"Non preghiamo il Rosario meccanicamente, ma con il cuore"

Intervista al cardinale Prosper Grech dopo la Messa per la Madonna di Fatima celebrata in Santa Maria delle Grazie alle Fornaci

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di Salvatore Cernuzio

ROMA, giovedì, 17 maggio 2012 (ZENIT.org) – “Avete presente le fontane a piazza San Pietro? Quelle a due piani, dove dalla fonte principale sgorga l’acqua che bagna il primo livello e, da quello, scende al secondo? Ecco, questa è la grazia di Maria: una grazia che sovrabbonda che riempe Lei e poi arriva a tutti noi”.

È questo uno dei tanti significativi esempi utilizzati dal cardinale maltese Prosper Grech, nella Messa vespertina di ieri, presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, dove l’immagine della Vergine di Fatima sarà ospitata fino al 20 maggio, insieme alle reliquie dei Beati Francesco e Giacinta.

Ieri è stata la giornata dedicata ai malati e ai sofferenti. Al termine della sua omelia, tutta incentrata sulla preghiera dell’Ave Maria, il porporato ha infatti distribuito il sacro olio per l’unzione degli infermi a numerosi fedeli malati giunti in Chiesa per salutare la Madonna pellegrina.

“Maria è salute degli infermi”, ha ricordato nella sua meditazione, “Lei dà la forza di sopportare la sofferenza e i mali”. Ricordando l’importanza della preghiera e invitando i fedeli a “non abbandonarla in questo mese mariano”, il cardinal Grech ha sottolineato poi che la Madonna “è via sicura che porta a Cristo, rifugio certo verso la salvezza”.

Intervistato da ZENIT, il cardinale ha spiegato che “dipende dalla nostra fede” credere nel potere d’intercessione di Maria e, dunque, nell’efficacia della preghiera.

“Si può anche pregare Maria senza fede – ha affermato – e Lei, nella sua misericordia, può anche ascoltare”. Ma solo attraverso “una relazione personale con Cristo e poi con Sua Madre”, si può giungere ad “una preghiera che esce dal cuore e che risponde con il cuore di Maria”.

“Quante Ave Maria abbiamo pregato nella nostra vita? Migliaia e migliaia, io credo”, ha proseguito il porporato, “e cosa preghiamo noi? Prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”.  

“Maria in quell’ultimo momento – ha spiegato – ci tiene la mano, non soltanto per confortarci, ma per darci la fede per fare quel salto nelle braccia di Cristo, in modo che Lei ci presenti a Gesù e Gesù al Padre”.

“La penitenza, il digiuno e la preghiera, sono vie concrete di salvezza indicate da Maria”, aveva affermato il cardinale nell’omelia.

Anche durante l’intervista ha ribadito questo concetto, dicendo: “Gesù ha predicato in tutto il suo Vangelo la penitenza per i nostri peccati per entrare nel Regno di Dio. E sua Madre lo ripete in ogni apparizione: la confessione, atto di vera e sincera contrizione, e la preghiera”.

La preghiera, in particolare, è un atto fondamentale per la vita del cristiano, soprattutto quella rivolta alla Madonna: “Ciò che noi non osiamo chiedere al Padre o per paura o per mancanza di fede – ha detto – lo rimettiamo nelle mani della Mamma”.

E Lei, ha aggiunto il porporato, più volte “ha indicato nel Rosario uno strumento forte nelle mani del cristiano al quale bisogna tornare. Una via non solo di preghiera, ma di meditazione”.

Una forma di orazione che sembra ormai passata o che, come ha osservato il cardinale, viene recitata meccanicamente.

“Nel terzo mistero glorioso, ad esempio, diciamo: lo Spirito Santo è disceso sugli apostoli… Padre Nostro che sei nei cieli… Ave Maria e via dicendo. Ma che significato ha questo per noi? Davvero stiamo riflettendo sul fatto che lo Spirito Santo è sceso sugli apostoli, sulla Chiesa e quindi su di me? Bisogna entrare pienamente nel significato di queste parole”, ha asserito.

Alla domanda di quale sia il senso di questo mese mariano, tempo di grazia in cui fioriscono tante iniziative che fanno volgere il cuore a Maria, il cardinal Grech ha risposto che esso è “un tempo ricco di opportunità per noi, perché si riscopre la devozione per la Madre di Dio che nella Chiesa cattolica è cominciata dall’inizio e continuerà sempre in quanto intimamente unita al Signore”.

Un ultimo pensiero il cardinale l’ha rivolto ai malati e ai sofferenti, nella giornata di ieri, a loro dedicata: “Sul mio stemma ho “In te Domine speravi” e naturalmente “non confundar in aeternum”, cioè in Te Signore ho sperato, a Te mi affido perché non sia perduto per sempre. Questa dovrebbe essere la nostra preghiera continua. Affidiamola a Maria, la Madre, affinché la offra a Gesù”.

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ZENIT Staff

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