ROMA, martedì, 26 giugno 2012 (ZENIT.org).– Diversi fattori contribuiscono alla ricchezza della lingua dantesca,che richiamano l’ambito filosofico, estetico, morale e teologico. La parola, per il Poeta, immessa nel circolo comunicativo, è portatricedella profondità emotiva dell’agente linguistico. Se tale profondità si trova in contrasto con il Sommo Bene, la parola stessa puòdiventare un «seme di operazione» distruttivo.
Nella Commedia, taleconcezione è espressa da un’immagine polisemica, dal forte valorereligioso: la lingua di fuoco. La lingua come il fuoco brucia,distrugge o illumina e riscalda diventa il mezzo della rivelazionedello spirito e può essere causa di un’azione moralmente positiva onegativa.
Giacomo Gambale (Pagani, Salerno, 1976) è Dottore di ricerca in «Filosofia, scienze e cultura dell’età tardoantica, medievale ed umanistica» (Salerno) e in «Sciences Religieuses» (École Pratique des Hautes Études di Parigi). Si occupa di filosofia medievale e letteratura italiana, in particolare nell’opera di Dante e quella dei suoi più antichi commentatori. Attualmente i suoi interessi sono legati alla lettura giuridica della Divina Commedia, da Alberico di Rosciate e Pietro Alighieri a Hans Kelsen.
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