La Pasqua di Maria

Un’intervista racconta l’affascinante storia e tradizione della Madonna “bruna” di Capocolonna in Calabria

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di Salvatore Cernuzio

CROTONE, domenica, 20 maggio 2012 (ZENIT.org) “Che bella città” ha esclamato il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fuad Twal, al suo arrivo, venerdì scorso, a Crotone, città della Calabria che affaccia direttamente sul mar Jonio.

Ed è ancora più bella Crotone in questi giorni, perché vestita a festa per celebrare, come ogni anno, nella terza domenica di maggio, la sua Mamma e Patrona: la Madonna di Capocolonna. Una solennità questa, che non si limita alla devozione popolare, ma interessa secoli di storia e tradizioni che affondano le loro radici sin dalla Magna Grecia.

Di questo ZENIT ne ha parlato con don Ezio Limina, rettore della Basilica Cattedrale, che grazie alla sua cultura e alla profonda dedizione per la Vergine, ha trasformato questa intervista in un affascinante tuffo nel passato.

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Don Ezio, iniziamo raccontando ai lettori la storia del quadro della Madonna di Capocolonna.

Don Ezio Limina: La devozione per la Madonna risale, secondo i documenti pervenutici, intorno al 1500, inquadrandosi nel contesto delle incursioni saracene che all’epoca flagellavano le coste crotonesi.

Il 1° giugno del 1519, una razzia saracena quasi distrusse il promontorio di Capocolonna. Era questa un’area magica dove si trovavano, nel periodo magno greco grandi templi, come quello di Hera Lacinia, e dove il cristianesimo era subentrato al mondo pagano sostituendo il culto della Dea Madre con quello della Vergine Madre, grazie all’edificazione di un piccolo santuario dove si trovava questa immagine di Maria.

Nella razzia, i turchi devastarono qualsiasi cosa in segno di disprezzo, inclusa la chiesetta, tanto che il quadro della Madonna fu addirittura bruciato. Secondo un antico racconto del canonico Basoino, però, nonostante i saraceni avessero attizzato il fuoco per oltre tre ore, l’immagine non si bruciò, ma anzi irradiò dei bagliori miracolosi.

A quel punto la tela venne portata nella nave che doveva tornare in Turchia, ma che in quel caso non riuscì nemmeno a spostarsi. Venne perciò buttata in mare come segno sprezzante di liberazione.

E dal mare arrivò fino alla città.

Don Ezio Limina: Sì, la tela camminò sulle acque fino ad una zona di poderi e di giardini, dove un contadino la trovò e la conservò per anni in una cassapanca.

Questo contadino – un tal Agazio in preda ad una grave malattia, diventò sordo e cieco. In punto di morte, giunse nella sua casa un Frate di S.Francesco di Paola, a cui il contadino confessò di possedere una tela della Madonna che aveva trovato a mare.

Dopo questo episodio, l’uomo guarì completamente e già da allora si gridò al miracolo. Il Frate minimo la portò infatti nel suo monastero fuori città per custodirla. Solo più tardi il vescovo dell’epoca, mons. Antonio Lucifero, dopo un pellegrinaggio devozionale, decise di trasferirlo nella Cattedrale.

Da quando diventò poi un culto?

Don Ezio Limina: Con il successivo vescovo, mons. Miturno, un umanista. È suo il primo documento, giunto fino a noi, dove viene decretato il culto della Madonna di Capocolonna nella Cappella del Duomo. Qualche anno dopo, poi, Papa Gregorio XII dichiarò l’altare del Madonna “altare privilegiato”.

Come si presenta questo Quadro? Sembra quasi una Madonna nera…

Don Ezio Limina: Più che nera direi “abbrunita”. C’è infatti un canto a Lei dedicato che riprende il Cantico dei Cantici e dice: “Nigra sum, sed formosa“, ovvero “Sono scura, ma bella”. C’è, inoltre, una leggenda che narra che il Quadro sia stato dipinto da San Luca Evangelista; un’altra tradizione riguarda invece un altro San Luca, l’Archimandrite, abate di uno dei monasteri basiliani presenti nell’area di Capocolonna. Effettivamente, l’immagine riproduce dei caratteri bizantini che rimandano al periodo del monachesimo basiliano, quindi sembra essere questa una tradizione più fondata.

