La spiritualità eucaristica di Papa Paolo VI

ROMA, sabato, 3 settembre 2011 (ZENIT.org).- La figura e l’opera di Paolo VI sono state rievocate il 6 agosto agosto, trentatreesimo anniversario della sua morte, in due celebrazioni, una nella Basilica di San Pietro e l’altra nella chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo.

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Nell’omelia della Messa celebrata nella Basilica vaticana l’Arcivescovo-vescovo di Trieste, monsignor Giampaolo Crepaldi, ha inserito il ricordo del Pontefice bresciano nel suo rapporto profondo con l’Eucaristia.

Riportiamo di seguito il testo integrale dell’omelia di mons. Crepaldi.

* * *

Eminenze, Eccellenze, Confratelli nel Sacerdozio, carissimi fratelli e sorelle,

È con animo commosso che presiedo questa celebrazione eucaristica presso l’altare della Cattedra nella Basilica Vaticana in memoria del Servo di Dio Papa Paolo VI, continuando la devota tradizione avviata dall’Arcivescovo Pasquale Macchi, solerte e generoso Segretario del compianto Pontefice. Questa Basilica, nella quale risuonò più volte il Magistero di Papa Montini, resta un coinvolgente memoriale di straordinari eventi ecclesiali legati al ministero del defunto Pontefice: le sessioni del Concilio da Lui presiedute, gli incontri con il Patriarca Atenagora, la soppressione delle scomuniche e la proschinesi da Lui voluta quale gesto riparatorio per le divisioni del 1054 con il suo inginocchiarsi davanti al Metropolita Melitone. Un Pontefice, Paolo VI, che designò quale Pastore della Chiesa di Monaco il teologo Ratzinger, oggi Benedetto XVI, elevato da  Lui anche alla porpora cardinalizia.  Cari fratelli e sorelle, che siete venuti in questo luogo di singolare significatività per tutto l’Orbe Cattolico a fare memoria dell’opera e della persona di Paolo VI, consentitemi una breve riflessione su quanto il Servo di Dio ha offerto all’intera Chiesa Cattolica circa il mistero dell’Eucaristia. Vuole essere questo un piccolo contributo per preparaci al meglio alla celebrazione, nel prossimo settembre, del Congresso Eucaristico Nazionale Signore da chi andremo?

Paolo VI costruì la sua spiritualità sull’Eucarestia, celebrata ed adorata. I pomeriggi delle domeniche — non impegnate nei viaggi apostolici o nelle visite alla Parrocchie romane — venivano trascorsi nella sua cappella — resa preziosa da opere di artisti da Lui apprezzati e conosciuti — davanti al Tabernacolo, dove rimaneva in lunga e orante adorazione, affidando a Cristo eucaristico problemi e soluzioni per il rinnovamento spirituale e pastorale della Chiesa. Sì, l’Eucaristia, assieme alla preghiera del Rosario, contraddistinse la pietas di Montini, sacerdote, vescovo e Sommo Pontefice. L’educazione giovanile presso i sacerdoti dell’Oratorio delle Grazie di Brescia, dove l’amore alla liturgia e lo spirito liturgico comunicato da uomini di formidabile statura, quali il futuro card. Giulio Bevilacqua ed il futuro vescovo di Crema mons. Carlo Manziana, influì in maniera determinante sulla formazione spirituale del giovane Montini. I suoi soggiorni nell’Abbazia benedettina di Engelberg in Svizzera e le Settimane a Camaldoli affinarono il suo spirito ad una vita eucaristico-liturgica “actenta ac devota”. L’affermazione di de Lubac — l’Eucarestia fa la Chiesa e la Chiesa fa l’Eucarestia — Montini la propose e la sottolineò al suo presbiterio ambrosiano quale interiore tensione da vivere nella quotidianità della vita pastorale. È ancora viva, per auditu, l’ammirazione dei fedeli di Melkal per la compostezza liturgica e la presenza adorante nella chiesa parrocchiale di quel piccolo villaggio delle Alpi Svizzere, dove l’arcivescovo Montini passava con il fratello Francesco e la sua famiglia qualche giorno di vacanza, ai primi di agosto, negli anni del suo ministero a Milano. Montini era solito leggere davanti al Tabernacolo della sua cappella nell’arcivescovado le lettere che gli pervenivano dai più stretti collaboratori del S. Padre. Eucaristia e ministero petrino erano per Lui in stretta connessione. Non è forse sulle rive del lago di Tiberiade, non lontano da Cafarnao, che il Signore Gesù ci offrì la dottrina del pane eucaristico che è il suo Corpo dato per la vita del mondo, e non è grazie alla fede di Pietro — Signore da chi andremo? —, che Cristo Gesù, riconoscendo la volontà del Padre, conferì il primato al Pescatore di Galilea, costituendolo sua Roccia per la fede di chi avrebbe guardato a Cristo quale salvatore e redentore?

