BERLINO, giovedì, 22 settembre 2011 (ZENIT.org).- La Chiesa non è “una delle tante organizzazioni in una società democratica”, ma il Corpo stesso di Cristo, e appartenere al Corpo di Cristo rappresenta una decisione “seria” che ciascuno deve prendere.
“Alcuni guardano la Chiesa fermandosi al suo aspetto esteriore”, ha constatato il Papa, e così “la Chiesa appare solo come una delle tante organizzazioni in una società democratica, secondo le cui norme e leggi, poi, deve essere giudicata e trattata anche una figura così difficile da comprendere come la ‘Chiesa’”.
“Insoddisfazione e malcontento vanno diffondendosi, se non si vedono realizzate le proprie idee superficiali ed erronee di ‘Chiesa’ e i propri ‘sogni di Chiesa’”, ha sottolineato il Papa.
Il Pontefice si è quindi riferito al Vangelo proclamato poco prima, sulla vite e i tralci che devono restare innestati per non seccarsi.
In questa parabola, ha spiegato, “Gesù non dice: ‘Voi siete la vite’, ma: ‘Io sono la vite, voi i tralci’”, il che significa: “Così come i tralci sono legati alla vite, così voi appartenete a me! Ma appartenendo a me, appartenete anche gli uni agli altri”.
Questa relazione reciproca, ha avvertito il Papa, “non è una qualsiasi relazione ideale, immaginaria, simbolica, ma – vorrei quasi dire – un appartenere a Gesù Cristo in senso biologico, pienamente vitale”.
“Egli continua a vivere nella sua Chiesa in questo mondo. Egli è con noi, e noi siamo con Lui”, ha aggiunto. “Quindi è Gesù che colpiscono le persecuzioni contro la sua Chiesa. E, allo stesso tempo, noi non siamo soli quando siamo oppressi a causa della nostra fede. Gesù è con noi”.
La Chiesa è il “sacramento universale di salvezza”, che esiste “per i peccatori, per aprire loro la via della conversione, della guarigione e della vita. Questa è la vera e grande missione della Chiesa, conferitale da Cristo”, ha indicato, respingendo altre “idee superficiali”.
“Ognuno di noi è messo di fronte a tale decisione. Il Signore, nella sua parabola, ci dice di nuovo quanto essa sia seria: ‘Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano’”.
Questa dicotomia “ci fa capire, in modo insistente, il significato esistenziale della nostra decisione di vita”.
Allo stesso tempo, ha proseguito, l’immagine della vite “è un segno di speranza e di fiducia”, perché “Dio sa trasformare in amore anche le cose pesanti e opprimenti nella nostra vita. Importante è che ‘rimaniamo’ nella vite, in Cristo”.
“Rimanere in Cristo significa rimanere anche nella Chiesa. L’intera comunità dei credenti è saldamente compaginata in Cristo, la vite. In Cristo, tutti noi siamo uniti insieme”.
“In questa comunità Egli ci sostiene e, allo stesso tempo, tutti i membri si sostengono a vicenda. Essi resistono insieme alle tempeste e offrono protezione gli uni agli altri. Noi non crediamo da soli, ma crediamo con tutta la Chiesa”, ha concluso.
Diocesi di martiri
Nel suo saluto al Papa, l’Arcivescovo di Berlino, Rainer Maria Woelki, ha sottolineato la “grande gioia e partecipazione interiore” con cui i fedeli tedeschi hanno accolto il Pontefice.
A Berlino, ha ricordato, appena un abitante su tre appartiene a una Chiesa cristiana. “Si è dimenticato Dio”, ha riconosciuto, ma “tante persone cercano Dio e chiedono di Dio”.
Allo stesso modo, un cattolico su cinque in città non è di origine tedesca, creando così un forte legame con il mondo intero.
La capitale tedesca, ha aggiunto, è anche una città ricca di martiri, che con la loro testimonianza rafforzano i fedeli.
L’Arcivescovo di Berlino ha quindi chiesto al Papa di confermare i suoi fratelli nella fede. “Solo dove c’è Dio c’è futuro – ha affermato –. E un altro futuro non l’abbiamo”.
Benedetto XVI ha ricevuto in dono un quadro e un casco da operaio, e ha ricambiato con un calice.
Durante la consegna dei doni, la folla festante scandiva il suo nome in italiano: “Benedetto!”.