di Padre Piero Gheddo
ROMA, mercoledì, 30 maggio 2012 (ZENIT.org).- La domenica di Pentecoste (27 maggio), nella parrocchia di Sant’Alberto a Lodi si è celebrata la professione di fede di una trentina di adolescenti che tre anni fa hanno ricevuto la Cresima e si è pregato padre Leopoldo Pastori, il “missionario monaco” del Pime (1939-1996), che ha lasciato una bella “fama di santità” a Lodi e in altre diocesi italiane e poi, soprattutto, nella Chiesa nascente della Guinea Bissau, dov’è ancora venerato e pregato. Subito dopo la sua morte c’era stato un movimento di popolo che chiedeva la sua beatificazione, poi per vari motivi e difficoltà, l’ipotesi non si è concretizzata. Ma molti hanno continuato a pregarlo e ultimamente il Signore ha voluto che padre Leopoldo tornasse alla ribalta in modo travolgente, per il concorrere di molte voci e richieste, sia in Italia che in Guinea Bissau.
Il parroco di Sant’Alberto, don Giancarlo Marchesi, che l’ha conosciuto bene, mi ha invitato come suo biografo a celebrare la Messa grande nel giorno di Pentecoste ed a ricordare padre Leopoldo ai parrocchiani. Sono andato molto volentieri e, con la grande chiesa strapiena, ho illustrato questo missionario-monaco atipico, particolarmente adatto ai nostri tempi, quando la missione alle genti, soprattutto oggi, necessita sempre più del carburante spirituale, la preghiera allo Spirito Santo. Leopoldo, uomo forte e affascinante, nel seminario al Pime già si manifestavano le sue qualità umane e la sua grande fede e spirito di preghiera. Diventato sacerdote nel 1972 e inviato in Guinea Bissau con grandi progetti e potenzialità, ma si ammala di epatite che diventa ben presto cronica.
Un prete di trent’anni, colpito da costante debolezza fisica e umiliazione di cure continue, poteva diventare un prete scontento, un peso per sé e per gli altri. Leopoldo pregava molto e Dio gli concede la grazia di sopportare con pazienza e umiltà la sua gravissima menomazione, ma continuava anche, nei limiti del possibile, ad impegnarsi nell’apostolato delle confessioni, direzione spirituale, predicazioni di ritiri ed esercizi, composizione di canti sacri in criolo (suonava e cantava bene), diventando ben presto, in Guinea e in Italia dove doveva tornare spesso, un prete ricercato da molti e rimpianto da tutti. La sua vita dimostra che l’efficacia dell’attività sacerdotale non dipende tanto dalle molte opere che si debbono fare e si fanno, ma dalla preghiera e dall’amore appassionato a Cristo e dalla donazione totale al popolo al quale un missionario è inviato. In Guinea, padre Leopoldo è rimasto in tutto circa dieci anni e non sempre nello stesso posto. La fama di santità che continua in molti è un chiaro segno che la sua breve e travagliata vita in missione ha lasciato un segno profondo di fede e di amore nelle anime e nei cuori.
La Chiesa di Lodi, ha scritto il vescovo mons. Giuseppe Merisi nella Prefazione alla sua biografia, “l’ha sempre sentito come un lodigiano in Africa, ha sempre ammirato il suo grande impegno per l’evangelizzazione e la promozione umana… Ciò che colpisce nella sua testimonianza è la consapevolezza di essere missionario soprattutto per accompagnare all’incontro con Gesù persone di qualunque condizione e credo. A suo giudizio nessuno, mai e per nessun motivo, può essere privato dell’Annunzio, a partire sempre dall’impegno di conversione per la nostra vita”.
Dopo la S. Messa di Pentecoste nella parrocchia di Sant’Alberto, più di cento devoti di Leopoldo hanno dimostrato la verità di queste parole del vescovo, fermandosi in chiesa fin dopo le 13, per sentire e discutere cosa si può fare per iniziare la causa di beatificazione di padre Leopoldo. Più tardi, mons. Gabriele Bernardelli, cancelliere della diocesi e incaricato delle Cause dei Santi, è intervenuto per dire che il vescovo è favorevole alla Causa che la parrocchia di Sant’Alberto (in particolare il gruppo missionario parrocchiale) vuole iniziare. Attende che glie lo chiedano i vescovi delle due diocesi di Bissau e di Bafatà, il superiore generale e il superiore regionale del Pime in Guinea. Poi si faranno i passi necessari per l’inizio ufficiale della Causa. La Pentecoste è stato, a Lodi, un grande giorno di festa. Molti hanno visto e festeggiato, in tutto questo, un autentico (e anche imprevisto dopo tanti anni) intervento dello Spirito Santo.