Lo spirito di comunione ecclesiale, fulcro della “Universae Ecclesiae”

Il portavoce della Santa Sede commenta la nuova Istruzione

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CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 13 maggio 2011 (ZENIT.org).- La nuova Istruzione “Universae Ecclesiae” è un’esortazione a rafforzare lo spirito di comunione ecclesiale, ha affermato padre Federico Lombardi, S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, commentando il documento diffuso questo venerdì.

Il testo riguarda l’applicazione del Motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007, entrato in vigore il 14 settembre dello stesso anno, ed è opera della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, a cui il Papa aveva affidato, fra le altre cose, il compito di vigilare sull’osservanza e l’applicazione del Motu proprio.

Il documento, firmato quindi dal Presidente della Commissione, il Cardinale William Levada, e dal segretario, monsignor Guido Pozzo, è stato inviato a tutte le Conferenze Episcopali nelle scorse settimane.
 
In base alle disposizioni del “Summorum Pontificum”, il Messale Romano promulgato da Paolo VI (sulla base della riforma liturgica del 1970) – e poi riedito in due ulteriori edizioni da Giovanni Paolo II – è e rimane la forma normale e ordinaria della Liturgia Eucaristica della Chiesa cattolica di rito latino, mentre il Messale Romano promulgato da San Pio V e riveduto da Giovanni XXIII nel 1962, quando la Messa si celebrava in latino, potrà essere utilizzato come forma straordinaria per la celebrazione liturgica.

Non si tratta di due riti, ma di due forme dello stesso e unico rito. In una lettera di presentazione del Motu proprio indirizzata a tutti i Vescovi del mondo, Benedetto XVI spiegava questa sua decisione con il tentativo di giungere a una “riconciliazione interna nel seno della Chiesa”.

Come osserva padre Lombardi in una nota di sintesi, l’Istruzione “Universae Ecclesiae” “insiste molto fortemente sullo spirito di comunione ecclesiale che deve essere presente in tutti – fedeli, sacerdoti, Vescovi – affinché la finalità di riconciliazione, così presente nella decisione del Santo Padre, non venga ostacolata o frustrata, ma favorita e raggiunta”.

Per il portavoce vaticano si tratta di “un testo di grande equilibrio, che intende favorire – secondo l’intenzione del Papa – il sereno uso della liturgia precedente alla riforma da parte di sacerdoti e fedeli che ne sentano il sincero desiderio per il loro bene spirituale”.

Anzi, sottolinea, “intende garantire la legittimità e l’effettività di tale uso nella misura del ragionevolmente possibile”.

Per padre Lombardi, “era naturale che alla legge contenuta nel Motu proprio seguisse l’Istruzione sulla sua applicazione”.
 
Il fatto che ciò avvenga ora, a più di tre anni di distanza, “si spiega facilmente” ricordando che nella lettera con cui il Papa accompagnava il Motu proprio invitava i Vescovi “a scrivere alla Santa Sede, tre anni dopo l’entrata in vigore” del testo.

L’Istruzione, quindi, porta in sé “anche il frutto della verifica triennale dell’applicazione della legge, che era stata prevista fin dall’inizio”.

Il testo

Il nuovo documento, commenta il portavoce vaticano, presenta “un linguaggio semplice e di facile lettura”.

L’Introduzione ricorda brevemente la storia del Messale Romano fino all’ultima edizione di Giovanni XXIII, nel 1962, e al nuovo Messale approvato da Paolo VI nel 1970, dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, e ribadisce il principio fondamentale che si tratta di “due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito romano, che si pongono uno accanto all’altro”.

“L’una e l’altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore” (n.6).

Si conferma anche la triplice finalità del Motu proprio: “offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’uso più antico, considerata tesoro prezioso da conservare”, “garantire e assicurare realmente, a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria”, “favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa”.

La parte propriamente normativa del documento contiene 23 brevi punti su diversi argomenti.

Tra questi, si ribadisce la competenza dei Vescovi diocesani per l’attuazione del Motu proprio e si chiarisce il concetto di coetus fidelium (“gruppo di fedeli”) stabiliter existens (“stabile”) che desidera poter assistere alla celebrazione “in forma extraordinaria”.

“Pur lasciando alla saggia valutazione dei pastori la valutazione del numero di persone necessario per costituirlo, si precisa che esso non deve essere necessariamente costituito da persone appartenenti a una sola parrocchia, ma può risultare da persone che confluiscono da diverse parrocchie o addirittura da diverse Diocesi”.

Padre Lombardi sottolinea la particolare importanza della precisazione per cui i fedeli che chiedono la celebrazione in forma extraordinaria “non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestino contrari alla validità o legittimità della forma ordinaria” e/o all’autorità del Papa come Pastore Supremo della Chiesa universale, il che sarebbe “in palese contraddizione con la finalità di ‘riconciliazione’ del Motu proprio stesso”.

Ugualmente importanti sono le indicazioni relative al “sacerdote idoneo” alla celebrazione in forma extraordinaria, che “non deve avere impedimenti dal punto di vista canonico, deve conoscere sufficientemente bene il latino e conoscere il rito da celebrare”.

Per questo, si incoraggiano i Vescovi a “rendere possibile nei seminari una formazione adeguata a tal fine, e si indica la possibilità di ricorrere, se mancano altri sacerdoti idonei, alla collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Commissione ‘Ecclesia Dei’”, che usano normalmente la forma extraordinaria.

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ZENIT Staff

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