CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 13 maggio 2012 (ZENIT.org).- Venerdì 11 maggio nell’Aula Paolo VI in Vaticano, ha avuto luogo un Concerto offerto da Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, in onore del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del settimo anniversario di Pontificato.
L’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, diretti rispettivamente dal Maestro Riccardo Muti e dal Maestro Roberto Gabbiani, hanno eseguito il Magnificat in sol minore RV 611 di Antonio Vivaldi e lo Stabat Mater e il Te Deum dai Quattro pezzi sacri di Giuseppe Verdi.
Prima del Concerto, il Presidente della Repubblica ha indirizzato al Santo Padre voti augurali per il felice anniversario.
Al termine dell’esecuzione musicale il Pontefice Benedetto XVI ha detto:
“Un vivo e deferente saluto al Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano e alla Sua gentile Signora, al quale unisco il sincero ringraziamento per le cordiali parole, per i doni di un violino e di una pregevole partitura, e per questo Concerto di musica sacra di due grandi autori italiani; sono segni che manifestano, ancora una volta, il legame tra il Successore di Pietro e questa cara Nazione. Un saluto al Presidente del Consiglio, Senatore Mario Monti, e a tutte le Autorità. Un sincero ringraziamento all’Orchestra e al Coro del Teatro dell’Opera di Roma, alle due Soprano, e soprattutto al Maestro Riccardo Muti per l’intensa interpretazione ed esecuzione. La sensibilità del Maestro Muti per la musica sacra è nota, come pure l’impegno perché sia più conosciuto questo ricco repertorio che esprime in musica la fede della Chiesa. Anche per questo sono lieto di conferirgli un’onorificenza pontificia. Esprimo gratitudine al Comune di Cremona, al Centro di Musicologia Walter Stauffer e alla Fondazione Antonio Stradivari-La Triennale per aver messo a disposizione delle prime parti dell’Orchestra alcuni antichi e preziosi strumenti delle proprie collezioni.
Antonio Vivaldi è un grande esponente della tradizione musicale veneziana. Di lui chi non conosce almeno le Quattro Stagioni! Ma rimane ancora poco nota la sua produzione sacra, che occupa un posto significativo nella sua opera ed è di grande valore, soprattutto perché esprime la sua fede. Il Magnificat che abbiamo ascoltato è il canto di lode di Maria e di tutti gli umili di cuore, che riconoscono e celebrano con gioia e gratitudine l’azione di Dio nella propria vita e nella storia; di Dio che ha uno «stile» diverso da quello dell’uomo, perché si schiera dalla parte degli ultimi per dare speranza. E la musica di Vivaldi esprime la lode, l’esultanza, il ringraziamento e anche la meraviglia di fronte all’opera di Dio, con una straordinaria ricchezza di sentimenti: dal solenne corale all’inizio, in cui è tutta la Chiesa che magnifica il Signore, al brioso «Et exultavit», al bellissimo momento corale dell’«Et misericordia» sul quale si sofferma con audaci armonie, ricche di improvvise modulazioni, per invitarci a meditare sulla misericordia di Dio che è fedele e si estende per tutte le generazioni.
Con i due pezzi sacri di Giuseppe Verdi, che abbiamo ascoltato, il registro cambia: ci troviamo di fronte al dolore di Maria ai piedi della Croce: Stabat Mater dolorosa. Il grande Operista italiano, come aveva indagato ed espresso il dramma di tanti personaggi nelle sue opere, qui tratteggia quello della Vergine che guarda al Figlio sulla Croce. La musica si fa essenziale, quasi si «afferra» alle parole per esprimerne nel modo più intenso possibile il contenuto, in una grande gamma di sentimenti. Basta pensare al dolente senso di «pietà» con cui ha inizio la Sequenza, al drammatico «Pro peccatis suae gentis», al sussurrato «dum emisit spiritum», alle invocazioni corali cariche di emozione, ma anche di serenità, rivolte a Maria «fons amoris», perché possiamo partecipare al suo dolore materno e far ardere il nostro cuore di amore a Cristo, fino alla strofa finale, supplica intensa e potente a Dio che all’anima sia data la gloria del Paradiso, aspirazione ultima dell’umanità.
Anche il Te Deum è un susseguirsi di contrasti, ma l’attenzione di Verdi al testo sacro è minuziosa, così da offrirne una lettura diversa dalla tradizione. Egli non vede tanto il canto delle vittorie o delle incoronazioni, ma, come scrive, un susseguirsi di situazioni: l’esultanza iniziale – «Te Deum», «Sanctus» -, la contemplazione del Cristo incarnato, che libera e apre il Regno dei Cieli, l’invocazione all’«Judex venturus», perché abbia misericordia, e infine il grido ripetuto dal soprano e dal coro «In te, Domine speravi» con cui si chiude il brano, quasi una richiesta dello stesso Verdi di avere speranza e luce nell’ultimo tratto della vita. Quelli che abbiamo ascoltato stasera sono gli ultimi due pezzi scritti dal Compositore, non destinati alla pubblicazione, ma scritti solo per sé; anzi, egli avrebbe voluto essere sepolto con la partitura del Te Deum.
Cari amici, mi auguro che questa sera possiamo ripetere a Dio, con fede: In te, Signore, ripongo, con gioia, la mia speranza, fa’ che ti ami come la tua Santa Madre, perché alla mia anima, al termine del cammino, sia data la gloria del Paradiso. Al Signor Presidente della Repubblica Italiana, alle soliste, ai complessi del Teatro dell’Opera di Roma, al Maestro Muti, agli organizzatori e a tutti i presenti di nuovo grazie. Il Signore benedica voi e i vostri cari. Grazie di cuore!”