"Gesù Cristo è il tempio dove Dio è in contatto con il mondo"

Durante l’Udienza generale, il Papa invita i fedeli a seguire la testimonianza e la vita di Santo Stefano

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di Salvatore Cernuzio

CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 2 maggio 2012 (ZENIT.org) – La testimonianza e la preghiera di Santo Stefano, primo martire della Chiesa, sono state al centro della catechesi pronunciata, questa mattina, da Benedetto XVI all’Udienza Generale in Piazza San Pietro.

Santo Stefano, “uno dei sette scelti per il servizio della carità verso i bisognosi”, con il suo martirio “manifesta il fecondo rapporto tra la Parola di Dio e la preghiera” ha detto il Papa ai circa 40mila pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Come narrato negli Atti degli Apostoli (At 6,14), Stefano viene condotto in tribunale, davanti al Sinedrio, dove viene accusato di aver dichiarato che «Gesù distruggerà questo luogo, [il tempio], e sovvertirà le usanze che Mosè ci ha tramandato». “Durante la sua vita pubblica – ha spiegato il Santo Padre – Gesù aveva effettivamente preannunciato la distruzione del tempio di Gerusalemme”, ma Egli “parlava del tempio del suo corpo”.

La testimonianza del santo martire davanti al tribunale, si sviluppa infatti su questa  “profezia” di Gesù, che “è nuovo tempio e sostituisce, con l’offerta che fa di se stesso sulla croce, i sacrifici antichi”. Ciò che Stefano vuole dimostrare, ha proseguito il Papa, è quindi, “l’infondatezza dell’accusa di sovvertire la legge di Mosè” e illustra a tal fine “la sua visione dell’alleanza tra Dio e l’uomo”.

Viene ripercorso, in questo modo, tutto l’itinerario della Sacra Scrittura che conduce al «luogo» della presenza definitiva di Dio, ovvero la Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. In virtù di tale meditazione, Stefano comprende “la sua missione, la sua vita, il suo presente”, guidato sempre “dalla luce dello Spirito Santo, dal suo rapporto intimo con il Signore”.

E’ proprio questo il punto della vita del Santo che riguarda i cristiani di oggi, secondo Benedetto XVI: “In questi eventi narrati dalla Sacra Scrittura – ha osservato – emerge sempre Dio, che non si stanca di andare incontro all’uomo nonostante trovi spesso un’ostinata opposizione”.

Al contrario, Gesù Cristo, invece, non ha opposto alcuno ostacolo e proprio nel suo corpo di uomo ha “reso presente in modo unico e definitivo Dio stesso”.

“La Sua umanità – ha aggiunto il Papa – è il nuovo vero tempio in cui Dio abita […] che raccoglie i popoli e li unisce nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue”.

Si spiega il senso quindi delle parole di Stefano al sinedrio «Dio non abita in costruzioni fatte da mano d’uomo» (At 7,48): Egli “non nega l’importanza del tempio”, ma sottolinea che è il Figlio di Dio il “luogo del vero culto”,  il nuovo “tempio”  dove Dio e il mondo sono realmente in contatto.

“Gesù prende su di sé tutto il peccato dell’umanità – ha detto il Santo Padre – per portarlo nell’amore di Dio e per «bruciarlo» in questo amore. Accostarsi alla Croce, entrare in comunione con Cristo, vuol dire entrare in contatto con Dio, entrare nel vero tempio”.

D’altronde, ha aggiunto Benedetto XVI, è questa la missione che ha realizzato Santo Stefano: “Proprio il suo martirio – ha detto – è il compimento della sua vita e del suo messaggio: egli diventa una cosa sola con Cristo”.

Questa missione, però, il martire cristiano non ha potuta compierla da sé stesso, ma “dal suo rapporto con Dio, dalla sua comunione con Cristo, dalla meditazione sulla storia della salvezza, dal vedere l’agire di Dio”. Da questa fonte, ha sottolineato il Papa, egli “ha tratto la forza per affrontare i suoi persecutori e giungere fino al dono di se stesso”.

Un’esplicita esortazione, quindi, “per la nostra preghiera e per la nostra vita”, affinchè la prima sia “nutrita dall’ascolto della Parola di Dio, nella comunione con Gesù e la sua Chiesa” e l’altra sia soprattutto  “contemplazione quotidiana di Gesù Signore”.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, Benedetto XVI ha poi rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Un pensiero speciale è andato infine “ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli”.

“Cari giovani – questo l’auspicio del Pontefice – non spegnete l’aspirazione alla felicità della vostra età, sapendo trovare la gioia vera, che solo il Risorto può donare; cari ammalati, affrontate coraggiosamente la prova della vostra sofferenza sapendo che la vita va sempre vissuta come dono di Dio; e voi, cari sposi novelli, sappiate trarre dagli insegnamenti del Vangelo quanto è necessario per costruire un’autentica comunità di amore”.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

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ZENIT Staff

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