Il Papa Paolo VI, pur in una rispettosa attenzione verso ogni realtà culturale, sociale e religiosa, era ben consapevole della missione che il Signore gli aveva affidato. A Ginevra, nell’ambito di un incontro ecumenico, davanti ai rappresentanti delle Chiese sorelle e delle Comunità ecclesiali affermò: «Sono Pietro e in virtù di questo pondus indico e cerco con voi la strada della verità e dell’unità». Quel memorabile discorso — come fu confidato da mons. Macchi ad un sacerdote suo collaboratore per la causa di beatificazione di Paolo VI — lo limò, lo lesse e rilesse davanti all’Eucaristia. È proprio nell’Eucaristia, vero Corpo e Sangue di Cristo, mistero grande della nostra fede, che si deve cercare l’anima apostolica di Paolo VI. La strada del dialogo, da Lui indicata quale attenzione di carità evangelica per l’offerta della verità all’uomo moderno, sia credente che non credente, trae le sue radici da quel dialogo fatto Persona che è Cristo Gesù, il quale continuamente si pone alla ricerca di chi è smarrito o si è allontanato. Ricordava Jean Guitton che quando si recava a Castel Gandolfo per la compilazione del suo libro Dialoghi con Paolo VI, il Santo Padre, per prima cosa, lo invitava a fare una breve visita al Santissimo nella Cappella del Palazzo Apostolico. Fu proprio in una di quelle visite che Guitton suggerì al Papa di coprire le scene di guerra affrescate in quel luogo santo.

Possiamo ben dire che per comprendere la figura e l’opera di Paolo VI è necessario scoprire il suo rapporto profondo con l’Eucaristia, Mistero Pasquale di Cristo per la salvezza del mondo, vera e reale presenza del Signore in mezzo ai Suoi e per l’autentica riforma di ogni cristiano e dell’intero Popolo di Dio.  E’ questa presenza che noi dobbiamo cercare perché solo in Essa vi sono parole di vita eterna. Così l’Arcivescovo Montini si esprimeva nell’omelia del Corpus Domini a Milano nel 1956: «Infatti l’Eucaristia diffonde sopra di noi e dentro di noi un invito a penetrare, oltre lo schermo delle specie sensibili, fino alla realtà d’una divina presenza. Questo invito fa scuola per tutta la nostra vita spirituale ed intellettuale.  Di che cosa, infatti, ha maggiormente bisogno la nostra vita, sovreccitata dagli aspetti sensibili, esteriori, materiali, fenomenici della scena terrena, se non di essere richiamata, da un lato, alla vita interiore e superiore dello spirito, dall’altro, all’intelligenza profonda del Pensiero, della divina Sapienza, che governa il mondo e le sue leggi? Ed ancora. Ci parla l’Eucaristia, nel suo segno sacramentale, di un sovrano disegno di pace e di unione. “Come questo pane macinato era prima grano sparso qua e là per i colli — dice un antichissimo testo cristiano (Didachè, IX) —, e poi divenne una cosa sola, così si raccolga la tua Chiesa, o Signore, dai confini della terra nel tuo regno; perché tua è la gloria e la potenza per Gesù Cristo nei secoli”. Segno di pace e di unione della Vita divina con la nostra; di pace e di unione dei nostri cuori fra loro, resi fratelli e solidali dalla comunione con l’unico Cristo. E di quale più urgente rimedio, di quale più solido vincolo ha bisogno il mondo in cui viviamo, la nostra vita sociale, la nostra stessa città, che quello d’un legame sincero ed affettuoso di fraternità, di concordia di sentimenti e di opere, di unità di pensiero e di fede, di pace e di amore? E poi ancora. Ci è segno l’Eucaristia d’un dono, infinitamente amoroso e generoso, d’un dono totale di Cristo per la nostra salvezza; è il Suo sacrificio, che si rispecchia e si contiene nel sacramento; è la Sua immolazione resa presente e perenne.

E non dovremmo esultare che questa pubblica esaltazione del sacrificio redentore di Cristo venga a proclamare fra noi, anche nella nostra vita civile contro l’egoismo che paralizz
a e soffoca il senso sociale, la legge della bontà generosa, dell’eroismo salvatore, del sacrificio di sé per il bene altrui, e che ancora ci richiami a rigenerare nell’amore la nostra vita privata, familiare e sociale? Sì; Gesù, anche nell’Eucaristia, è Maestro…» (Mons. G.B. Montini, Discorso al termine della processione del Corpus Domini, Milano 31.5.1956).

A Voi, cari Confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, a voi estimatori del Servo di Dio Paolo VI, a Voi che lo Spirito ha costituito Assemblea dei Redenti in questa solenne celebrazione, rivolgo a me e a tutti voi questo umile invito: seguiamo, ascoltiamo Cristo, Pastore e Maestro, lasciandoci accompagnare dalla fede nell’Eucaristia del Servo di Dio Paolo VI, che auspichiamo di venerare presto tra i Beati.

Basilica Vaticana, 6 agosto 2011
Trasfigurazione del Signore

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ZENIT Staff

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