Portare le chiavi dei tesori della Chiesa

Intervista al custode del sacrario pontificio, padre Pavol Benedik

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di Mariana Šarpatakyová

ROMA, venerdì, 27 maggio 2011 (ZENIT.org).- Le mansioni quotidiane del padre agostiniano Pavol Benedik lo portano a contatto con alcuni dei tesori più preziosi della Chiesa: la Cappella sistina rientra nella sua normale routine, così come i sontuosi paramenti e i calici ornati di pietre preziose, usati per onorare Nostro Signore attraverso i secoli.

Il sacerdote slovacco è custode del sacrario pontificio dal 2006. Un lavoro che lo porta spesso a contatto anche con i tesori viventi della Chiesa: il Successore di Pietro e altri eminenti uomini di Chiesa.

ZENIT ha parlato con padre Benedik del suo lavoro.

Padre, lei ricopre una posizione molto importante ed è anche un sacerdote agostiniano. Perché il suo Ordine monastico l’ha incaricata di questo interessante e nobile servizio?

Padre Benedik: Sin dal XIII o XIV secolo, i grandi ordini monastici si sono messi a servizio della Santa Sede. Per secoli i dominicani sono stati i teologi papali, i cappuccini i predicatori e intorno al 1400, fino al 1600, noi agostiniani abbiamo lavorato nel sacrario pontificio. Nel nostro servizio, allora, era ricompresa anche la biblioteca del Santo Padre. Poi, l’amministrazione della biblioteca e del sacrario pontificio sono state separate e il nostro Ordine ha mantenuto il acrario. Ci occupiamo degli oggetti sacri – oggetti che appartengono al Santo Padre – e delle cappelle papali in Vaticano.

Fino al 1992, il mio ruolo era ricoperto sempre da un vescovo. Successivamente, è stato assegnato a uno dei nostri confratelli. Personalmente, svolgo questo servizio dal 2006. Questo è il nostro compito, che svolgiamo in collaborazione con il cerimoniere del Papa, l’arcivescovo Piero Marini.

Ci troviamo nel suo ufficio, adiacente alla Cappella sistina. Intorno a noi vediamo degli armadi di legno. Cosa c’è al loro interno? Solo oggetti dell’attuale Papa?

Padre Benedik: Ci sono molte cose, alcune delle quali sono antiche. Molti oggetti, tuttavia, sono scomparsi all’epoca di Napoleone Bonaparte. Molti oggetti preziosi sono stati presi e distrutti: tiare, calici, ecc. Lui sapeva che con la fine della guerra sarebbe stato necessario – in base agli accordi militari internazionali – restituirli. Per questo ha fatto fondere i calici e altri oggetti storici molto importanti. Delle quattro tiare che ha sottratto, non ne è stata salvata neanche una. L’unica cosa che è stata salvata è lo smeraldo della tiara di Giulio II, che Napoleone ha collocato in una nuova tiara che ha dato a Pio VII. Abbiamo anche i calici del XIV secolo. La maggior parte delle cose risalgono all’epoca dei Papi Leone XIII e Pio IX. Ci sono casule, cappe e cappe papali.

In che occasioni incontra il Santo Padre? Come si svolgono i vostri incontri personali?

Padre Benedik: Ci incontriamo principalmente per le Messe pubbliche, per le funzioni liturgiche. Prepariamo tutto ciò di cui ha bisogno: paramenti, pissidi, tutto. Prima dell’inizio della Santa Messa lui rimane in silenzio senza proferire parola. Non parla perché non c’è motivo di parlare.

La fa chiamare prima, per vedere ciò che occorre per la Messa?

Padre Benedik: Noi prepariamo tutto in collaborazione con monsignor Marini. Non abbiamo mai avuto problemi, anche se molte volte l’Arcivescovo ha detto di essersi consultato con il terzo piano [dove abita il Papa, ndr].

Benedetto XVI celebra la Messa anche privatamente. Dove avviene questo e in che lingua?

Padre Benedik: Le Messe private sono sempre celebrate negli appartamenti papali, nella sua cappella. Ogni mattina celebra la Messa con i suoi segretari e le sorelle della comunità Memores Domini.

Poi ci sono le cosiddette Messe semipubbliche, aperte a più persone, che però non potrebbero entrare nella cappella. Per motivi di capienza, quindi, queste sono celebrate nella cappella Redemptoris Mater o nella cappella paolina. Le celebrazioni sono solitamente in latino e le letture in italiano.

Il Papa usa paramenti e pissidi che usavano i suoi predecessori? Riceve doni di questo tipo, da usare nelle funzioni liturgiche?

