FRIBURGO, domenica, 25 settembre 2011 (ZENIT.org).- Se la Chiesa vuole realizzare appieno la sua missione, deve “distaccarsi dalla mondanità”, facendo sì che la chiamata all’apertura prevalga sull’attenzione a organizzazione e istituzionalizzazione.
E’ quanto ha ricordato il Papa questa domenica pomeriggio nella Konzerthaus di Friburgo ai cattolici impegnati nella Chiesa e nella società, nell’ultimo incontro della sua visita di quattro giorni in Germania, iniziata giovedì.
“Da decenni”, ha riconosciuto il Pontefice nel suo discorso – il più lungo tra quelli pronunciati in questo 21° viaggio apostolico all’estero, il terzo nella sua patria -, “assistiamo ad una diminuzione della pratica religiosa, constatiamo un crescente distanziarsi di una parte notevole di battezzati dalla vita della Chiesa”.
“Emerge la domanda: la Chiesa non deve forse cambiare? Non deve forse, nei suoi uffici e nelle sue strutture, adattarsi al tempo presente, per raggiungere le persone di oggi che sono alla ricerca e in dubbio?”.
Quando venne chiesto alla beata Madre Teresa di dire quale fosse, a suo avviso, la prima cosa da cambiare nella Chiesa, rispose “Lei ed io!”.
Questo episodio, ha spiegato il Papa, rende evidenti due cose: “da un lato, la religiosa intende dire all’interlocutore che la Chiesa non sono soltanto gli altri, non soltanto la gerarchia, il Papa e i Vescovi: Chiesa siamo tutti noi, i battezzati”; “dall’altro lato, essa parte effettivamente dal presupposto: sì, c’è motivo per un cambiamento. Esiste un bisogno di cambiamento”, perché “ogni cristiano e la comunità dei credenti sono chiamati ad una continua conversione”.
Il Pontefice si è quindi chiesto come debba configurarsi concretamente questo cambiamento e se si tratti di una sorta di restauro o di “una correzione, per riprendere la rotta e percorrere in modo più spedito e diretto un cammino”.
“Questi ed altri aspetti hanno importanza”, ha riconosciuto, “ma per quanto riguarda la Chiesa, il motivo fondamentale del cambiamento è la missione apostolica dei discepoli e della Chiesa stessa”.
La Chiesa, infatti, “deve sempre di nuovo verificare la sua fedeltà a questa missione”, perché “a causa delle pretese e dei condizionamenti del mondo” “la testimonianza viene ripetutamente offuscata, vengono alienate le relazioni e viene relativizzato il messaggio”.
Se è vero che la Chiesa “deve sempre di nuovo aprirsi alle preoccupazioni del mondo e dedicarsi senza riserve ad esse, per continuare e rendere presente lo scambio sacro che ha preso inizio con l’Incarnazione”, per Benedetto XVI nello sviluppo storico si manifesta anche “una tendenza contraria”, “quella cioè di una Chiesa che si accomoda in questo mondo, diventa autosufficiente e si adatta ai criteri del mondo”.
“Essa dà così all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’apertura”, ha ammesso.
Per “corrispondere al suo vero compito”, la Chiesa “deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi dalla mondanità del mondo”.
“Liberata dal suo fardello materiale e politico, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo” e “può nuovamente vivere con più scioltezza la sua chiamata al ministero dell’adorazione di Dio e al servizio del prossimo”.
“Vi è una ragione in più per ritenere che sia nuovamente l’ora di togliere coraggiosamente ciò che vi è di mondano nella Chiesa”, ha proseguito Benedetto XVI: “una Chiesa alleggerita degli elementi mondani è capace di comunicare agli uomini”, “ai sofferenti come a coloro che li aiutano”, “la particolare forza vitale della fede cristiana”.
“Anche le opere caritative della Chiesa devono continuamente prestare attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte ad un crescente allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino – ha rilevato –. Solo il profondo rapporto con Dio rende possibile una piena attenzione all’uomo, così come senza l’attenzione al prossimo s’impoverisce il rapporto con Dio”.
“Essere aperti alle vicende del mondo significa quindi, per la Chiesa ‘demondanizzata’, testimoniare, secondo il Vangelo, con parole ed opere qui ed oggi la signoria dell’amore di Dio”, ha dichiarato Benedetto XVI.
“Questo compito”, ha concluso, “rimanda al di là del mondo presente: la vita presente, infatti, include il legame con la vita eterna”.