ROMA, domenica, 20 maggio 2012 (ZENIT.org).- Dedichiamo uno “Speciale” al Life Day, che apriamo con l’intervento di padre Alfonso M. Bruno F.I., il cui istituto religioso – i francescani dell’Immacolata – sostiene l’iniziativa. Il fondatore della giovane congregazione, padre Stefano Maria Manelli, era parte di una famiglia con 21 figli.
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In continuità con san Francesco che a Greccio celebrò la natività e con lo sguardo ammirato verso Maria Immacolata, madre di tutta l’umanità, i francescani dell’Immacolata vogliono contemplare il mistero della vita nascente e sostenere nella lode a Dio, per tutte le sue creature, proprio gli esseri più deboli e indifesi.
E’ il riconoscimento di una sacralità, è una lotta di Civiltà!
Siamo a fianco del “popolo della vita di chi riconosce il nascituro “uno come noi”.
La convergenza del nostro duplice percorso di fede e ragione ne aumenta la consistenza.
Vogliamo entrare nella cordata e comunione “per sentire cum Ecclesia”
Siamo qui per fare memoria dei cinque milioni e mezzo di vittime innocenti della legge 194, per l’imminente pronunciamento della Corte Costituzionale sulla legge 40 e per sostenere l’avvio dell’iniziativa di raccolta di adesioni per applicare nel diritto all’Unione Europea il principio della dignità e diritto di ogni essere umano fin dal concepimento.
Consapevoli che non c’è famiglia umana solidale senza famiglia naturale, per dare più slancio all’impegno al servizio della vita nascente e della maternità, i Francescani dell’Immacolata presentano il modello dei coniugi Settimio e Licia Manelli, scomparsi da pochi decenni e dei quali è in corso il processo di beatificazione introdotto dal Vicariato di Roma.
Coppia feconda di 21 figli, guidata spiritualmente da San padre Pio da Pietralcina e da cui nacque il fondatore dei Francescani dell’Immacolata, padre Stefanio Maria Manelli, sono esempio di accoglienza e apertura alla vita, in epoca di pieno inverno demografico in Italia.
L’indignazione nazionale per il vile attentato di Brindisi consumatosi ieri contro inermi giovani, ci sprona a non arrenderci a nessuna forma di terrore e di cultura della morte, ma a difendere con ancora più forza la cultura della vita.
Possa la figura di Enea, padre ideale di Roma capitale, ricordarci che per “costruire la città” di agostiniana memoria è necessario non perdere le origini identitarie e la speranza nel futuro, materializzante nel padre Anchise e nel figlio Ascanio che ne seguirono l’approdo dopo il peregrinare!