Padre Benedik: Certamente utilizza oggetti dei Papi precedenti. Per esempio, il 1° gennaio ha usato i paramenti liturgici di Paolo VI. Usa anche oggetti del XVIII e XIX secolo. Non è infrequente.

Subito dopo la sua elezione ha usato solo cose di Giovanni Paolo II perché non ne aveva di sue. Aveva solo la propria mitria cardinalizia, in cui lo stemma cardinalizio era stato sostituito con quello papale.

Mi chiede se è possibile regalare paramenti al Papa? Certamente è possibile ed è anche molto importante. Anche altri doni, a seconda di chi li vuole fare. Questi doni sono una forma di rispetto. La maggior parte degli oggetti che custodiamo sono stati donati: calici e altri oggetti dati ai Papi Pio IX e Leone XIII. Tutti questi sono generalmente oggetti donati.

Come si deve procedere se si vuole portare un dono al Papa? A chi bisogna rivolgersi?

Padre Benedik: Se qualcuno vuole fare un dono deve scrivere alla prefettura della Casa pontificia o all’Ufficio delle celebrazioni liturgiche. Il dono viene poi consegnato durante le udienze. È necessario solamente dare precedentemente una notifica.

Benedetto XVI si serve di una sola persona o azienda per i suoi paramenti e le sue scarpe?

Padre Benedik: No, non c’è un solo soggetto. E non credo che sarebbe opportuno: sarebbe come avallare un monopolio. Se qualcuno ci dona qualcosa, è un altro discorso, ma se dobbiamo noi ordinare qualcosa, non vedo perché usare solo un’azienda. Anche il prezzo ha la sua rilevanza. Scegliamo l’offerta migliore.

Cosa le piace di più del suo servizio? Ci può raccontare qualche esperienza particolarmente interessante?

Padre Benedik: È difficile sceglierne una sola. Sono contento perché il lavoro che svolgo è gratificante. Mi porta gioia spirituale e soddisfazione. Non avrei mai pensato che sarei potuto arrivare sin qui. E’ stato il mio superiore generale ad affidarmi questo incarico: mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto farlo e io ho risposto di sì.

Poi ci sono i momenti in cui sto a diretto contatto con il Santo Padre. È una persona molto umile e sollecita. Devo dire che non ha mai avuto richieste speciali. Si veste umilmente e in silenzio, e anche questa è un’intensa esperienza spirituale.

D’altra parte, incontro anche altre persone con grandi doti spirituali. Questa mattina, per esempio, ero presso l’abitazione di padre Raniero Cantalamessa [il Predicatore della Casa Pontificia, ndr].

Nel suo lavoro lei attraversa regolarmente la Cappella sistina. Per lei è diventata ormai come una qualsiasi altra sala?

Padre Benedik: Talvolta è molto difficile anche solo attraversarla per quanto è stracolma di persone. Ma spesso mi capita anche di scoprire cose nuove, o che le persone mi facciano domande su determinate cose. Altre volte l’attraverso non come un turista: spesso non ho proprio tempo per fare diversamente. Mi piace starci quando la Cappella è chiusa al pubblico. Guardare, meditare, pensare alle cose che richiedono silenzio. Nei libri si possono acquisire molte informazioni, ma per me, essere lì, è come una catechesi.

Ho avuto un’occasione unica nel mese di agosto dello scorso anno. Stavano pulendo i muri della Cappella. Il lavoro è iniziato la sera e si è concluso durante la notte. Ho avuto l’opportunità di vedere i dipinti da vicino, grazie alle piattaforme. Per esempio, il Giudizio universale è un’altra cosa visto da vicino. È stata un’esperienza meravigliosa.

Lei porta con sé molte chiavi. Quale di esse è insostituibile? Quali tesori sono accessibili con esse?

Padre Benedik: Due sono molto importanti: una apre il sacrario, dove si trovano
gli anelli del Santo Padre. L’altra chiave molto importante è quella del tesoro papale, dove sono custoditi antichi paramenti, preziosi calici e ostensori di valore. Esiste, per esempio, il calice del 1854, che risale alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria. Accanto ad esso vi è un calice di cristallo, conferito dal Papa Paolo VI al tesoro. Esiste anche il ciborio e il coperchio della scatola di sardine usato dal cardinale ceco Josef Beran durante le sue Messe in prigione.

Si può dire che quel coperchio sia l’oggetto più curioso della collezione che lei custodisce?

Padre Benedik: È interessante, perché vicino al calice del 1854, decorato con diamanti e oro, è collocato ciò che sembra a prima vista una comune coppetta con un coperchio di sardine. Ma entrambi sono importanti per la Chiesa.

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ZENIT Staff

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