La Madonna di Capocolonna è un potente simbolo popolare. Che ruolo ha avuto nella storia e nella vita sociale della città?

Don Ezio Limina: Crotone e la Madonna sono un tutt’uno: la devozione ha camminato infatti di pari passo con la città. Ci sono episodi significativi che testimoniano questa unione: ad esempio, il fatto che nell’ultima guerra mondiale, Crotone non fu mai bombardata, perché – si dice – la Madonna aveva coperto l’aria di fumo nero in modo che gli aerei militari non riuscissero neanche a vederla.

O durante il terribile terremoto dell’8 marzo 1832 che distrusse l’intera Calabria: i crotonesi, in quell’occasione, tentarono di salvare il Quadro e si radunarono in un piazzale per invocare il suo aiuto, custodendola temporaneamente in una piccola edicola. Le cronache raccontano che, laddove in tutta la regione ci furono delle vittime, a Crotone non ci fu neppure un ferito. Sono piccoli episodi che però testimoniano la profonda fede dei cittadini crotonesi vero la Madonna e come Lei, soprattutto nei momenti tristi, abbia sempre agito.

Quanto è importante per la vita spirituale di un cristiano credere in Maria?

Don Ezio Limina: Come diceva Paolo VI, non si può essere cristiani senza essere mariani, perché non ci poteva essere Gesù senza Maria. Uno dei misteri del cristianesimo è proprio l’incarnazione di Cristo: essa è rientrata nel piano di Dio, ha avuto il beneplacito della Trinità, ma senza la cooperazione della Vergine non sarebbe stata possibile. Essere relati a Lei, dunque, significa essere fondati solidamente nel realismo dei misteri cristiani.

Come si celebra quest’anno il Settennale?

Don Ezio Limina: Le motivazioni che animano il Settennale sono innanzitutto spirituali. Noi, cioè, celebriamo – col dono dell’indulgenza plenaria – questo mese, che ha una connotazione giubilare. In tal senso, si può dire che la festa grande è festa di riconciliazione, di fratellanza, di pace, di riappropriazione di quei rapporti, anche familiari, deteriorati. Una festa che vuole essere quello che era il Giubileo per il popolo di Israele.

Ci saranno poi i tradizionali eventi come: l’offerta dell’olio votivo; i servizi di confessione; la peregrinatio Mariae, ovvero la visita di una riproduzione più piccola della Madonna nelle parrocchie che compongono la Diocesi di Crotone e via dicendo.

Soprattutto c’è il famoso pellegrinaggio, dove il quadro della Madonna, uscendo dal Duomo viene riportato, lungo tutta la notte, al Santuario di Capocolonna.

Don Ezio Limina: Il pellegrinaggio notturno ha degli agganci che risalgono fino alla Magna Grecia. Fonti storiche attestano che le Krotoniati, le donne di Crotone, nel periodo primaverile facevano una processione con i veli verso il capo Lacinio per consolare Tetide, patrona del promontorio, della morte del figlio Achille. Già nel 1500 era comunque documentato.

Il pellegrinaggio è la parte più significativa della festa perché porta il popolo dal buio della notte verso la luce del giorno. Sembra che realizzi la profezia dell’Esodo dove si parla di una colonna di fuoco che fa attraversare la notte fino a quando arrivano le prime luci dell’alba.

C’è un augurio che, in questa particolare occasione, vuole fare?

Don Ezio Limina: Spero che questa solennità sia di buon auspicio per la città e per le grandi problematiche che ha soprattutto dal punto di vista interiore. Che l’incontro con Maria, dalle tenebre alla luce, ci aiuti a fare Pasqua, in questo tempo di maggio, ovvero il tempo della Pasqua Mariana per Crotone e per il mondo. 

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ZENIT Staff

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