Auctoritas e conoscenza religiosa

Seminario internazionale alla “Santa Croce”

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ROMA, mercoledì, 25 maggio 2011 (ZENIT.org).- Si è svolto il 19 maggio il primo Seminario Internazionale organizzato dall’Associazione “Patres” e dedicato al tema Auctoritas e conoscenza religiosa. Mondo tardoantico e riflessi contemporanei. L’incontro è frutto di una collaborazione tra l’Università di Bologna, l’Università Cattolica di Milano e la Pontificia Università della S. Croce di Roma, presso la quale esso si è svolto.

L’associazione “Patres” è costituita da studiosi di storia delle religioni, filologia, storia del cristianesimo, filosofia e storia del tardoantico, animati dalla comune amicizia con la grande studiosa Marta Sordi scomparsa nel 2009. Il loro fine è approfondire con diversi approcci (metodo storico, storico-comparativo, storico-linguistico) la dimensione religiosa del tardoantico e coglierne il valore per l’epoca contemporanea. Nel tardoantico, infatti, è evidente l’atteggiamento critico della cultura pagana verso il cristianesimo. Oggi questo pensiero è invocato come antesignano del relativismo attuale. Ma ci si può anche domandare se la cultura pagana è stata toccata da quella cristiana? Il riferimento da parte pagana alla necessità di una auctoritas, quindi di una tradizione vincolante e di una rivelazione, sembra andare proprio in questa direzione.

Il primo relatore è stato il prof. Christian Gnilka, dell’Università di Münster, che ha messo in evidenza come il discorso all’Aeropago di Paolo sia stato il modello dell’argomentare di Agostino di fronte al paganesimo: nel IV libro del De civitate Dei, egli mostra come dietro il culto pagano alla Felicità si celi proprio il Dio ignoto cristiano. La dimostrazione dell’Ipponate mette in luce il rapporto essenziale tra la verità e la religione cristiana, che proprio attraverso questo rapporto dà risposta al desiderio di ogni uomo e della stessa religione pagana. Questo modo di argomentare sarebbe paradigmatico per la missionologia.

Il secondo relatore, il prof. Ignacio Yarza, della Pontificia Università della S. Croce, ha mostrato la centralità della fede paradossalmente proprio nella filosofia di un grande avversario del cristianesimo, Porfirio. Mentre la religione cristiana cercava sempre più di mostrare la razionalità della propria fede, il mondo filosofico pagano conosce una reale commistione di religione e pensiero, che spinge Porfirio a sostituire la razionalità con l’autorità della propria tradizione. Questa operazione rappresenta in una razionalizzazione della fede stessa, che nel suo pensiero è identificata con la tradizione di quanto i maestri come Platone hanno trovato con la loro ragione.

La mattinata è stata completata dagli interventi del prof. Valerio Neri dell’Università di Bologna, che ha illustrato con alcuni esempi la complessità e la ricchezza dei rapporti tra cristianesimo e paganesimo romano alla fine del IV secolo, e della dott.ssa Anna Bernardini Penati, che ha mostrato come il paganesimo di Porfirio inizi ad avvertire l’esigenza di difendere il senso storico dei miti tradizionali, come nel caso dell’antro di Itaca, di cui parla l’Odissea.

Il pomeriggio è stato aperto dall’intervento di Giuseppe Fidelibus, dell’Università di Chieti-Pescara, che ha presentato gli elementi principali dell’argomentare filosofico di Agostino, sempre nel De civitate Dei, dove, polemicamente, rinfaccia ai pagani di conformarsi alla consuetudine al posto di seguire la ragione. In particolare viene ridiscussa criticamente l’affermazione platonica che la divinità non si unisce all’uomo, perché, così facendo, ne sarebbe contaminato.

L’ultimo intervento è stato quello del prof. Massimo Borghesi, dell’Università di Perugia, che ha offerto una profonda riflessione sulla rilettura moderna del rapporto paganesimo-cristianesimo a partire dalla categoria del testimone. Infatti, il cristianesimo non si limitava a proporre la trasmissione di una dottrina, ma richiedeva il coinvolgimento personale, che era rivolto non all’ambito delle idee, come nel caso pagano, ma alla persona, cioè sia all’uomo che a Dio. La filosofia moderna avrebbe seguito il percorso inverso, traducendosi in ideologia, dove il santo cristiano è sostituito dall’eroe ideale romantico.

Il Seminario è stato concluso da una interessante discussione, attraverso la quale l’approccio interdisciplinare ha dato i suoi migliori frutti. Da essa è emerso il pericolo del paganesimo tardoantico di perdere il riferimento ad una ragione autentica per volersi chiudere nella propria tradizione. In positivo, la stessa tendenza della filosofia ad appropriarsi di modelli e dimensioni che caratterizzano piuttosto la religione, come nel caso analizzato dell’auctoritas, indica la percezione della verità e razionalità di quegli elementi che la rivelazione cristiana ha portato all’ambito della ricerca razionale, per la sua identificazione tra verità e religione. Per questo categorie come desiderio, testimonianza e relazione meritano di essere approfondite per comprendere anche la nostra contemporaneità, lacerata nella sua aspirazione al vero da un neopaganesimo relativista.

Si tratta di prendere coscienza di un bivio che il tardoantico mostra all’uomo di ogni epoca: o concepire l’autorità come mera tradizione di ciò che altri hanno conosciuto in precedenza, rischiando l’ideologia e perfino il totalitarismo, o piuttosto come verità più alta cui rimanda l’eccedenza che l’uomo costantemente coglie nel suo sforzo sempre rinnovato per pensare il reale.

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ZENIT Staff

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