di Robert Cheaib
ROMA, giovedì, 28 giugno 2012 (ZENIT.org).
3.4. Battesimo: la sposa di Cristo si è rivestita di doni preziosi dall’acqua
Comunemente, l’Epifania in Occidente tende a significare la manifestazione di Gesù ai pagani, rappresentati dai re magi, significando la destinazione universale del messaggio della salvezza. In Oriente, l’Epifania, in senso forte, si riferisce al battesimo di Cristo. Il battesimo è il momento della manifestazione di Gesù che inizia la sua vita pubblica, ma è soprattutto la manifestazione della Trinità: il Padre con la voce, il Figlio con la preghiera nell’acqua e lo Spirito con la colomba che testimonia il Figlio. Lo Spirito, che al momento della creazione alleggiava sulle acque, nel battesimo di Cristo discende ed è un momento di ri-creazione. Gli studiosi della tradizione siriaca, affermano però che l’Epifania del Signore tende a dilatarsi assumendo in sé tre misteri (tria miracula), connessi rispettivamente all’adorazione dei magi, al battesimo nel Giordano e alla trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana1. È un arco che collega tre segni importanti: il compimento dell’anelito delle nazioni (i magi); la rivelazione dello Sposo (il battesimo); e l’anticipazione (le nozze di Cana) nel simbolo del «Segno» nuziale che si avverrà nella croce.
Per motivi di tempo, ci limiteremo a considerare solo il battesimo. Secondo lo studioso Robert Murray, nel battesimo presso le chiese di tradizione siriaca si usava il rito d’incoronazione nuziale, perché era ferma convinzione che proprio lì iniziassero le nozze di ogni anima con Cristo. E la realtà della Chiesa sposa si connette intimamente con le nozze di ogni membro della Chiesa con Cristo nel battesimo.
Leggendo il battesimo in chiave nuziale possiamo dire: Lo Sposo che ha assunto il corpo della Sposa nell’Incarnazione viene adesso a iniziare le nozze. La lettura di Efrem non è romanticistica, ma è profondamente radicata nella teologia del Nuovo Testamento, ove l’evento del battesimo è imbevuto di motivi nuziali, comprensibili per chi non si butta immediatamente nella lettura moralizzante e pseudo-spirituale del testo. Quando Giovanni dice: «Dopo di me viene uno, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio dei sandali»2, non fa un’affermazione di umiltà, ma esprime una realtà molto più profonda che Origene e Ambrogio avevano già intuito. Il termine «degno» traduce il greco icanòs che è untermine giuridico. Giovanni si riferisce alla cosiddetta «legge del levirato»3, e confessa che egli non ha diritto di precedenza rispetto a Cristo nei confronti della Sposa, la Chiesa4.
Giovanni è l’amico dello Sposo, il «Paraninfo», che viene prima non perché ha la precedenza, ma per adornare e preparare la Sposa allo Sposo. Dice il Battista: «Dopo di me viene un uomo che mi è passato davanti perché era prima di me»5. Nel testo greco «Aner» si riferisce a un uomo maschio pronto legalmente per essere sposato. In un modo più esplicito, Giovanni afferma più tardi: «Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta»6.
Per entrare nel vivo della visione di Efrem, parto da un versetto del vangelo di Luca: «Dopo che tutto il popolo fu battezzato, anche Gesù venne a farsi battezzare»7. Questo versetto che può passare inosservato, riveste un significato teologico molto importante. L’evento del battesimo che costituiva anche un elemento di imbarazzo interpretativo per la comunità primitiva – perché Cristo che è senza peccato venne battezzato da un battesimo inteso per la conversione e la penitenza8? – , riceve una corretta ermeneutica se il battesimo di Cristo viene letto nella retta chiave nuziale. Cristo non entra nell’acqua perché ha bisogno del battesimo per sé, ma perché noi abbiamo bisogno del suo ingresso nelle acque per essere santificati e uniti a lui. L’acqua, simbolicamente, è l’ambito dove la vita nasce ed è custodita. È un ventre di nascita, e nel battesimo diventa il grembo della rinascita9. Scrive Efrem riguardo all’interpretazione nuziale del gesto di Cristo al suo battesimo:
«La mia immaginazione mi ha condotto al Giordano / Dove ho visto una meraviglia / Quando lo Sposo glorioso fu rivelato / Per fare una festa di nozze per la Sposa e santificarla»
Efrem rappresenta la difficoltà che vive il battista nel capire il senso che Cristo attribuisce al suo battesimo, e mette sulla lingua di Gesù questa spiegazione che rassicura Giovanni: «La sposa che hai fidanzato per me mi aspetta – che io vada giù, mi battezzi e la santifichi. Amico dello sposo non mi trattenere dal lavacro che mi spetta».
