La Chiesa può aiutare la riconciliazione nello Sri Lanka

I cattolici sono presenti in entrambi i gruppi etnici del Paese

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ROMA, lunedì, 25 luglio 2011 (ZENIT.org).- La Chiesa può giocare un ruolo fondamentale nell’aiutare a guarire le ferite dello Sri Lanka dopo la lunga guerra civile che ha travagliato il Paese.

Il Cardinale Malcolm Ranjith di Colombo lo ha commentato all’associazione caritativa internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), sottolineando che anche se i cattolici rappresentano solo una minoranza della popolazione sono in una posizione cruciale per aiutare a promuovere la riconciliazione tra i due gruppi etnici dello Sri Lanka.

Il porporato ha parlato dopo la fine di un conflitto ventennale, indicando che la Chiesa può aiutare a ripristinare la fiducia tra cingalesi e tamil perché i cattolici sono presenti in entrambe le comunità.

“Non dobbiamo mai dire di essere prima cingalesi e poi cristiani. Dobbiamo dire che siamo prima cristiani e poi cingalesi”, ha indicato. “Lo stesso vale per i tamil. Devono essere prima cristiani, perché come cristiani abbiamo certi principi che dobbiamo seguire”.

“Se li seguiamo in modo sincero, senza assumere una sorta di atteggiamento di parte, possiamo costruire ponti tra le divisioni”, ha dichiarato.

Fino al maggio 2009, quando le forze governative con base a Colombo hanno prevalso sulle Tigri Tamil, la guerra durata 25 anni è costata la vita a 100.000 persone.

In mezzo a continue tensioni tra i due gruppi etnici, il Cardinale ha descritto come le iniziative religiose possano aiutare a unificare gli abitanti dello Sri Lanka, e ha portato l’esempio di come sia i pellegrini cingalesi e che quelli tamil visitino il Santuario di Nostra Signora di Madhu.

A suo avviso, attività di questo tipo possono agire “come un catalizzatore, come un esempio del fatto che la gente può convivere nella nostra fede”.

“Dobbiamo essere testimoni, non tanto con le parole ma con le azioni – il modo in cui viviamo l’uno con l’altro”, ha affermato.

“Visto che siamo cristiani, pur essendo cingalesi o tamil, è fondamentale che cerchiamo di costruire per quanto possibile la fraternità e la comprensione –; è questo il modo in cui possiamo dire agli altri che i cristiani non hanno problemi di razza e lingua”.

Su una popolazone totale di 20 milioni di abitanti, i cristiani nello Sri Lanka rappresentano l’8%, divisi sia nelle zone del Paese dominate dai cingalesi che in quelle a prevalenza tamil.

Il Cardinale Ranjith ha spiegato come prima della guerra gli studi al seminario abbiano aiutato ad abbattere le divisioni visto che gli allievi di entrambi i gruppi etnici studiavano insieme.

“Avevamo una buona amicizia. Alcuni di noi che hanno studiato insieme si frequentano ancora e non c’è alcun probema, perché è la nostra fede che ci unisce”.

“Purtroppo a causa di questa guerra la Diocesi del nord ha dovuto erigere un nuovo seminario per i suoi studenti, il che è un peccato perché ciò che è necessario è la nostra unione”, ha commentato.

Ad ogni modo, ha spiegato di aver collaborato con il Vescovo Thomas Savundaranayagam della Diocesi di Jaffna, dove si trova il seminario della zona nord, e che vi sta inviando seminaristi dall’Arcidiocesi di Colombo per studiare Filosofia.

“Questi studenti sono cingalesi, ma sono al nord, studiano tamil. Voglio che studino entrambe le lingue. Quando torneranno a Colombo potranno essere agenti di riconciliazione e pace nel nostro popolo”.

Il Cardinale ha anche ringraziato Aiuto alla Chiesa che Soffre per l’aiuto che ha fornito alla Chiesa durante e dopo la guerra civile, ad esempio sostenendo i seminaristi, la catechesi e i materiali educativi cristiani, aiutando i sacerdoti e promuovendo il restauro di edifici religiosi danneggiati durante la guerra civile.

ACS ha anche fornito aiuti di emergenza per gli sfollati durante il conflitto. Per il porporato, 25.000 persone restano ancora nei campi.
 
 

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ZENIT Staff

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