di Paolo De Lillo
ROMA, domenica, 17 giugno 2012 (ZENIT.org).- Le staminali del cordone ombelicale mostrano sempre più chiaramente vantaggi significativi rispetto alle altre cellule indifferenziate di diversa origine. Tra questi la totale sicurezza per i pazienti trapiantati, rispetto ai gravissimi rischi di generare neoplasie maligne da parte delle embrionali, sottovalutati dalla stampa e dall’ amministrazione americana. Il presidente Obama ha permesso, in modo irresponsabile, sperimentazioni sull’ uomo in pazienti con lesioni alla retina e al midollo osseo, incurante dei pericoli mortali legati alla forte cancerogenicità delle embrionali.
Da questo punto di vista problemi consistenti sono stati rilevati recentemente anche nelle IPS, le Induced Pluripotent Stem Cells. Il motivo risiede nell’ alto numero di modificazioni genetiche, a cui vengono sottoposte. Ben diversa la situazione delle staminali cordonali, soprattutto autologhe, caratterizzate da un’ elevata affidabilità.
Inoltre esse evidenziano la capacità di evitare il rigetto anche in trapianti difficili, in confronto, ad esempio, agli scarsi risultati delle mesenchimali del midollo osseo o del sangue periferico. Grazie a ciò si potrebbe arrivare a regole meno limitanti nel trapianto di staminali cordonali di neonati, conservate dai genitori subito dopo il parto, nei confronti di famigliari malati, che presentino incompatibilità immunologiche parziali, ritenute in passato un ostacolo insuperabile.
Uno dei primi studi in questo campo è apparso sul Journal of Transplantation Medicine nel Gennaio del 2007, ad opera del Dottor Neil H Riordan e del Dottor Thomas E Ichim,1 che lavorano presso i Medistem Laboratories Inc, a Tempe, in Arizona (USA), insieme a ricercatori dell’ Institute for Molecular Medicine, a Huntington Beach, in California (USA).
In quel periodo una delle questioni di confronto tra gli scienziati, concernenti le staminali del cordone ombelicale, verteva su come selezionare in futuro i pazienti, che avrebbero dovuto subire una ablazione del midollo osseo. Si riteneva che ciò fosse necessario, per consentire l’ accettazione dell’ innesto di tali cellule, al fine di poter sfruttare le numerose ed interessanti applicazioni terapeutiche, che si stavano scoprendo negli ultimi anni. Secondo i pregiudizi correnti nella medicina rigenerativa si riteneva che fosse sempre indispensabile questa tecnica, per l’ infusione di staminali cordonali, o almeno una più ridotta soppressione immunitaria.
Gli scienziati americani hanno scoperto che questa procedura pericolosa non risulta necessaria in quasi tutti i numerosi settori della medicina, in cui la sperimentazione con le staminali cordonali, in vitro, sugli animali o clinica, sta dando risultati davvero sorprendenti, con prospettive future di terapie su milioni di pazienti. Basti pensare all’ infarto, alla cirrosi epatica, all’ ictus, al diabete o ai tumori solidi, insufficienza renale e respiratoria.
A loro parere, l’ ablazione midollare non sarebbe eticamente accettabile, ad eccezione di situazioni come il morbo di Krabbe, una patologia degenerativa, che colpisce la mielina del sistema nervoso, in cui i pazienti raramente sopravvivono oltre i 2 anni; mentre grazie alle staminali del cordone ombelicale si può raggiungere una sopravvivenza del 100%.2
Ben diversa risulta la situazione di pazienti che soffrano di disfunzioni immunologiche e tumori del sangue, legati ad aberrazioni del midollo osseo. Infatti qualora ci trovassimo di fronte a neoplasie ematologiche questo metodo risulta utile, al fine di sradicare la popolazione leucemica, geneticamente alterata, mentre si crea “spazio” per l’ innesto delle staminali cordonali del donatore. In questa situazione particolare i nuovi linfociti T mostrano capacità moltiplicative e reattive estreme. Sono le uniche patologie in cui le staminali cordonali, se trapiantate in consanguinei solo parzialmente compatibili, possono talvolta determinare GVHD: Graft Versus Host Disease, la reazione delle cellule infuse contro l’ ospite.3 Naturalmente il loro utilizzo autologo, cioè nel bambino stesso od in fratelli completamente compatibili, eviterebbe al 100% questo rischio, risolvendo alla radice il problema.
