di padre Guido Galassi icms
ROMA, venerdì, 1 giugno 2012 (ZENIT.org) - Fatima è messaggio e cammino di solidarietà, quella vera. Già nell’Eucaristia, che l’Angelo della Pace offre alla adorazione –nell’autunno del 1916-, il Dio Tre volte Santo ripropone il mistero della sua comunione con l’umanità, impastata di terra e di peccato.
Sono poi i tre Pastorelli che, accettando di diluire, come balsamo rigeneratore e purificatore, le loro vite sante nelle acque limacciose dei peccatori, chiariscono e propongono la solidarietà come mezzo di “ribonifica” delle anime. Infine, è per un mistero di solidarietà che il male o il bene, che gli uomini producono in terra, ha un reale riverbero sul Cuore di Dio, in gioia e dolore.
Insomma, tutto, a Fatima, viene espresso nel quadro di una mutua partecipazione, che lega i destini degli uomini tra di loro e questi con Dio.
La stessa preghiera e il sacrificio, temi così centrali nel messaggio, non escono da questa prospettiva: “Preghiera e sacrificio, a Fatima, costituiscono un pressante appello, perché i cristiani sentano il loro legame essenziale come membra del Corpo mistico di Cristo. Solo a patto di abbandonare la prospettiva individualistica dell’ognuno per sé, si può accettare di pregare e sacrificarsi per gli altri. L’invito alla solidarietà e all’amore fraterno, che s’annuncia a Fatima, cade a proposito su una società, quella odierna, che agonizza su una esistenza impostata su di una concezione individualistica dell’uomo e contrassegnata da un esasperato anonimato” (S. De Fiores).
Solidarietà: un nome di Dio
Oggi, sulla voce “solidarietà”, come su tante altre, sequestrate e poi violate dai più disparati movimenti liberatori, è calato il demone della confusione. Si invoca, in modo indiscriminato, solidarietà tanto verso quelle popolazioni che muoiono di fame quanto a tutela di animali condotti al macello. Né meriterebbe, per qualcuno, maggior compassione il neonato, trovato nel cassonetto, del “povero” cane randagio, che vaga solingo per la città!
Passando oltre le tante correnti culturali di marca demagogica, Fatima individua l’origine della solidarietà nella santità di Dio, disposto ad uscire dalla sua trascendenza per rendersi Carne santa tra carni impure: «Vedendo, le Tre Persone, il mondo pieno di uomini e che tutti, tra quelli che piangevano e quelli che ridevano, gli uni sani e gli altri malati, chi bianco e chi nero, che tutti, con il nascere andavano all’inferno, si decide a salvare il genere umano inviando tra loro la seconda Persona della Santissima Trinità» (S. Ignazio di Loyola).
Solidarietà è Dio che abbraccia il lebbroso per passargli la freschezza della sua carne immacolata, senza rifiutare il rischio del contagio; è Dio che lascia la sicurezza di un istituto religioso, per andare nei bassifondi di Calcutta, a fondarne un altro e a morire con chi muore; è il giovinetto di nobile casata dei Gonzaga che si fa tubercolotico coi tubercolotici, per passar loro il profumo della sua carità.
Solidarietà è Dio in Charles de Foucauld, che si fa arabo in mezzo agli arabi, nomade con i nomadi, fino alla consumazione della tragedia del sacrificio. La solidarietà non si fa con le chiacchiere, né tanto meno sta come via preferenziale per facili profitti; essa ti prende per mano per condurti ad uno scambio: bene per male, aridità per consolazione, condanna per assoluzione, salute per malattia.
Passaggio di solidarietà
È nell’Eucaristia che Dio continua ad entrare nella massa informe dell’umanità come lievito, finché tutti possano diventare “Uno in Cristo”. E, sempre nell’Eucaristia, dà forza a quanti si dispongono ad essere, a loro volta, lievito in una pasta svigorita dal male. Tra questi, stanno i nostri tre Pastorelli di Fatima: trovatisi, un giorno, al cospetto dell’Eucaristia e fattisi suoi speciali ospiti; assimilati, loro stessi, in quell’Ostia, ricevuta dalle mani di un Angelo, divennero Solidarietà, cominciando ad immergere il loro fragile essere, santificato e ripieno di Celeste Benedizione, in quello malato di uomini peccatori. Quale scambio di vite e di destini si è venuto a realizzare!
Che commercio di grazia e di peccato cominciò a crearsi tra le varie membra del corpo mistico! I peccatori entrano nella vita di questi tre bambini: lasciano su di loro, come ex voto, in forma di croce accettata e offerta, le scorie della loro vita, e ne escono purificati e rinnovati, da nemici di Dio a suoi amici. Divenuta, a questo punto, accettazione di un debito che altri hanno contratto con la giustizia divina e passaggio ad altri dei vantaggi del bene fatto, il mistero di solidarietà prende il nome di sostituzione, ben espresso da S. Paolo: «In noi opera la morte ed in voi la vita» (2Cor 4:12).
La solidarietà è prerogativa del cuore
Il cuore, ci dice S. Paolo, non è una camera stagna, ma stanza con tante porte, ciascuna delle quali si apre sulla vita e sulle vicende interiori degli altri uomini. E la Solidarietà è la chiave capace di spalancare queste porte su un mondo, quello umano, dove occorre essere disposti a raccogliere di tutto: non solo ricchezze o virtù, ma anche miserie, ferite, ignoranza e ingratitudine.
Paolo non si è sottratto a questo rischio nei confronti dei cristiani di Corinto: «Il mio cuore è tutto aperto a voi!». Il suo cuore si è dilatato, per accettare tutti coloro che Cristo gli aveva dato. Ma ora tocca ai Corinzi aprire il loro, perché sia Paolo ad avervi accesso con tutti i suoi beni di grazia: «Il mio cuore si è dilatato per voi, o Corinzi. Rendeteci il contraccambio, dateci accoglienza nei vostri cuori» (cfr 2Cor 6:11; 7:2). La Solidarietà porta i suoi doni solo se è ricambiata.
È a questo significato di solidarietà che Fatima si richiama, quando ostenta il simbolo del Cuore Immacolato. Solo a patto di accettare l’invito a renderci “spazio salvifico”, nel quale accogliere la vita di quanti Dio ci mette innanzi -con quanto possano portare di pesante e di spiacevole- possiamo dire di essere entrati nella spiritualità di Fatima.
Tratto da “Maria di Fatima”, mensile della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria