CITTA' DEL VATICANO, domenica, 15 aprile 2012 (ZENIT.org).- Riportiamo di seguito l'omelia pronunciata questa mattina dal Santo Padre durante la Messa celebrata nel parco “Il Prato”, dietro il Duomo di Arezzo, in Toscana.
Al termine della celebrazione, Benedetto XVI ha recitato anche la preghiera mariana del Regina Cæli.
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OMELIA
Cari fratelli e sorelle!
E’ grande la mia gioia nel poter spezzare con voi il pane della Parola di Dio e dell’Eucaristia. Porgo il mio cordiale saluto a tutti voi e vi ringrazio per la calorosa accoglienza! Saluto il vostro Pastore, Mons. Riccardo Fontana, che ringrazio per le cortesi espressioni di benvenuto, gli altri Vescovi, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle Associazioni e dei Movimenti ecclesiali. Un deferente saluto al Sindaco, Avvocato Giuseppe Fanfani, grato per il suo indirizzo di saluto, al Senatore Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri, e alle altre Autorità civili e militari. Un ringraziamento speciale a coloro che hanno generosamente collaborato per questa mia Visita Pastorale.
Oggi mi accoglie un’antica Chiesa, esperta di relazioni e benemerita per l’impegno nei secoli di costruire la città dell’uomo a immagine della Città di Dio. In terra di Toscana, la comunità aretina si è infatti distinta molte volte nella storia per il senso di libertà e la capacità di dialogo tra componenti sociali diverse. Venendo per la prima volta fra di voi, il mio augurio è che la Città sappia sempre far fruttificare questa preziosa eredità.
Nei secoli passati la Chiesa che è in Arezzo è stata arricchita ed animata da molteplici espressioni della fede cristiana, tra cui la più alta è quella dei Santi. Penso, in particolare, a san Donato, il vostro Patrono, la cui testimonianza di vita, che affascinò la cristianità del Medioevo, è ancora attuale. Egli fu evangelizzatore intrepido, perché tutti si liberassero dagli usi pagani e ritrovassero nella Parola di Dio la forza per affermare la dignità di ogni persona e il vero senso della libertà. Attraverso la sua predicazione ricondusse all’unità con la preghiera e l’Eucaristia i popoli per i quali fu Vescovo. Il calice infranto e ricomposto da san Donato, di cui parla san Gregorio Magno (cfr Dialoghi I, 7, 3), è immagine dell’opera pacificatrice svolta dalla Chiesa dentro la società, per il bene comune. Così attesta di voi san Pier Damiani e con lui la grande tradizione Camaldolese che da mille anni, dal Casentino, offre la sua ricchezza spirituale a questa Chiesa diocesana e alla Chiesa universale.
Nella vostra Cattedrale è sepolto il beato Gregorio X, Papa, quasi a mostrare, nella diversità dei tempi e delle culture, la continuità del servizio che la Chiesa di Cristo intende rendere al mondo. Egli, sostenuto dalla luce che veniva dai nascenti Ordini Mendicanti, da teologi e Santi, tra cui san Tommaso d’Aquino e san Bonaventura da Bagnoregio, si misurò con i grandi problemi del suo tempo: la riforma della Chiesa; la ricomposizione dello scisma con l’Oriente cristiano, che tentò di realizzare con il Concilio di Lione; l’attenzione per la Terra Santa; la pace e le relazioni tra i popoli – egli fu il primo in Occidente ad avere uno scambio di ambasciatori con il Kublai Khan della Cina.
Cari amici! La prima Lettura ci ha presentato un momento importante in cui si manifesta proprio l’universalità del Messaggio cristiano e della Chiesa: san Pietro, nella casa di Cornelio, battezzò i primi pagani. Nell’Antico Testamento Dio aveva voluto che la benedizione del popolo ebreo non rimanesse esclusiva, ma fosse estesa a tutte le nazioni. Sin dalla chiamata di Abramo aveva detto: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra» (Gen 12,3). E così Pietro, ispirato dall’alto, capisce che «Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga» (At 10,34-35). Il gesto compiuto da Pietro diventa immagine della Chiesa aperta all’umanità intera. Seguendo la grande tradizione della vostra Chiesa e delle vostre Comunità, siate autentici testimoni dell’amore di Dio verso tutti!
Ma come possiamo noi, con la nostra debolezza, portare questo amore? San Giovanni, nella seconda Lettura, ci ha detto con forza che la liberazione dal peccato e dalle sue conseguenze non è nostra iniziativa, è di Dio. Non siamo stati noi ad amare Lui, ma è Lui che ha amato noi e ha preso su di sé il nostro peccato e lo ha lavato con il sangue di Cristo. Dio ci ha amato per primo e vuole che entriamo nella sua comunione di amore, per collaborare alla sua opera redentrice.
Nel brano del Vangelo è risuonato l’invito del Signore: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga» (Gv 15,16). E’ una parola rivolta in modo specifico agli Apostoli, ma, in senso lato, riguarda tutti i discepoli di Gesù. La Chiesa intera, noi tutti siamo inviati nel mondo per portare il Vangelo e la salvezza. Ma l’iniziativa è sempre di Dio, che chiama ai molteplici ministeri, perché ognuno svolga la propria parte per il bene comune. Chiamati al sacerdozio ministeriale, alla vita consacrata, alla vita coniugale, all’impegno nel mondo, a tutti è chiesto di rispondere con generosità al Signore, sostenuti dalla sua Parola che ci rasserena: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (ibidem).
