Nel corso dell’incontro, la prof.ssa Angela Tagliafico, docente di Teologia Spirituale presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha osservato che “oggi tutto avviene come se fosse sempre più difficile fare le scelte importanti e assumersi gli impegni duraturi”.
La docente ha quindi elencato alcuni dei motivi di questa situazione, citando in primo luogo la ricchezza, perché “in una società dei consumi l’abbondanza dei beni disponibili rende più difficile la scelta, e in più l’abbondanza di questi beni crea nuovi bisogni e la realtà non sfugge agli specialisti del marketing”.
Ciò, ha spiegato, “induce nei giovani un atteggiamento di consumo e a causa di questo fenomeno economico essi vengono mantenuti nel registro del bisogno”.
Un altro motivo è l’iperprotettività: “i giovani di oggi spesso sono stati bambini iperprotetti; si è sempre scelto tutto al posto loro e si è evitato loro ogni rischio”, “ma non esiste maturazione senza che si affrontino dei rischi, e la permissività illimitata non è affatto educativa”.
C’è poi la perdita di consenso sui valori morali. “I giovani hanno perso il consenso sui valori morali in funzione dei quali si compiono le scelte importanti e che fondano il modo di rapportarsi con la sessualità, con il denaro e con gli altri”, ha osservato la docente, sottolineando che “ciò ha notevolmente inciso anche in campo educativo, tenendo conto per di più che siano immersi in una società individualista, nella quale tutto è relativizzato, appiattito, e nella quale tutte le opinioni si equivalgono”.
Non va poi tralasciata “la confusione delle generazioni”, perché “i giovani spesso vengono valorizzati in modo illusorio” e “sono il modello proposto dai mass media: vestirsi giovane, restare giovane, e si parla giustamente di società adolescentrica”.
“Che cosa ha dunque da dire l’educatore cristiano posto innanzi a questo panorama sociale?”, si è chiesta la prof.ssa Tagliafico.
“Educare alla vita evangelica i giovani significa disporli all’incontro con Dio, creare le condizioni che rendono possibile un incontro che resta comunque un evento personale, senza relativizzare tutto quello che Dio non è, comprese le forme istituzionali nelle quali si vive la fede”, ha risposto.
“Perché l’educazione cristiana possa essere efficace per le nuove generazioni, una parola su Dio può e deve essere detta – ha concluso –. Ma deve essere detta nel linguaggio degli uomini del nostro tempo, e sarà credibile solo se è l’eco di una autentica esperienza di Dio e se si rivolge a persone con le quali si è solidali”.
Il prof. Michele Manzo, docente di Pedagogia Generale presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, ha invece sottolineato che l’attuale fase della cosiddetta “emergenza educativa” fa sorgere una domanda del tutto legittima: “qual è la funzione educativa della religione?”.
“Non tutte le scuole di pensiero pedagogico rispondono allo stesso modo”, ha ricordato, osseervando che si possono delineare “tre concezioni filosofiche alla base di queste diverse risposte: una negativa, quella marxista; una intermedia, quella idealista; ed una positiva, quella cristiana”.
Quella marxista, ha commentato, “è di tipo escludente poiché considera la religione come semplice ‘oppio del popolo’. La cultura religiosa nasconde le ingiustizie sociali e narcotizza il desiderio di ribellione delle classi subordinate rinviando la soluzione all’intervento divino da cui scaturirà la felicità eterna, non terrena”.
La filosofia idealista considera invece “in modo strumentale la funzione della religione in quanto la ritiene utile soltante per i ceti sociali bassi e per l’età infantile”. “L’educazione inizia come estetica, poi diviene religiosa per infine completarsi come filosofica per lo spirito maturo”.
“Una concezione della religione autonoma è propria della pedagogia cristiana”, ha affermato il prof. Manzo, segnalando che “la funzione educativa della religione la si può realizzare attualmente attraverso lo strumento disciplinare dell’insegnamento della religione scolastico, una disciplina che riesce a contribuire alla crescita della persona dell’alunno con il proprio bagaglio culturale e umano, soprattutto approfondendo la dimensione relazionale, quella più richiesta dalla pedagogia contemporanea di stampo cristiano”.
“Nella relazione io-tu che si stabilisce tra maestro e alunno, il docente di religione si può inserire con pienezza e consapevolezza di valore nella scia della cultura biblica indirizzata precisamente da Dio alla salvezza dell’uomo”, ha concluso.