di Luca Marcolivio
ROMA, sabato, 21 aprile 2012 (ZENIT.org) – Che cosa hanno in comune Antigone ed Eleanor Roosevelt, Bertha von Suttner e Hillary Clinton, Jody Williams e Shirin Ebadi? Ognuna queste donne, vissute nell’arco di tre millenni di storia, si è battuta per i diritti e la dignità di se stesse e dell’umanità intera.
Donne di diritto (Colosseo Editore, 2012) è l’ultimo saggio di Virginia Lalli, giovane avvocatessa romana, responsabile del settore donne per Nuove Frontiere e già coautrice, con Alessia Affinito, de L’aborto e i suoi retroscena (IF Press), coraggiosa pubblicazione a favore dei diritti del nascituro.
Forte della sua formazione giuridica, Lalli ha realizzato un saggio di carattere storico ed antropologico, centrato sui ritratti di quattordici donne, alcune celeberrime, altre pressoché sconosciute ai più, ma tutte estremamente significative in tema di pace, giustizia e progresso umano.
Come sottolinea nella prefazione Vivalda Paolini, avvocato patrocinante in Cassazione, il tema dei diritti delle donne non è avulso dal più ampio e generico tema dei diritti umani e, significativamente, si intreccia con il tema dei diritti del bambino.
Secondo l’avvocato Paolini, Donne di diritto è un saggio che rappresenta una “pregnante eccezione” al detto plautiano/hobbesiano Homo homini lupus, colonna portante di quel filone filosofico, sempre vivo in ogni secolo, che, a torto o a ragione, enfatizza i risvolti ferini e misantropici della natura umana.
Una delle figure femminili che Virginia Lalli riconosce come genuina fonte di ispirazione è Eglantyne Jebb, fondatrice della onlus Save the Children. Come spiega l’Autrice, “alle soglie del XX secolo il bambino era ancora considerato solo in riferimento al mondo adulto”. Fu tuttavia grazie alla pedagogista Ellen Key, indiretta ispiratrice del Children Act del 1908, che le cose iniziarono a cambiare.
L’infanzia diventa una categoria a sé, con diritti specifici, distinti da quelli del mondo adulto. Questa nuova mentalità ispirò profondamente anche Jebb che, all’indomani della Prima Guerra Mondiale, iniziò, attraverso la sua associazione a prendersi cura dei bambini che morivano di fame, in special modo nei paesi sconfitti, come Germania e Austria.
Significativo anche il capitolo dedicato alle suffragette, dove spicca la figura di Mary Wollstonecraft, autrice del pamphlet A Vindication of the Rights of Men, nell’Inghilterra dalla fine del XVIII secolo.
Wollstonecraft rivendicò per prima il diritto delle donne all’educazione, essendo loro stesse le educatrici dei propri figli. Il tutto in un’epoca in cui le donne si ritrovavano ad essere puro “ornamento della società”, imprigionate, come affermava la scrittrice inglese, nello “scrigno dorato” del loro aspetto esteriore, “istruite fin dall’infanzia che la bellezza è lo scettro della donna”.
Tornando indietro nei secoli incontriamo la sorprendente figura di Eleonora d’Arborea, la prima vera “donna di diritto” italiana, ideatrice della Carta de Logu che, nella Sardegna del XIV secolo, per la prima volta segnava un notevole passo avanti nell’uguaglianza uomo-donna di fronte alla legge.
Ai sensi della Carta de Logu, alla donna stuprata – cosa sbalorditiva per l’epoca – veniva concesso il diritto di rifiutare il matrimonio riparatore con il proprio violentatore, il quale era comunque condannato ad un’elevatissima sanzione pecuniaria o, in alternativa, all’amputazione di un piede. Qualora la donna non avesse accettato di sposare il proprio stupratore, questi era condannato a fornirle una dote proporzionata al suo stato sociale per poter sposare un altro uomo.
Rimanendo in tema “forense”, l’Autrice cita altre due donne all’avanguardia: Lidia Poet, alla quale, nel 1881 venne negato il sogno di diventare la prima avvocatessa d’Italia, e Lina Furlan, che, nel 1929, si aggiudicò tale primato.
Due “donne di pace” sono le già citate Bertha von Suttner, ideatrice del Premio Nobel per la Pace, e Jody Williams, pioniera della messa al bando delle mine antiuomo.
Come spiega l’Autrice nell’introduzione, in realtà, le “donne di diritto” sono migliaia e spesso operano nell’ombra, con puro spirito di donazione: le volontarie dei Centri di Aiuto alla Vita, delle onlus contro il turismo sessuale e la tratta di bambini, le attiviste dell’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, che promuove i diritti umani nelle scuole e di cui Virginia Lalli fa parte.
A testimonianza che il contributo femminile è indispensabile per il miglioramento del mondo e che la donna, per le doti di sensibilità e di delicatezza particolare verso i più deboli, che le sono proprie, è in grado di esercitare una sorta di “maternità universale” nei confronti dell’intera famiglia umana.