ROMA, venerdì, 8 luglio 2011 (ZENIT.org).- Un incontro sul tema “Conseguenze etiche della crisi economica” si è svolto mercoledì sera all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, con l’intervento dell’on. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati, del prof. Ettore Gotti Tedeschi, presidente dell’Istituto per le Opere di Religione, del dott. Stefano Boccadoro, amministratore delegato della Santander Private Banking, e dell’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Maria Greco, che ha introdotto i relatori.
Parlando della crisi, l’ambasciatore italiano ha indicato un esempio classico nel rapporto tra etica ed economia: il mercato dei beni alimentari. “E’ indubbio che trattare il cibo alla stregua di qualsiasi altra merce, così come succede con molte industrie dell’agrobussines, che guarda alla massimizzazione del profitto, porti a un’emergenza come quella che stiamo vivendo in scala planetaria. Si tratta quindi di riaffermare anche in questo caso il primato della persona umana sugli affari”.
Ciò, ha tuttavia precisato, “non significa essere nemici del mercato, ma capire che questo deve servire l’uomo e non l’uomo il mercato”. Nel caso concreto dell’Italia, ha considerato e segnalato tra i fattori della crisi “una mancanza di identità e la perdita di valori”.
Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ha affermato che non si è ancora usciti dalla crisi, e quindi è opportuno chiedersi “qual è il nostro giudizio sulle nostre responsabilità”, ovvero “serve una verifica”.
Lupi ha sottolineato che “il Papa denuncia che la nostra debolezza è non fermarci a giudicare, quando è il giudizio che permette di non rendere estranea la realtà”.
Ha poi ricordato come nella “Caritas in Veritate” abbia sconfitto quel concetto per anni diffuso in Occidente della neutralità etica dell’economia perché l’uomo è al centro.
E se nel cercare l’uscita dalla crisi si è discusso il mercato, per l’onorevole “più regole, più Stato e meno mercato è una tentazione che non dobbiamo correre, e non la corriamo se ritorniamo al soggetto che è capace di uscire dalla crisi, se il soggetto è la persona. Il problema allora non è più regole e più Stato, ma è regole che aiutino a sollecitare ancora di più la persona”.
Ha dunque indicato due atteggiamenti diversi dinanzi alla crisi che ha constatato in prima persona. Dopo una calamità naturale, due imprenditori hanno ottenuto un risarcimento. Il più anziano ha preso i soldi del risarcimento e ha chiuso l’azienda, il più giovane invece l’ha riaperta. “Gli ho chiesto perché lo ha fatto, e mi ha detto: perché non potevo pensare soltanto a me stesso, dovevo pensare ai figli, ai lavoratori e alla mia piccola comunità”.
Entrambi gli atteggiamenti erano giusti, “ma la coscienza di un compito più grande collegato alla propria responsabilità, vale a dire una radice etica, condiziona positivamente lo sviluppo economico”.
Il parlamentare ha sottolineato che Benedetto XVI richiama a una responsabilità. Qual è la sfida?, si è chiesto. E ha risposto: rafforzare il nucleo fondamentale, la famiglia. Le politiche economiche che non guardano a questo scindono economia ed etica. Non è un discorso cattolico, ma i cattolici lo fanno con forza. Esiste anche una sfida educativa. Non sono solo le leggi o gli aiuti economici, si tratta di ritornare ad avere una concezione propria della persona e della famiglia, e dell’impresa che torna al fondamento stesso dell’azione.
Gotti Tedeschi, dal canto suo, ha indicato che “il Papa fra le righe dice: noi cattolici non dobbiamo dare la colpa agli strumenti quando siamo noi che li usiamo male. Non sono gli strumenti che vanno rinnovati, ma l’uomo. La medicina, l’economia e altri sono strumenti, quello che li rende etici o meno è l’uso che ne fa l’uomo”.
Il banchiere ha indicato che nell’introduzione all’Enciclica Benedetto XVI spiega che l’origine della crisi sta nel nichilismo dominante e nella perdita progressiva dei valori.
“All’origine di questa crisi c’è il fatto di non aver avuto un rispetto totale della vita e della dignità dell’uomo (la Humanae Vitae) e del tipo di progresso che l’uomo deve seguire, un progresso integrale (Populorum Progressio)”.
Ha anche criticato il progresso consumistico come quello degli ultimi trent’anni, e in più a debito. Sono stati ignorati l’uomo e la sua dignità, e si è innescato un progresso soltanto materiale.
Per Gotti Tedeschi, la crisi nata dalla perdita della consapevolezza della dignità della persona umana si riduce alla fine in un dilemma: “se l’uomo è figlio di Dio o è l’evoluzione di un bacillo. E se il fine giustifica i mezzi e quindi la vita non ha senso. La differenza, dunque, è in questa visione laicista, in cui la vita non ha un senso soprannaturale”.
La conseguenza morale è l’evoluzione negativa relativa alla dignità dell’uomo: dall’uomo centrale si arriva progressivamente all’uomo produttore, consumatore, cancro della natura, uomo inutile e costoso come gli anziani.
Approfondendo questo punto, ha indicato che “si è puntato alla crescita del PIL molto consumistico grazie alla riduzione delle nascite. Quindi 30 anni fa il 12% delle persone era pensionato, mentre oggi lo è il 26%, e per pagare i costi fissi dello Stato si è passati dal 25% di tasse al 51% di oggi. E l’anziano non è più sopportabile dal punto di vista economico. Si sta diffondendo la dottrina della morte moderna, la morte di consapevolezza”.
Stefano Boccadoro, amministratore delegato della Santander Private Banking, con dati alla mano su PIL, distribuzione del reddito e altri indicatori economici di diversi Paesi ha considerato che la tradizione cattolica ha permesso in Italia una distribuzione della ricchezza più equa rispetto ad altri Paesi.
Anche se l’Italia è un Paese con mille difficoltà, ha affermato, i numeri dicono cose diverse di quanto indicano le agenzie di rating. “E’ il bilancio familiare che conta, non quello delle agenzie che puntano alla speculazione del mercato”, ha detto.
Ha infine paragonato l’Italia a una mamma indebitata ma con dei figli, gli italiani, ricchi, e ha considerato che i pochi debiti dei figli devono aiutare la mamma. Questo, ha indicato, in parte “perché abbiamo offerto servizi sociali a prezzi al di sotto del mercato”.