di Paul De Maeyer
ROMA, martedì, 15 maggio 2012 (ZENIT.org) - La Conferenza dei vescovi cattolici del Canada ha pubblicato lunedì 14 maggio una Lettera pastorale sulla libertà di coscienza e di religione. Nel documento, disponibile sul sito internet della CCCB/CECC in inglese e in francese, il Consiglio permanente dei vescovi del Paese nordamericano esprime preoccupazione per il “relativismo aggressivo” che tenta di relegare la religione alla sfera privata.
Rivolgendosi alle “persone di buona volontà”, l'obiettivo dei vescovi è di “sensibilizzare” tutti i cittadini canadesi, uomini e donne, sui diritti della libertà di coscienza e di religione, “essenziali al bene comune”.
“Dei recenti avvenimenti internazionali e nazionali comportano un insieme inquietante di minacce alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa”, scrivono i vescovi, ribadendo che la Chiesa cattolica “promuove e difende queste libertà, che trovano il loro fondamento nella Sacra Scrittura e la loro conferma nella riflessione razionale”.
Il diritto alla libertà di coscienza e di religione “deriva dalla dignità unica della persona umana creata all'immagine di Dio e dotata di ragione e di libera volontà”, ricorda il documento. Per questo, prosegue il testo, “in una società democratica, è essenziale che ogni persona abbia la libertà di corrispondere alla verità della sua propria natura, in quanto essere umano creato da Dio e destinato a trovare in Lui il suo compimento”.
Le due libertà – spiegano i presuli del Canada - “non nascono da una concessione dello Stato o della società”, ma “sono inalienabili e universali”. Citando il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1991 di Giovanni Paolo II e il discorso di Benedetto XVI al Corpo diplomatico del 10 gennaio 2011, i vescovi ricordano che la libertà religiosa è “la più profonda espressione della libertà di coscienza”, anzi “è il primo dei diritti”.
La libertà di religione non è solo un diritto di ogni individuo, ma ha anche implicazioni positive di carattere comunitario. “Quando questo diritto è veramente riconosciuto – così scrivono i vescovi – le collettività e le istituzioni religiose possono funzionare liberamente per il bene della società intervenendo nei servizi sociali e caritativi, le cure sanitarie e l'educazione, al servizio di tutti i cittadini, e specialmente dei più poveri e più marginalizzati”.
“La Chiesa cattolica – prosegue la Conferenza episcopale – rivendica il diritto alla libertà religiosa allo scopo di compiere la sua missione specifica”, cioè di proclamare, secondo il comandamento di Cristo (Mt 28,19-20), “il Vangelo al mondo intero”.
“Lo Stato riconosce e rispetta – non lo concede – il libero esercizio della fede religiosa”, continuano i vescovi. Come cittadini, “noi possediamo il diritto alla libertà di coscienza e di religione, vale a dire che in assenza di ogni costrizione abbiamo il diritto di esprimere pubblicamente e di diffondere liberamente le nostre convinzioni religiose in conformità al bene comune”, ricorda la lettera.
Ma purtroppo la libertà religiosa non viene sempre garantita ovunque in modo efficace. Non solo “è a volte negata per motivi religiosi o ideologici”, ma su di essa incombono anche minacce “più sottili”, frutto della “predominanza culturale del laicismo radicale” e – nelle parole pronunciate nel settembre scorso da Papa Benedetto XVI a Friburgo in Brisgovia – di un “relativismo subliminale che penetra tutti gli ambiti della vita”.
Anche in Canada la libertà di religione appare a rischio. “Nel corso dell'ultimo decennio sono sopraggiunte in Canada varie situazioni che portano a chiedersi se il nostro diritto alla libertà di coscienza e di religione sia sempre rispettato”, sottolineano i vescovi, che forniscono anche alcuni esempi. In quattro province canadesi, ad esempio, gli ufficiali dello stato civile sono infatti costretti a celebrare matrimoni omosessuali o a dimettersi.
Bisogna dunque agire prima che sia troppo tardi, suggerisce la lettera pastorale, che invita tutti i cittadini, uomini e donne, e in particolare i cattolici, “a reagire con coraggio agli ostacoli alla libertà di coscienza e di religione rinnovando la loro determinazione di partecipare attivamente a tutti i settori della vita pubblica e far conoscere il loro punto di vista laddove si formano le politiche e le opinioni pubbliche”.
“Persino in Paesi che riconoscono il valore del pluralismo e della tolleranza – spiega la lettera pastorale - la religione è sempre più marginalizzata, confinata entro le mure domestiche e nella chiesa, e ritenuta come insignificante, estranea, anzi destabilizzante per la società”.
Per questo motivo, i vescovi invitano tutti ad essere vigili per “preservare, in maniera rispettosa, i simboli e le celebrazioni religiose”. Infatti, avvertono, “quando il contributo dei credenti è escluso della vita pubblica, essa si ritrova privata da una dimensione necessaria ad ogni società fiorente: l'apertura alla trascendenza”.
Citando il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011 di Benedetto XVI, i vescovi del Canada ricordano che “ridurre il ruolo pubblico della religione, significa 'generare una società ingiusta, poiché non proporzionata alla vera natura della persona umana'”.
La libertà di coscienza va dunque difesa e la Chiesa deve sostenere tutti coloro che vogliono seguire la propria coscienza e agire di conseguenza. Alle volte, ammettono i vescovi, devono resistere “fino all'eroismo stesso, alle direttive dello Stato, di un tribunale o datore di lavoro che tenta di sostituirsi alla loro coscienza, costringendoli ad agire contro le loro convinzioni in materia di fede e di costumi”.
Si tratta di un cammino per nulla facile. “Coloro che non vogliono rendersi complici delle esigenze di una legge immorale devono essere pronti a fare dei sacrifici necessari per difendere la verità e a vivere con la sofferenza che ne conseguirà”, sottolinea la lettera pastorale, che, come modello “particolarmente ispirante”, pone la figura di San Tommaso Moro (1478-1535).
Nella parte finale del documento, i vescovi lanciano un appello urgente a tutti i canadesi, uomini e donne, credenti e non credenti, “affinché reiterino la loro determinazione a promuovere i diritti preziosi che sono la libertà di coscienza e la libertà religiosa”.
Mentre incoraggiano tutti i credenti ad impegnarsi “pienamente in tutti i settori della vita pubblica”, i vescovi canadesi concludono la loro lettera offrendo “a tutte le persone che sono vittime di violenza, persecuzione, di intolleranza o di discriminazione per le loro convinzioni morali o religiose l'appoggio dell'insegnamento della Chiesa, la solidarietà dei nostri interventi pubblici e l'assicurazione delle nostre preghiere fraterne per la protezione” di ciò che definiscono un “diritto universale”, quello “alla libertà di coscienza e di religione”.