De Salvia ha riconosciuto che “la domanda se le religioni rappresentino un problema o una risorsa rispetto alla pace si pone da generazioni”.
“Abbiamo tutti in mente le terribili guerre, giustificate da motivi religiosi, che hanno insanguinato il Mediterraneo e non solo, specialmente da quando si è andata consumando la crisi di egemonia dell’impero romano nel ‘Mare Nostrum’”, ha constatato.
“Le ragioni di questo apparente paradosso tra la dedizione alla preghiera, con l’apertura ad un Mistero più grande che questa implica, e la pulsione ad eliminare l’altro in quanto ‘contrario’, imboccando spirali di odio e di violenza difficilmente contenibili, sono complesse e solo in parte comprensibili ed identificabili”, ha commentato De Salvia.
“Quale peso può avere, sotto questo aspetto, il bisogno di certezze assolute che dovrebbero sorreggere la precarietà nella quale si muove l’esistenza personale? Fino a che punto l’intransigenza che spesso ne deriva può tollerare e perciò ammettere approcci e rappresentazioni differenti dei significati della vita e delle relazioni che la sfidano?”.
Secondo il rappresentante di Religions for Peace, non “dovremmo sorprenderci più di tanto, per quanto ciò ci provochi sconcerto e tristezza, della quantità ed intensità dei conflitti all’interno delle religioni, tra le religioni e, a partire dagli ultimi due secoli e mezzo, soprattutto in Europa, tra religione e ‘laϊcité’, quella laϊcité esplosa proprio nella Francia tormentata sin dal Medioevo da guerre di religione o in nome della religione, nelle quali è stata coinvolta sia all’estero sia in patria”.
Fortunatamente, ha proseguito, “la storia dei rapporti tra le religioni nei secoli passati non è segnata solo da guerre e da oppressione o eliminazione delle minoranze esterne o interne, ma anche da rispetto, accordo e fecondazione spirituale e culturale reciproca che hanno, in più occasioni, arginato dinamiche distruttive alimentate dalle ‘fisiologiche’ diffidenze, dai pregiudizi e dalle paure”.
Per De Salvia, le religioni rappresentano “sia un problema sia una potenziale risorsa per futuri assetti più pacifici e più stabili”.
“Se in passato le religioni sono state prevalentemente un fattore di rischio per la pace tra i popoli del Mediterraneo”, “oggi ci troviamo in una fase nuova nella quale non è certo diventato tutto facile nei rapporti tra le religioni, ma ci sono indubbiamente occasioni più favorevoli per l’incontro e l’azione comune contro la povertà e per i diritti umani”.
Ciò si verifica anche “grazie al fatto che alla disistima reciproca e a relazioni da ‘guerra fredda’ è subentrata progressivamente la consapevolezza della responsabilità nei confronti del dialogo e della cooperazione per la giustizia e la pace, come espressione visibile di un operare ispirato dall’unità profonda con il mistero della Presenza Divina che ci chiama in vita e ci accomuna”.
A questo proposito, De Salvia ha citato la “data storica di una svolta irreversibile”, il 27 ottobre 1986, quando i leader delle varie religioni arrivarono da molte parti del mondo ad Assisi in risposta all’invito di Papa Giovanni Paolo II “per invocare la nascita di un’alba nuova, dopo la tragica lunga notte dei totalitarismi disumani e delle guerre mondiali (ed in quest’ambito degli orrori della Shoah e di Hiroshima e Nagasaki), e per impegnarsi insieme per la pace”.
“In soli pochi anni questa dinamica di responsabilità condivisa verso la vita di tutti gli uomini ed il creato nel suo complesso è andata crescendo ed ha dato già grandi frutti”, ha sottolineato, definendo Karol Wojtyła “un profeta dei tempi nuovi, testimone di speranza ed operatore di pace”, “che ha guardato con amicizia ogni persona che ha incontrato nel suo lungo percorso umano ed è stato ricambiato da un amore e da una gratitudine forse senza precedenti, che lo hanno molto aiutato nei durissimi momenti di prova che ha dovuto affrontare”.
“Questo nuovo corso, iniziato visibilmente in quel primo incontro di Assisi, non farà certo sparire i conflitti nel Mediterraneo né altrove una volta per tutte, ma ci renderà più forti e più capaci di ‘prenderci cura’ delle violenze e dei conflitti anche nelle nostre città mediterranee”, ha concluso De Salvia.