Giovanni Paolo II, il profeta della dottrina sociale della Chiesa

Veglia di preghiera per il neo Beato a 30 anni dalla Laborem exercens

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ROMA, giovedì, 12 maggio 2011 (ZENIT.org).- Una Veglia di preghiera dedicata al Beato Giovanni Paolo II nel trentennale della sua prima enciclica sociale, la Laborem exercens, si è tenuta martedì 10 maggio a Roma, nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, per iniziativa di ACLI, CISL e MCL. 

Nella chiesa gremita di persone la Veglia è stata presieduta da mons. Paolo Schiavon, Vescovo ausiliare di Roma. A introdurre l’incontro mons. Walter Insero, direttore dell’Ufficio Pastorale e Sociale e responsabile dell’ufficio delle Comunicazioni del Vicariato, che ha ricordato come Papa Wojtyla tenesse a cuore l’essere stato “non un prete operaio ma un seminarista operaio”. La Veglia si è svolta anche in diverse chiese italiane e nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme.

Nel suo intervento Raffaele Bonanni, segretario nazionale della CISL, ha espresso le sue preoccupazioni per la mancanza di lavoro, in particolare per i giovani e per gli over cinquanta. “Affidiamo il nostro pegno al Signore perché possa illuminare ciascuno per trovare la strada più idonea”, ha detto sottolineando la necessità di “aiutare le aziende ad assumere più giovani”.

Nel corso della serata sono stati letti diversi testi e brani del Vangelo intercalati con passaggi della Laborem exercens

Mons. Schiavon ha ricordato che “Giovanni Paolo II venne chiamato il profeta della dottrina sociale della Chiesa perché ha mostrato come l’insegnamento proposto dalla Chiesa nasca dal sì di Dio all’uomo, dal progetto di amore di Dio per l’uomo, quel progetto che è stato affidato soprattutto alla Chiesa. 

“La dottrina sociale – ha proseguito – si nutre di Vangelo e di uomo, di Gesù Cristo e di problemi immani, di Chiesa e di mondo e riguarda la vita della Chiesa dentro il mondo ed è espressione della carità della Chiesa verso questo mondo”.

Per quanto riguarda le nuove sfide ha ricordato che “il conflitto capitale-lavoro è superato da nuovi conflitti nati sul territorio”, perché “cresce il lavoro autonomo e anche forme atipiche di lavoro. Crescono i lavori più creativi, le preferenze per un sistema lavoro più equilibrato e viene rilanciata l’istruzione tecnica professionale”. 

“Cristo ha a che fare con l’impegno sociale dell’uomo – ha indicato il Vescovo –, con il lavoro, con l’agire economico, perché in questi luoghi l’uomo si istruisce, incontra la verità di se stesso e degli altri, in questi luoghi incontra Cristo”.

Mons. Schiavon ha precisato che “per questo nella Laborem exercens il lavoro viene concepito come un elemento di sviluppo globale, naturale e soprannaturale della persona, e perciò il tempo della propria interiore santificazione, il tempo della costruzione di un mondo migliore, il tempo in cui matura una umanità nuova, il tempo della solidarietà e della responsabilità”.

Il lavoro diventa così un “quadro concreto per una azione di sviluppo, che viene a creare anche altri condizioni favorevoli di lavoro” e “Giovanni Paolo II chiede che questa spiritualità cristiana diventi patrimonio di tutti, specialmente nell’epoca moderna”.

Una novità importante dalla enciclica sociale di Giovanni Paolo II, ha aggiunto mons. Schiavon, è l’aver “spostato l’attenzione dalle problematiche tradizionali come il lavoro, il lavoratore, il giusto salario, le relazione sindacali, i profitti e l’impresa, alla grande questione dell’ecologia del lavoro”. 

Wojtyla considerava, infatti, “necessario costruire una cultura del lavoro capace di portare a una sintesi le diverse dimensioni del lavoro, da quella personale a quella economica a quella sociale”. 

“Ricordiamo per un istante – ha proseguito – le osservazioni di Giovanni Paolo II nella Laborem exercens: ‘il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro’. Un invito a pensare in termini di ecologia sociale del lavoro”.

Questo pensiero si trova “anche nell’enciclica di Benedetto XVI, Caritas in veritate, che rileva che il mondo soffre per la mancanza di pensiero” ed introduce concetti e dimensioni nuove come ad esempio “lo sviluppo della verità e dell’amore”.

Il Vescovo ha quindi indicato che “la crisi economica e finanziaria potrà essere un’opportunità per un nuovo modello di sviluppo mettendo al centro la persona, la sua dignità, la sua responsabilità, il suo impegno nel lavoro, nella logica di fraternità, di reciprocità” perché il centro del problema è che “il mercato deve aprirsi all’uomo per ottenere il bene comune”. 

Mons Schiavon ha concluso con un invito ai presenti: “A voi il compito di essere nel mondo del lavoro tra i lavoratori, lucerna accesa nel mondo del lavoro nelle sue fatiche e contraddizioni e in questo modo di essere sale della terra e luce del mondo”.

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ZENIT Staff

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