Gabriele dell'Addolorata, una santità che si diffonde

Oltre due milioni di pellegrini nel santuario ai piedi del Gran Sasso

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 4 maggio 2012 (ZENIT.org) – Il santo dei giovani, il santo dei miracoli, il santo del sorriso, il santo del cuore, questi sono solo alcuni degli appellativi con cui San Gabriele dell’Addolorata viene conosciuto.

A 150 anni dalla sua dipartita, la sua fama di santità è ancora molto diffusa in Italia e nel mondo.

Per ricordarlo le Poste vaticane porranno uno speciale annullo (timbro) in cui è raffigurato il santo. Inoltre l’Ufficio Filatelico e Numismatico dello Stato della Città del vaticano ha emesso una serie di cartoline postali.

L’immagine scelta per la custodia postale è la prima Chiesa e il nuovo Santuario dedicato a San Gabriele, situati ai piedi del Gran Sasso. I due edifici sono stati riprodotti singolarmente nelle impronte di affrancatura delle cartoline.

Nella conferenza di presentazione delle iniziative per il centocinquantesimo anniversario della dipartita di San Gabriele, svoltasi oggi a Roma, padre Ciro Benedettini, vice direttore della sala Stampa della Santa Sede, ha ricordato le vicende del giovane passionista.

Undicesimo di tredici figli di un famiglia agiata e potente. Il padre Sante Possenti era Prefetto di Assisi che allora faceva parte dello Stato Pontificio sotto Gregorio XVI prima e Papa Pio IX dopo. Fu battezzato nello stesso fonte battesimale in cui fu battezzato San Francesco d’Assisi e per questo venne chiamato Francesco.

All’età di quattro anni perse sua madre, Agnese Frisciotti e la famiglia si trasferì a Spoleto. Frequentò gli insegnamenti dei Fratelli delle scuole cristiane e dei Gesuiti. Si fece subito notare per la sua vivacità, vestiva come un damerino, amava ballare e andare a teatro. La sua passione per la caccia per poco non gli fece perdere la vita. Era ancora ragazzino quando rischiò di morire per una malattia.

Pregò e promise di diventare religioso se fosse guarito. Guarì due volte. E proprio in un momento doloroso in cui perse tre sorelle, durante la processione dell’icona del duomo di Spoleto, il 22 agosto 1856, quando l’immagine della Madonna passò davanti a lui, sentì Maria che gli diceva “Francesco, cosa stai a fare nel mondo? Segui la tua vocazione!” . Il padre non era d’accordo ma Francesco prese i voti nella comunità Passionista, assumendo il nome di ‘Gabriele dell’Addolorata’.

Dai suoi scritti emerge chiaramente l’impegno a  contemplare la Passione di Cristo e i dolori di Maria, secondo il voto tipico dei Passionisti di diffondere la devozione al Cristo Crocifisso e la devozione alla Vergine Addolorata.

Aveva solo 18 anni quando cambiò nome. La vita religiosa dei passionisti era dura, ma Gabriele era felice. Scrisse a suo padre “La mia vita è una continua gioia. La contentezza che io provo è quasi indicibile. Non cambierei un quarto d’ora di questa vita”.

A 19 anni emise la professione religiosa. A 21 anni arrivò nel piccolo convento dei Passionisti a Isola del Gran Sasso (Teramo) per prepararsi al sacerdozio con lo studio della teologia.

Il luogo dove ora si trova il Santuario di san Gabriele, era in quel tempio un posto ameno, ai piedi delle monte più alto degli Appennini, in cui era difficile anche arrivare.

A 23 anni  nella cattedrale di Penne (Pescara), ricevette la tonsura e gli ordini minori, Alla fine dell’anno scoprì di aver contratto la tubercolosi. Ogni tentativo di cura fu vana. Così il 27 febbraio 1862, a soli 24 anni Gabriele dell’Addolorata partì per il cielo.

La sua morte fu ritenuta da tutti come quella di un santo. Sapeva che stava arrivando la sua ora ma non disperava, diceva  “Così vuole Dio, così voglio anch’io”.

Padre Mauro Oliviero, rettore del santuario di San Gabriele, ha raccontato che la fama di santità si manifestò con una serie impressionante di eventi miracolosi nei confronti delle persone che andavano a pregare sulla sua tomba.

Ancora oggi giungono ex voto da tutto il mondo. Al santuario arrivano ogni anno oltre due milioni di  pellegrini. Padre Benedettini ha sottolineato che ci sono trenta confessori a tempo pieno e non bastano a confessare tutta la gente che è in fila.

Il santuario è anche meta di decine di migliaia di giovani che nel mese di marzo portano a benedire le penne, 100 giorni prima dell’esame di maturità.

Di grande impatto culturale anche il Museo ‘Sauros’ d’Arte sacra contemporanea che per l’anniversario ha messo in Mostra “Di annuncio in annuncio” con opere di artisti contemporanei che interpretano l’Annunciazione.

Il prof. Marco Gallo, docente di storia dell’arte alla Lumsa di Roma,  ha spiegato il tentativo di ritrovare l’uomo nell’arte contemporanea e da lì metterlo in relazione con il Sacro. Perchè il Figlio di Dio si è fatto uomo, e non si comprende il sacro nell’arte se non si riparte dallo studio del rapporto tra Dio e l’umanità.

Giuseppe Bacci, il segretario della Fondazione Staurus italiana onlus. Che ha dato vita al Museo ed alla Biennale, ha spiegato il grande impegno per riportare il sacro nell’arte  moderna. Intuizione su cui già monsignor Montini, poi papa Paolo VI, lavorò intensamente.

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ZENIT Staff

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