Cari amici! Conosco l’impegno della vostra Chiesa nel promuovere la vita cristiana. Siate fermento nella società, siate cristiani presenti, intraprendenti e coerenti. La Città di Arezzo riassume, nella sua storia plurimillenaria, espressioni significative di culture e di valori. Tra i tesori della vostra tradizione, c’è la fierezza di un’identità cristiana, testimoniata da tanti segni e da devozioni radicate, come quella per la Madonna del Conforto. Questa terra, dove nacquero grandi personalità del Rinascimento, da Petrarca a Vasari, ha avuto parte attiva nell’affermazione di quella concezione dell’uomo che ha inciso sulla storia d’Europa, facendo forza sui valori cristiani. In tempi anche recenti, appartiene al patrimonio ideale della città quanto alcuni tra i suoi figli migliori, nella ricerca universitaria e nelle sedi istituzionali, hanno saputo elaborare sul concetto stesso di civitas, declinando l’ideale cristiano dell’età comunale nelle categorie del nostro tempo. Nel contesto della Chiesa in Italia, impegnata in questo decennio sul tema dell’educazione, dobbiamo chiederci, soprattutto nella Regione che è patria del Rinascimento, quale visione dell’uomo siamo in grado di proporre alle nuove generazioni. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato è un forte invito a vivere l’amore di Dio verso tutti, e la cultura di queste terre ha, tra i suoi valori distintivi, la solidarietà, l’attenzione ai più deboli, il rispetto della dignità di ciascuno. L’accoglienza, che anche in tempi recenti avete saputo dare a quanti sono venuti in cerca di libertà e di lavoro, è ben nota. Essere solidali con i poveri è riconoscere il progetto di Dio Creatore, che ha fatto di tutti una sola famiglia.
Certo, anche la vostra Provincia è fortemente provata dalla crisi economica. La complessità dei problemi rende difficile individuare le soluzioni più rapide ed efficaci per uscire dalla situazione presente, che colpisce specialmente le fasce più deboli e preoccupa non poco i giovani. L’attenzione agli altri, fin da secoli remoti, ha mosso la Chiesa a farsi concretamente solidale con chi è nel bisogno, condividendo risorse, promuovendo stili di vita più essenziali, contrastando la cultura dell’effimero, che ha illuso molti, determinando una profonda crisi spirituale. Questa Chiesa diocesana, arricchita dalla testimonianza luminosa del Poverello di Assisi, continui ad essere attenta e solidale verso chi si trova nel bisogno, ma sappia anche educare al superamen to di logiche puramente materialistiche, che spesso segnano il nostro tempo, e finiscono per annebbiare proprio il senso della solidarietà e della carità.
Testimoniare l’amore di Dio nell’attenzione agli ultimi si coniuga anche con la difesa della vita, dal suo primo sorgere al suo termine naturale. Nella vostra Regione l’assicurare a tutti dignità, salute e diritti fondamentali viene giustamente sentito come un bene irrinunciabile. La difesa della famiglia, attraverso leggi giuste e capaci di tutelare anche i più deboli, costituisca sempre un punto importante per mantenere un tessuto sociale solido e offrire prospettive di speranza per il futuro. Come nel Medioevo gli statuti delle vostre città furono strumento per assicurare a molti i diritti inalienabili, così anche oggi continui l’impegno per promuovere una Città dal volto sempre più umano. In questo, la Chiesa offre il suo contributo perché l’amore di Dio sia sempre accompagnato da quello del prossimo.
Cari fratelli e sorelle! Proseguite il servizio a Dio e all’uomo secondo l’insegnamento di Gesù, il luminoso esempio dei vostri Santi e la tradizione del vostro popolo. In questo compito vi accompagni e vi sostenga sempre la materna protezione della Madonna del Conforto, da voi tanto amata e venerata. Amen!
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REGINA CÆLI
[Prima del Regina Cæli]
Cari fratelli e sorelle!
Al termine di questa celebrazione liturgica, l’ora della preghiera mariana ci invita a recarci tutti spiritualmente dinanzi all’effigie della Madonna del Conforto, custodita nella Cattedrale.
Quale Madre della Chiesa, Maria Santissima vuole sempre confortare i suoi figli nei momenti di maggiore difficoltà e sofferenza. E questa Città ha sperimentato molte volte il suo materno soccorso. Pertanto, anche oggi, noi affidiamo alla sua intercessione tutte le persone e le famiglie della vostra comunità che si trovano in situazioni di maggiore bisogno.
Al tempo stesso, mediante Maria, invochiamo da Dio il conforto morale, perché la comunità aretina, e l’Italia intera, reagiscano alla tentazione dello scoraggiamento e, forti anche della grande tradizione umanistica, riprendano con decisione la via del rinnovamento spirituale ed etico, che sola può condurre ad un autentico miglioramento della vita sociale e civile. Ciascuno, in questo, può e deve dare il suo contributo.
O Maria, Madonna del Conforto, prega per noi!
Regina Caeli…
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