Maria Santissima, donna fedele e coraggiosa

La fortezza della madre che accompagnò al calvario Gesù

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di P. Stefano Maria Pio Manelli FI

La fortezza e la virtù che rifulse in grado eminente in Colei che rimase fedele e coraggiosa per il Figlio, accompagnandolo al Calvario e rimanendo in piedi, sotto la croce

ROMA, mercoledì, 9 maggio 2012 (ZENIT.org).- La fortezza è la virtù cardinale che fa superare gli ostacoli che si frappongono al bene da perseguire, tenendo saldo lo spirito nelle prove e nel sacrificio da affrontare. Essa è importantissima nella vita spirituale di ogni anima, dato che la vita di perfezione e di santità, è vita di lotta continua contro innumerevoli nemici, interni ed esterni. La fortezza cristiana significa forza nel sacrificio, coraggio nella lotta, fedeltà nella costanza. Per la fortezza il cristiano doma le impressioni del timore, frena gli scatti dell’ira, reprime i risentimenti, si anima di fiducia e pazienza nelle avversità, resta saldo contro l’oppressione del dolore e della morte. La fortezza segna la diritta via del dovere senza scoraggiamento e temerità, dominando il timore come l’audacia, pronta a sopportare e ad agire, a sostenere l’urto nemico come a prendere l’offensiva. Nei pericoli, quando è posta a repentaglio la vita, essa rifulge con tutto il suo splendore e per questo essa è la gloria dei martiri. Un antico proverbio dice: «Cuor forte, vince cattiva sorte».

Anche in questa virtù, come in tutte, troviamo in Maria l’esempio e il modello perfetto, che tutti dobbiamo ammirare e, soprattutto, imitare con impegno. Ella è la Virgo potens, è Colei che schiaccia con decisione il capo del serpente infernale, come troviamo scritto nella Genesi (3,15) e nell’Apocalisse (12,9). Già nell’antico Testamento troviamo prefigurata la fortezza della Vergine Maria, come ad esempio nella figura di Giuditta, che si fa ardita e virile nella lotta contro il nemico Oloferne e salva un popolo ormai vicino alla resa disperata. Tagliando coraggiosamente la testa al terribile Oloferne, capo dell’esercito nemico, Ella è figura di Maria Santissima che schiaccia la testa al serpente infernale, salvando con il Figlio il genere umano, quale Corredentrice accanto al Redentore. Leggendo nella fortezza di Giuditta la fortezza di Maria, è stato scritto che Maria Santissima «è stata una donna veramente forte, specialmente sul Calvario, tanto che la storia della salvezza ce la presenta come correden¬trice insieme al Suo Figlio per la salvezza di tutti gli uomini». La fortezza e la purezza, la bellezza e l’audacia splendettero radiose in Giuditta, e in tutte queste virtù, ella sembra prefigurare direttamente Maria, la «benedetta fra le donne» (Lc 1,42), la donna forte per eccellenza, l’Immacolata, la guerriera invincibile che schiaccia la testa al nemico con il suo piede verginale.

Pensando poi alla vita della Vergine Santissima, quale non fu la sua fortezza quando, tenera fanciulla di tre anni, si staccò decisamente dalle braccia dei genitori per consacrarsi al servizio di Dio nel Tempio, ascendendone i gradini con ammirevole intrepidezza! Quanto grande fu il suo coraggio nel far voto della sua verginità a Dio, andando contro le leggi del mondo ebraico; nell’accettare di divenire la Madre del Redentore, ben sapendo i sacrifici crudeli ed eroici che l’avrebbero accompagnata; nel seguire, intrepida e forte, fin sotto la Croce, il suo Figlio e il suo Dio, divenendo con Lui Corredentrice del genere umano. La bellezza della fortezza, l’esempio della Vergine Madre, c’ispirano una santa ambizione di divenire forti anche noi, e di dare alla virtù infusa della fortezza la facilità di un’abitudine acquisita. Tutti possiamo e dobbiamo divenire forti per andare in Paradiso, ricordando le parole di Gesù che dice: «Il regno dei cieli si acquista con la forza, e solo i violenti lo rapiscono» (Mt 11, 12).

Ma quali i mezzi per acquistare tale virtù? Il primo è la preghiera, fervente e costante. Il secondo è la considerazione diligente della passione di Cristo e dei dolori di Maria. Il terzo, l’educazione della volontà, esercitandola a far ciò che costa, avvezzandola a perseverare, anche nelle piccole cose. Quale pregio non hanno, infatti, dinanzi a Dio, i piccoli sacrifici di ogni giorno, il rifiuto spontaneo di certe soddisfazioni? Il quarto e ultimo è la vittoria sulla difficoltà presente. Tutti più o meno ci troviamo in qualche difficoltà: interna, esterna, morale, fisica… San Bonaventura spiega bene dicendo: «Abituiamoci a sopportare le piccole contrarietà, perché chi si lascia abbattere dai leggerissimi mali, non riuscirà mai a tollerare quelli più grandi». Se cediamo, succede che indietreggiamo e apriamo la porta a nuove sconfitte. Se invece siamo decisi a vincere, la vittoria è sicura ed essa aprirà la strada a nuovi trionfi. Mettiamoci ad operare quindi, senza indugio e senza vacillamenti. Invece di lasciarci cadere le braccia e piegare la testa, alziamo la fronte e chiediamo alla Madonna di riempirci di confidenza in Dio, certi che Egli ci darà tutte le grazie necessarie per combattere e vincere le insidie diaboliche e acquistare quella santità che Egli stesso vuole da noi.

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ZENIT Staff

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