Lo scopo dello studio del Dottor Riordan è di modificare questo approccio sbagliato sulle staminali del cordone ombelicale, per quanto riguarda le applicazioni rigenerative che non comportano la ricostruzione ematopoietica. E’ giunto alla conclusione che spesso in tali situazioni non risulti necessaria neppure una minima soppressione immunitaria del ricevente. Ciò porta ad una forte diminuzione dei rischi, ad una consistente riduzione dei tempi per l’ intervento e la degenza, nonché ad un più diffuso utilizzo delle staminali cordonali nei trapianti, anche al di fuori delle indicazioni ematologiche.4
Gli scienziati americani ritengono che questa scoperta porti a valorizzare i numerosi fattori di superiorità delle staminali cordonali ematopoietiche rispetto a quelle di altra origine, in particolare del midollo osseo. Rispetto a queste ultime le staminali CD34+ presentano approssimativamente la stessa concentrazione nel cordone ombelicale, ma dimostrano una più elevata attività della telomerasi5 ed un maggior numero di cellule stimolanti la formazione di colonie nel lungo periodo, come di quelle in grado di ripopolare il sistema immunitario dopo SCID, Severe Combined Immunodeficiency.6 7
Mostrano una facile accessibilità e risultano più economiche. Ma, soprattutto, presentano un più intenso potenziale proliferativo in vivo ed in vitro8. La potente attività emopoietica di queste staminali del cordone ombelicale può essere attribuita al fatto che esso è una fonte molto più immatura, evolutivamente, di cellule staminali rispetto alle altre sorgenti adulte. Successivamente all’ ablazione del midollo osseo, riescono ad ottenere una ricostruzione ematopoietica completa, attraverso il trapianto di appena un decimo delle staminali necessarie nelle tecniche, che utilizzano le cellule del midollo osseo. Finora questo risultato veniva raggiunto con un ritardo temporale, ma oggi una tecnica innovativa permette di superare anche questa ultima limitazione.9
I ricercatori dell’ Institute for Molecular Medicine dimostrano che le staminali del cordone ombelicale non portano frequentemente ad un rigetto mediato dal sistema immunitario, né all’ ancora più pericoloso GVHD. Poi, se si utilizzato trapianti autologhi il rischio si annulla del tutto.
Una conferma di ciò risiede nell’ utilizzo, poco noto, negli anni dal 1930 al ’40 del sangue del cordone ombelicale, per eseguire trasfusioni più sicure al posto del sangue periferico. Poiché allora non era ancora verificabile l’ incompatibilità immunologica degli eritrociti, sorprende che i medici o la stampa scientifica del tempo non abbiano registrato significativi effetti collaterali, avvalendosi di questo singolare metodo.4
Un’ altra prova della sicurezza delle staminali cordonali si ritrova nella sperimentazione clinica del Dottor Hassall e dei suoi colleghi presso la Liverpool School of Tropical Medicine, a Liverpool (Inghilterra), che è stata pubblicata sul numero del Febbraio 2003 di Lancet. In Africa 128 pazienti con una severa anemia, legata alla malaria, sono stati infusi con sangue del cordone ombelicale. Anche in questo caso i medici non hanno riscontrato nessun caso di GVHD;10 Tanto che il cordone ombelicale è stato proposto come una fonte trasfusionale alternativa, laddove il sangue periferico scarseggi
, per motivi sociali od economici, come nei paesi in via di sviluppo, basandosi su studi successivi più ampi, sempre con risultati positivi.11 Non solo non si verifica rigetto del trapianto, ma in alcuni casi di pazienti gravemente debilitati, come quelli affetti da tumori o HIV, i ricercatori riscontrano un aumento delle staminali ematopoietiche CD34+ nel sangue periferico.12 13
I linfociti del cordone ombelicale sono generalmente immaturi e di solito non secernono molte citochine infiammatorie, a differenza di quelli del sangue periferico adulto. Essi risulterebbero teoricamente molto più pericolosi delle staminali sempre cordonali, se infusi in un altro paziente, soprattutto per quanto riguarda il rischio di Graft Versus Host Disease. Nonostante ciò i medici hanno effettuato numerose sperimentazioni cliniche d’ infusioni di linfociti paterni in gestanti, per prevenire aborti spontanei.14 Sono state utilizzate anche dosi elevatissime, fino a 2×109 cellule, senza significativi effetti collaterali e nessun caso di GVHD.15 16
Sicuramente estremamente più sicuri risultano i trapianti delle staminali del cordone ombelicale, in cui vengono utilizzate solamente da 1,5×107 a 3×107 cellule, oltretutto singolarmente molto meno pericolose. Secondo i dati attualmente disponibili, non vi è alcun timore che sia indotta Graft Versus Host Disease dopo infusione di sangue del cordone ombelicale. In una sperimentazione clinica, pubblicata sull’ European Journal of Gyneacological Oncology nel 2006, il Professor Niranjan Bhattacharya del ha somministrato fino a 32 unità di sangue cordonale, senza il minimo segno di risposte immunitarie patologiche di questo tipo.12
Questo insieme di scoperte potrà rendere più facile e sicuro l’ utilizzo delle staminali del cordone ombelicale per trapianti verso i famigliari dei bambini, i cui genitori le abbiano conservate al momento della nascita, anche nei casi in cui non si riscontri una perfetta corrispondenza HLA (Human Leukocyte Antigen).
