecilia Eusepi, morta a soli 18 anni, nel 1928.
Questa giovane donna “aspirava a diventare suora missionaria” ma “fu costretta ad abbandonare il convento a causa della malattia, che visse con fede incrollabile, dimostrando grande capacità di sacrificio per la salvezza delle anime. Negli ultimi giorni della sua esistenza, in profonda unione con Cristo crocifisso, ripeteva: «è bello darsi a Gesù, che si è dato tutto per noi»”, ha rammentato Benedetto XVI.