L’intento nuziale del battesimo di Cristo viene chiarito da Efrem in passi dove declina il rapporto tra Gesù (la Parola) e Giovanni (la voce): «La Parola ha mandato la voce / per proclamare il suo arrivo / e per promettere in fidanzata / la sposa, preparandola alla sua venuta. / In modo che sia pronta / quando arriverà per prenderla dalle acque».
E ancora: «Giovanni gridava: “chi viene dopo di me era prima di me. Io sono la voce ma non la Parola” […] Viene nell’acqua per redimere l’esiliata. / Viene per mettere il suo lievito / ed elevare verso di lui la sposa».
È importante tener presente la facilità con cui Efrem, da buon semita, passa dal singolare al plurale e vice versa. Efrem, infatti, passa agilmente nel suo discorso dalla Chiesa all’anima singola, e dall’uomo singolo alla comunità.
Efrem riprende alcuni fondamentali eventi nuziali dell’Antico Testamento e li legge come typoi delle nozze di Cristo con la Chiesa al Giordano. Per lui, il fidanzamento di Isacco con Rebecca, di Giacobbe con Rachele, e di Mosè con Debora «sono simboli del nostro Signore che sposò la Chiesa al suo battesimo nel Giordano»10.
I typoi sono superati però dalla grandezza della realtà: «Al pozzo Rebecca ha ricevuto, / nelle sue orecchie gli orecchini e nelle sue mani i gioielli. / La sposa di Cristo si è rivestita di doni preziosi dall’acqua / – sulle sue mani il Corpo vivo e nelle sue orecchie le Promesse».
La Sposa nel battesimo riceve non ornamenti come Rebecca, ma il corpo vivo del Cristo che si dona nell’acqua. Senza forzare i significati, ma vediamo in questo versetto l’unità del mistero nuziale costituito dal tri-uno dono dei sacramenti dell’iniziazione cristiana: battesima, cresima, eucaristia. Il mistero ha tre volti che esprimono insieme la pienezza dell’unione sacramentale: Il sì di Dio, ovvero il dono nuziale della vita nello Sposo (battesimo), viene cor-risposto dalla sposa che dice il suo responsabile «fiat» nello Spirito vivendo, nel sì di Cristo, e diventandone l’eco (cresima). E l’unione dei due «sì» viene sigillata e consumata carnalmente nella «una caro» eucaristica (eucaristia).
Nel battesimo si avvera una prima ricapitolazione dello stato originale di nuzialità tra Dio e l’uomo. Infatti, il verso che abbiamo citato prima – «Nel giardino era pronta / una bella stanza nuziale, ma il basilisco la buttò all’aria» – continua così: «Al suo posto fu donato/ il battesimo»11. È grazie al battesimo che ai nudi dell’Eden viene restituita la veste nuziale: «Nelle acque lo Spirito santo / ha tessuto belle vesti / per i congiunti sopraffatti, che avevano perduto / i propri abiti tra gl
i alberi»12.
Nelle acque del battesimo avviene la mescolanza tra divinità e umanità. Dio non divinizza la creatura a parole, ma unendosi a essa: «Nelle acque la divinità / ha mescolato il suo lievito; / il lievito attira / la creatura modellata di terra / e la mescola alla divinità»13.
Il battesimo è un’anticipazione del banchetto nuziale escatologico: «Un banchetto nuziale che non si logora / e una beatitudine che non passa / voi avete preso dalle acque, / o figli spirituali / in questo mondo e in quello futuro!»14. Dio, nella sua misericordia, «si è chinato ed è sceso / per mescolare la sua clemenza alle acque / e unire la natura della sua maestà / ai deboli corpi degli uomini»15.