Una controprova di questa ipotesi si può individuare nell’ osservazione che durante la gravidanza le cellule fetali entrano nella circolazione materna.17 Staminali ematopoietiche CD34+ del bambino sono state individuate in una certa percentuale di donne, che avevano avuto figli.18 In particolare i ricercatori dell’ Institute of Reproductive and Developmental Biology, nella Division of Paediatrics, Obstetrics and Gynaecology, presso il London Imperial College, hanno pubblicato su Lancet la scoperta che il 100% delle madri presentano nel loro midollo osseo cellule mesenchimali derivate dalle staminali della prole, causando GVHD solamente in situazioni molto particolari e rare.19
Secondo Riodan ed Ichim una strada percorribile, per aumentare ulteriormente queste capacità delle staminali cordonali, potrebbe essere il loro pretrattamento con anticorpi monoclonali anti-CD52 CAMPATH. Queste sostanze determinano l’ eliminazione dei linfociti T, senza alterare l’ attività ematopoietica, sia in vitro che nella sperimentazione clinica. Inoltre riducono le cellule dendritiche circolanti nel sangue, come pure i linfociti B.4
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NOTE
1) Thomas E Ichim lavora nella Division of Dermatology, presso la University of California (USA), nel Medistem Inc., a San Diego, CA (USA), nel Department of Transfusion Medicine Infectious Disease and Immunogenetics Section (IDIS), presso il Clinical Center and Center for Human Immunology (CHI), National Institute of Health, a Bethesda, MD (USA), e nel Department of Hematology-Oncology, presso il Saint Francis Hospital and Medical Center, a Hartford, CT (USA). Ha operato nella Georgetown Dermatology, a Washington, DC (USA), nel Departments of Surgery, Pathology, Microbiology and Immunology, presso la University of Western Ontario, a London (Canada), nel Department of Otorhinolaryngology, Nagoya City University (Japan), e nel Departments of Surgery, Pathology, Electrical and Computer Engineering, and Medical Biophysics.
2) Escolar ML, Poe MD, Provenzale JM, Richards KC, Allison J, Wood S, Wenger DA, Pietryga D, Wall D, Champagne M, Morse R, Krivit W, Kurtzberg J. Transplantation of umbilical-cord blood in babies with infantile Krabbe’s disease. N Engl J Med. 2005;352:2069–2081.
3) Marleau AM, Sarvetnick N. T cell homeostasis in tolerance and immunity. J Leukoc Biol. 2005;78:575–584. doi: 10.1189/jlb.0105050
4) Riordan NH, Chan K, Marleau AM, Ichim TE. – Cord blood in regenerative medicine: do we need immune suppression? – J Transl Med. 2007 Jan 30;5:8.
5) Sakabe H, Yahata N, Kimura T, Zeng ZZ, Minamiguchi H, Kaneko H, Mori KJ, Ohyashiki K, Ohyashiki JH, Toyama K, Abe T, Sonoda Y. Human cord blood-derived primitive progenitors are enriched in CD34+c-kit- cells: correlation between long-term culture-initiating cells and telomerase expression. Leukemia. 1998;12:728–734.
6) Ng YY, van Kessel B, Lokhorst HM, Baert MR, van den Burg CM, Bloem AC, Staal FJ. Gene-expression profiling of CD34+ cells from various hematopoietic stem-cell sources reveals functional differences in stem-cell activity. J Leukoc Biol. 2004;75:314–323.
7) Hogan CJ, Shpall EJ, McNulty O, McNiece I, Dick JE, Shultz LD, Keller G. Engraftment and development of human CD34(+)-enriched cells from umbilical cord blood in NOD/LtSz-scid/scid mice. Blood. 1997;90:85–96.
8) Theunissen K, Verfaillie CM. A multifactorial analysis of umbilical cord blood, adult bone marrow and mobilized peripheral blood progenitors using the improved ML-IC assay. Exp Hematol. 2005;33:165–172. doi: 10.1016/j.exphem.2004.10.016.
9) Corey S. Cutler, MD, MPH, FRCPC1, Daniel Shoemaker, PhD, Karen K. Ballen, MD3, David Robbins, Caroline Desponts, PhD, Grace S. Kao, MD, Yi-Bin A. Chen, MD, Bimalangshu R. Dey, MD, Steven L. McAfee, MD, Edwin P Alyea III, MD, John Koreth, MBBS, DPhil, Philippe Armand, MD, PhD, Vincent T Ho, MD, Haesook T Kim, PhD, Wolfram Goessling, MD, PhD, Trista E. North, PhD, Thomas R. Spitzer, MD, Robert J. Soiffer, MD, Joseph H. Antin, MD, Jerome Ritz, MD, John Mendlein, PhD and Pratik S. Multani, MD, MS – 653 FT1050 (16,16-dimethyl Prostaglandin E2)-Enhanced Umbilical Cord Blood Accelerates Hematopoietic Engraftment After Reduced Intensity Conditioning and Double Umbilical Cord Blood Transplantation – 53o Annual Meeting and Exposition dell’ American Society of Hematology. – 12/12/2011
10) Hassall O, Bedu-Addo G, Adarkwa M, Danso K, Bates I. Umbilical-cord blood for transfusion in children with severe anaemia in under-resourced countries. Lancet. 2003;361:678–679. doi: 10.1016/S0140-6736(03)12565-2.
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13) Bhattacharya N. A preliminary report of 123 units of placental umbilical cord whole blood transfusion in HIV-positive patients with anemia and emaciation. Clin Exp Obstet Gynecol. 2006;33:117–121.
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