di P. Mario Piatti icms, direttore del mensile “Maria di Fatima”
ROMA, mercoledì, 30 maggio 2012 (ZENIT.org).- La verifica e la conferma più belle – e più evidenti – della autenticità e della attualità di Fatima sono senza dubbio radicate nella vita di Grazia che, in questi quasi cento anni, è fluita ininterrottamente dalla “Cova da Iria”, dove Nossa Senhora apparve a tre fanciulli, dal 13 maggio all’ottobre del 1917.
La Storia, si dice, è maestra di vita. Gli eventi accaduti a Fatima sono “storia di salvezza”, quasi una teologia biblica (secondo una bella espressione cara a padre Kondor SVD, vice-postulatore della Causa di Beatificazione dei Pastorelli), popolare, offerta in un mosaico ricco di fatti e di insegnamenti, che ci riconducono alla genuina sorgente del Vangelo di Cristo.
La straordinaria vicenda di Lùcia, Francisco e Jacinta si colloca nel quadro di una ordinaria vita cristiana, condivisa nelle proprie famiglie e nella piccola e laboriosa comunità cristiana della frazione di Ajustrel. Nelle sue “Memorie”, specialmente la quinta e la sesta (composte in età ormai avanzata e dedicate rispettivamente al padre e alla madre), Suor Lucia ci restituisce il fascino e la nostalgia di quell’ ambiente, dove la Fede ispirava la vita di ogni giorno, dove la preghiera scandiva i ritmi del lavoro e degli impegni quotidiani, accompagnando gli eventi gioiosi e tristi di quelle umili case e chiudendo, attorno all’intimità del focolare, la faticosa giornata.
Il tessuto cristiano di quella epoca e di quella cultura ha offerto il terreno favorevole per accogliere la grazia degli avvenimenti e del Messaggio di Fatima. In quell’“habitat” spirituale la Vergine Maria ha potuto incontrare e coinvolgere i suoi piccoli interlocutori, guidandoli in un cammino progressivo di sacrificio e di oblazione, che sarebbe diventato significativo ed esemplare per la Chiesa intera.
Fatima è “storia di santità”, dono celeste e faticosa conquista di personaggi semplici, tratti dalla folla anonima della gente comune, che scoprono improvvisamente di essere imparentati con il Cielo e in un attimo si ritrovano sotto i riflettori del mondo e nel cuore stesso della Chiesa.
Nel solco di una viva e genuina Tradizione cristiana, alla “Cova da Iria” scorrono e si intrecciano tutte le verità di Fede, in un linguaggio adatto e comprensibile a chiunque. Si parla ancora di Angeli, che dal Cielo scendono (nel 1916) per guidare i cuori a Dio e per preparare i Veggenti al successivo incontro con la Vergine. Si manifestano, in una luce di quotidianità e di familiarità che li rende ancor più amabili, tutti i passaggi del “Simbolo” e del Catechismo della Chiesa Cattolica: da Dio Creatore e Signore del mondo all’Incarnazione del Verbo e alla Redenzione, operata da Cristo; dalla missione della Chiesa ai “Novissimi”; dall’impegno per la Pace e per una autentica promozione umana, nel tempo presente, alla riaffermazione delle realtà soprannaturali; dalla esistenza del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno (la famosa visione del luglio 1917!) alla proposta della preghiera –specialmente del Santo Rosario- come via certa per orientare costantemente i cuori a Dio; dalla centralità della Eucaristia, al valore della generosa offerta delle proprie sofferenze, unite a quelle di Cristo, per la salvezza dei peccatori.
Fatima è storia, infine, che appartiene fino in fondo al suo (cioè al nostro) tempo, di cui evidenzia e affronta, a viso aperto, tutte le laceranti contraddizioni: il materialismo e l’indifferenza religiosa; il consumismo e l’edonismo; l’ateismo, pratico e ideologico e il relativismo etico.
Sempre nuove provocazioni si affacciano sullo scenario del mondo, ma sempre inesauribili e imprevedibili risorse di Bene vengono attivate dal Cielo: dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia! (Rm 5,20). Di fronte ai mali del tempo – all’inizio di un secolo che avrebbe cercato in tutti i modi di offuscare e di annullare i segni della presenza e dell’opera di Dio – Fatima è una risposta evangelica che, ancora una volta, disorienta e capovolge i criteri del mondo.
Tre piccoli fanciulli diventano i protagonisti di una vicenda sorprendente, che sarà segno di rinnovata speranza per tutta la Chiesa. Come sempre, agli occhi di Dio il più grande è colui che sa amare di più; è colui che intercede e che si sacrifica per il bene degli altri; è colui che si frappone tra la Giustizia di Dio e la colpevole follia dell’uomo.
Potremmo considerare i Pastorelli – si consenta il parallelo – quasi un “resto di Israele”, rappresentanti, con le loro famiglie e nel cuore cristiano della loro piccola comunità di Ajustrel, di quei “poveri di Jahvé”, ai quali il Signore continua ad affidare i suoi tesori più segreti e di cui si compiace e si fida, per il compimento dei suoi progetti di Pace.
Mai, come oggi, tale Messaggio e tale insistenza sugli “ultimi” sorprende per la sua attualità. Il povero, l’ultimo, l’emarginato sono il bimbo, rifiutato, abortito, offeso nella sua dignità, scandalizzato; l’anziano, con tutto il peso della solitudine e della sua inutilità sociale; il malato, immagine viva del Crocifisso e gloria del Risorto. Fatima abbraccia e restituisce senso e significato a tutte queste dimensioni del vivere, riproponendo il Vocabolario sempre scomodo e sempre attuale del Vangelo: il donarsi, il servire, il sacrificarsi sono la via maestra della vera gioia, che sarà eterna in Cielo, ma che già qui assaporiamo, nella luce della Grazia e della cristiana Carità.
(Tratto da “Maria di Fatima”, rivista della Famiglia del Cuore Immacolato di Maria)