3.5. Il secondo battesimo e le nozze della croce
Se seguiamo il motivo del battesimo nei vangeli, notiamo che il battesimo nel Giordano è solo l’inizio di un cammino che porterà Gesù verso un secondo battesimo. Gesù parla nel vangelo di un calice che sta per bere e di un battesimo che sta per ricevere16. L’atteggiamento di Gesù verso questo battesimo non è di attesa passiva, ma come afferma nel vangelo di Luca: «C’è un battesimo che devo ricevere, e come sono angosciato finché non sia compiuto»17. La lettura dei vangeli ci permette di capire che il battesimo al quale Cristo si riferisce è il battesimo di morte e risurrezione. Il primo battesimo di immersione e di uscita dall’acqua è un simbolo e un’anticipazione del definitivo battesimo sulla croce, quando Cristo sarà avvolto dalle acque della morte, e si desterà dopo tre giorni da questo fiume come il Vivente18.
Nel commentare le nozze di Cana, Efrem rovescia le prospettive e presenta Cristo come lo Sposo celeste, pronto per le proprie nozze, di cui lo sposo terreno di Cana è solo il simbolo. Le nozze di Cristo al primo battesimo sono solo un simbolo anticipatorio della sua morte che avverrà sul colle del cranio di Adamo (il Golgotha), e dove la Chiesa nascerà – come la prima Eva dal primo Adamo – dal suo costato: «Uscirono acqua e sangue, ossia la Chiesa edificata sul costato di Cristo. Proprio come fu con Adamo, la cui sposa fu formata dal suo costato. Essendo la sposa di Adamo il suo costato, così anche il sangue del nostro Signore è la sua Chiesa. Dal fianco di Adamo venne la morte, dal fianco del nostro Signore la vita»19.
Il Golgota e la passione di Cristo rappresentano il momento in cui si rimargina la ferita che è stata afflitta con il peccato dell’Eden. Nella kenositotale del Figlio Eden e Golgota si congiungono.
Maria gioca anche un ruolo importante sul Golgota rappresentando la Chiesa-Sposa agli antipodi della prima sposa Eva. Ella è il typos della prima e l’antitypos della seconda: «La Chiesa ci donò il pane vivo / al posto del pane azzimo che l’Egitto ci diede. / Maria ci diede il pane di refrigerio / al posto del pane della fatica che Eva ci donò»20.
Commentando il celebre testo nuziale nella lettera di Paolo agli Efesini (5,21-33), Efrem parla meno del matrimonio umano, e più dell’unione di Cristo e la Chiesa: «questo amore puro, che è stato ordinato da Adamo fino a nostro Signore, era simbolo dell’amore perfetto di nostro Signore. Per questo la Chiesa ha abbandonato idoli e possedimenti, come padre e madre; e Cristo stesso ha lasciato suo Padre in cielo e sua madre sulla terra, ed è morto per la sua Chiesa, cosicché con la sua morte potesse donare la vita alla Chiesa che amò, e affinché potesse sollevarla con lui e portarla nel suo regno».
Questa fedeltà di Cristo alla Chiesa non è soltanto universale o generica, ma è particolare e personale verso ogni comunità ecclesiale e verso ogni cristiano. Durante l’assedio di Nisibi, Efrem richiama il Signore alla sua famosa gelosia e gli chiede pietà per la sua sposa: «Sii geloso di me, perché sono tua, / e a te Signore io sono promessa in sposa! / gli apostoli hanno dichiarato il mio fidanzamento a te / e mi hanno detto che sei il geloso»21.
