L'immagine miracolosa di Etzelsbach

Un santuario mariano della Turingia

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di Britta Dörre

ROMA, lunedì, 21 maggio 2012 (ZENIT.org).- Etzelsbach si trova nella regione dell’Eichsfeld, a circa dieci chilometri da Heiligenstadt, nello Stato federale o “Land” della Turingia (Germania centrale). La storia del santuario risale al XVI secolo. La località viene menzionata per la prima volta nel 1525, quando la Cappella del pellegrinaggio “Zu Unserer Lieben Frauen” viene data alle fiamme durante la Guerra dei contadini (Bauernkrieg, 1524-1526). Mentre originariamente Etzelsbach apparteneva al monastero di Beuren, dopo la chiusura della fondazione cistercense, avvenuta nel 1555, passò alla parrocchia di Sankt Mauritius, a Steinbach.

Secondo la tradizione, l’immagine miracolosa fu ritrovata per caso da un contadino, mentre stava arando i suoi campi. Svolge un ruolo importante dal 1625, in particolare durante il tradizionale pellegrinaggio equestre, che si svolge ogni anno la seconda domenica dopo la Visitazione. Nel vicino villaggio di Wingerode era scoppiata infatti nel 1625 una grave malattia equina e gli animali portati al santuario furono guariti. Fino ad oggi, giunti alla cappella di Etzelsbach, i cavalli effettuano tre giri attorno all’edificio. 

L’aspetto attuale della cappella neogotica risale ad un progetto degli architetti Paschalis Gratze e Fritz Cordier del 1897/98. Nella cappella è custodita l’immagine miracolosa – si tratta di una scultura lignea del Cinquecento -, che rappresenta la Pietà.

Durante la sua visita apostolica in Germania, Papa Benedetto XVI ha richiamato il 23 settembre del 2011 durante la celebrazione dei Vespri ad Etzelsbach l’attenzione sulla posizione del Crocifisso. “Nella maggior parte delle rappresentazioni della Pietà, Gesù morto giace con il capo verso sinistra. Così l’osservatore può vedere la ferita del costato del Crocifisso”, ha spiegato il Pontefice. “Qui a Etzelsbach, invece, la ferita del costato è nascosta, perché la salma, appunto, è orientata verso l’altro lato”.

“A me sembra che in tale rappresentazione si nasconda un profondo significato, che si svela solo ad un’attenta contemplazione”, ha proseguito il Pontefice. “Nell’immagine miracolosa di Etzelsbach i cuori di Gesù e di sua Madre sono rivolti l’uno verso l’altro; s’avvicinano l’uno all’altro. Si scambiano a vicenda il loro amore. Sappiamo che il cuore è anche l’organo della sensibilità più delicata per l’altro, come pure l’organo dell’intima compassione. Nel cuore di Maria c’è lo spazio per l’amore che il suo Figlio divino vuole donare al mondo”.

“Sotto la Croce, Maria diventa compagna e protettrice degli uomini nel loro cammino di vita”, ha spiegato il Santo Padre, il quale ha ricordato anche le parole della Costituzione dogmatica Lumen Gentium (n. 62) del II Concilio Vaticano: “Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata”.

“Sì, nella vita noi attraversiamo alterne vicende, ma Maria intercede per noi presso il Figlio suo e ci comunica la forza dell’amore divino”, ha ricordato ancora il Pontefice a Etzelsbach. I credenti – ha aggiunto – “si poggiano sulla fiducia incrollabile che Maria è al tempo stesso anche Madre nostra – una Madre che ha sperimentato la sofferenza più grande di tutte, che percepisce insieme con noi tutte le nostre difficoltà e pensa in modo materno al loro superamento”. 

[Traduzione dal tedesco a cura di Paul De Maeyer]

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ZENIT Staff

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