A Rio la Conferenza ONU su sviluppo sostenibile e ambiente

Timore per un approccio che mira alla riduzione delle nascite

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di Donata Fontana

ROMA, domenica, 27 maggio 2012 (ZENIT.org) – In Brasile – dal 20 al 22 giugno – si svolgerà la Conferenza ONU “Rio+20” sullo sviluppo sostenibile, in celebrazione del ventennale dalla Conferenza su ambiente e sviluppo del 1992.

Al summit di Rio si incontreranno i leader mondiali, rappresentanti governativi, esponenti delle maggiori ONG internazionali, gruppi di interesse e nomi di spicco del settore privato; i temi da affrontare saranno la green economy, nel contesto dello sviluppo sostenibile e della lotta alla povertà, e la creazione di un quadro istituzionale adeguato al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile.

La Conferenza si tradurrà poi in un Documento di sintesi – già al vaglio delle commissioni preparatorie – in modo da riassumere obiettivi e linee guida per «promuovere l’equità sociale e garantire la tutela dell’ambiente in un pianeta sempre più affollato».

Durante i lavori preparatori alla Conferenza, sono state individuate sette aree di interesse (lavoro – energia pulita – urbanizzazione eco-sostenibile – salute alimentare – agricoltura sostenibile – acqua – catastrofi naturali) sulle quali si concentrerà l’attenzione dei partecipanti; assieme a queste importanti tematiche ambientali, però, sono scivolate sul tavolo delle riunioni preliminari anche le altre priorità delle Nazioni Unite: salute riproduttiva, accesso a programmi di pianificazione familiare, controllo della crescita demografica ed uguaglianza di genere.

L’Agenzia ONU per la popolazione (UNFPA) sta ponendo l’accento sulla necessità di collegare la ricerca di una crescita economica sostenibile a un attento controllo demografico. Il pianeta ospita già 7 miliardi di persone e, secondo le stime rese note dall’ultimo Rapporto annuale UNFPA sulla popolazione mondiale, potrebbe crescere di un altro miliardo solo nei prossimi 13 anni: progettare, oggi, un’economia sostenibile domani significa tener conto necessariamente delle dinamiche demografiche connesse, ragionando non solo sulla quantità e le modalità di gestione delle risorse disponibili, ma anche sul numero dei destinatari. L’ONU – per bocca dell’UNFPA – punta a far passare come urgenti anche politiche di largo accesso ai cosiddetti “diritti riproduttivi” e sanitari, ivi incluse contraccezione, sterilizzazioni e aborto.

Durante una dichiarazione ai rappresentanti degli Stati membri, il vicedirettore esecutivo dell’UNFPA, Anne-Birgitte Albrectsen, e il suo consulente in materia economica, Michael Herrmann, hanno ricordato ai Paesi in via di sviluppo che la loro crescita futura potrà essere gestita dai Governi anche con l’adozione di programmi di salute riproduttiva in grado di pianificare l’aumento della popolazione. L’appello sembra, tra l’altro, essere già stato implicitamente accolto da Cina e India, i due Paesi con la crescita demografica più celere e nei quali sono, da anni, in atto stretti controlli sulle nascite e politiche di limitazione della fertilità, spesso elusive dei diritti umani.

Che salute riproduttiva e pianificazione familiare siano nell’agenda dell’ONU lo dimostrano le parole di Kofi Annan – citate in apertura del documento introduttivo dell’UNFPA sui Millennium Development Goals -: «I MDG, e in particolarmente lo sradicamento della fame e della povertà, non possono essere raggiunti se la questione demografica e della salute riproduttiva non vengono affrontate direttamente». E, continua il documento UNFPA, migliori condizioni di vita per tutti i popoli si ottengono proprio attraverso «la creazione di un miglior equilibrio tra dinamiche demografiche e crescita economica» garantendo «accesso universale ai servizi di salute riproduttiva».

Termini quali “diritti riproduttivi” e “dinamiche demografiche” sono fortemente oscuri; sono zone grigie nel vocabolario delle Nazioni Unite, oramai diventate lessico ricorrente dei Documenti finali e Dichiarazioni ONU dirette agli Stati, per celare ideologie volte a manipolare le legislazioni nazionali. Anche nel caso del Documento di sintesi della Conferenza “Rio+20” è in atto un braccio di ferro tra UNFPA – e gli Stati in suo sostegno, come Svizzera, Norvegia e USA – e Santa Sede: la sfida si gioca pro o contro l’introduzione di questi vocaboli nella Dichiarazione finale di Rio.

Oltre che alla prevenzione di malattie sessualmente trasmesse, a programmi di riduzione della mortalità materna e infantile e alla garanzia di strutture sanitarie adeguate ad ospitare la nascita di un bambino, nel concetto di “diritti riproduttivi” le Nazioni Unite sono solite ricomprendere anche l’informazione circa e l’accesso ai vari metodi di contraccezione, la possibilità di esercitare “diritto di scelta” di fronte a una gravidanza indesiderata e la libertà di determinare il proprio “genere”. Invece, con l’utilizzo del termine “dinamiche della popolazione” – già utilizzato nel Documento finale della Conferenza di Rio del 1992, la cosiddetta “Agenda 21” – l’ONU è solito fare riferimento non solamente all’andamento demografico di un singolo Stato e del pianeta, ma anche a tutte quelle strategie per ridurre il tasso di fertilità, orientare il numero delle nascite e imporre politiche di pianificazione familiare.

A conferma di questa tendenza ideologica, apprendiamo dal sito ufficiale dell’UNFPA che sono stati raccolti, e devoluti alla sede ONU nelle Filippine, quasi 30 milioni di dollari destinati appositamente al sostegno di programmi di salute riproduttiva delle donne: questo progetto punta a raggiungere, nell’arco di tempo che durerà fino al 2016, il MDG relativo alla lotta contro l’HIV/AIDS e contro la mortalità materna.

Non è un mistero come non sia ancora pacificata l’aspra polemica, interna al Paese, contro la proposta di legge dell’attuale governo filippino proprio in materia di controllo delle nascite e politica del figlio unico; il sostegno economico dell’UNFPA appena stanziato cammina in questa stessa direzione e ciò sembra non essere casuale. Ancora: nell’ultimo Rapporto UNFPA sulla popolazione “People and possibilities in a world of 7 billions”, viene citata come best practice l’esperienza della Finlandia che, con l’introduzione obbligatoria di corsi di educazione sessuale in tutte le scuole e la distribuzione gratuita di contraccettivi ai giovani, ha ridotto sensibilmente il numero di gravidanze tra le minori di 15 anni e gli aborti, ma anche le nascite complessive.

L’insistere da parte dell’ONU sul collegamento tra crescita economica, sostenibilità ambientale e controllo delle nascite rende prevedibile un Documento finale di “Rio+20” parzialmente incentrato anche sulle tematiche demografiche; il timore di chi vi si oppone risiede nel fatto che la poca chiarezza di terminologie come quelle esaminate convinca gli Stati ad adottare misure legislative e sanitarie anti-vita, sfruttando il discorso sull’eco-sostenibilità e sviluppo economico per promuovere, in via implicita, anche politiche abortiste.

Ha scritto Giovanni Paolo II, nell’Evangelium vitae: “Le pubbliche autorità hanno certo la responsabilità di prendere «iniziative al fine di orientare la demografia della popolazione»; ma tali iniziative devono sempre presupporre e rispettare la responsabilità primaria ed inalienabile dei coniugi e delle famiglie e non possono ricorrere a metodi non rispettosi della persona e dei suoi diritti fondamentali, a cominciare dal diritto alla vita di ogni essere umano innocente. È, quindi, moralmente inaccettabile che, per regolare le nascite, si incoraggi o addirittura si imponga l’uso di mezzi come la contraccezione, la sterilizzazione e l’aborto”.

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ZENIT Staff

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