Il battesimo cristiano non è soltanto per il perdono dei peccati. Limitare gli effetti e il significato del battesimo alla cancellazione del peccato originale è ridurlo al battesimo di Giovanni. Un confusione presente già nelle prime comunità cristiane22. Il battesimo cristiano, invece, è l’accoglienza dell’opera di corteggiamento di Cristo che inizia con il suo primo battesimo, ed è portata a compimento nelle nozze della croce. Il battesimo è l’accoglienza del lavacro purificatore, ma anche della soavità della sua Parola, e infine del seme del suo Soffio emesso sulla croce. San Paolo ha intuito profondamente questo senso del battesimo: «quanti siete battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo»23. Scrivendo ai corinzi afferma: «In realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo spirito per formare un solo corpo»24. È difficile non vedere in questo «un solo corpo» l’allusione alla «una caro»25, già sigillata nel Mistero pasquale, e resa efficace e ipostatica con ogni battesimo nella storia, in attesa del compimento faccia a faccia nella venuta di Cristo. Nella stessa linea scrive Paolo ai romani: «O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova»26. In attesa della piena rivelazione dello Sposo al suo ritorno, la sposa è custodita dalla gelosia degli amici dello Sposo: «Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina avendovi promessi a un unico sposo per presentarvi quale vergine casta a Cristo»27.
La lettura di Efrem del Mistero pasquale considera la venuta e la passione di Cristo non solo «propter nostram salutem», ma primariamente «propter nos». L’Incarnazione non è un provvedimento di emergenza che Dio prende dopo il peccato, ma è frutto del disegno di Dio sulla vita dell’uomo già prima della creazione del mondo. L’amore della Trinità ha creato l’uomo per renderlo partecipe della nuzialità intratrinitaria, predestinando gli essere umani ad essere santi e immacolati nell’amore28.
(La seconda parte è stata pubblicata mercoledì 27 giugno. La quarta ed ultima parte andrà in rete sabato 30 giugno).
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NOTE
1 Cf. I. De Francesco, «Introduzione», in Efrem il Siro, Inni sulla natività e sull’epifania, Milano 2003, 21; Lemarié, «Epiphanie», Dictionnaire de Spiritualité IV,867-876; J. Daniélou, «Les origines de l’Epiphanie et les testimonia», Recherches de science religieuse 52 (1964) 553.
2 Gv 1,27; Mc 1,7; Lc 3,16.
3 La legge del levirato (dal latino levir, cognato) stabiliva che la vedova di un uomo morto senza lasciare figli doveva essere sposata dal parente più vicino di costui; perché il defunto avesse una discendenza. Infatti, il primo maschio che ne sarebbe nato, sarebbe stato considerato, dal punto di vista legale, figlio del morto, ne avrebbe ereditato i beni e perpetuato il nome. La legge aveva due obiettivi: la conservazione di una famiglia in Israele; la tutela della vita dignitosa della donna-ved
ova. Si legge nel libro del Deuteronomio: «Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si mariterà fuori, con un forestiero, il suo cognato viene da lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato; il primogenito che essa metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto perché il nome di questo non si estingua in Israele. Ma se quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, essa salirà alla porta degli anziani e dirà: Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere del cognato. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno; se egli persiste e dice: Non ho il piacere di prenderla, allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede ,gli sputerà in faccia e prendendo la parola dirà :Così sarà fatto all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello. La famiglia di lui sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato» (25,5-10). Altri riferimenti biblici li troviamo in Gn 38,8 e nel libro di Rut.
4 Cf. L. Alonso Schökel, I nomi dell’amore. Simboli matrimoniali nella Bibbia, Casale Monferrato 19983, 111-122; G. Mazzanti, «Il sacerdozio di Cristo sposo», in M. Marcheselli – E. Castellucci – et al., Cristo sommo sacerdote dei beni futuri, Cuneo 2001, 54-55.
5 Gv 1,30.
6 Gv 3,29.
7 Lc 3,21.
8 Cf. Mc 1, 4; Lc 3,3.
9 Cf. Gv 3.
10 Commento sul Diatessaron 3,17.
11 Inni sull’epifania 13,4.
12 Inni sull’epifania 13,3.
13 Inni sull’epifania 4,5.
14 Inni sull’epifania 4,22.
15 Inni sull’epifania 8,1.
16 Cf. Mc 10,38-39.
17 Lc 12,50.
18 Cf. Ap 1,18.
19 Commento sul Diatessaron 21, 11.
20 Inni sugli azzimi 6,6-7
21 Inni su Nisibi 6,12.
22 Cf. At 18,25; 19,3-4.
23 Gal 3,27.
24 1 Cor 12,13.
25 Cf. Gen 2,24.
26 Rm 6,3-4.
27 2 Cor 11,2.
28 Cf. Ef 1,4: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore».