Dalla famiglia come solitudine alla famiglia come solidarietà

Una Settimana incentrata sull’accoglienza familiare dei minori “fuori famiglia”

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ROMA, martedì, 10 maggio 2011 (ZENIT.org).- Parlare di diritto alla famiglia ponendo al centro la persona del minore e il suo interesse è la premessa indispensabile per costruire una comunità accogliente, un insieme di famiglie capaci di fondare nuovamente le società. 

E’ quanto è emerso lunedì in occasione del convegno di apertura a Salerno della “Settimana del diritto alla famiglia”, promossa da Progetto Famiglia Onlus, Federazione di enti no-profit per i minori e la famiglia (www.progettofamiglia.org), con lo slogan “Famiglie insieme, promotrici di accoglienza”.

A dieci anni dall’entrata in vigore della legge 149/01 di riforma dell’affido e dell’adozione dei minori, sono infatti 23.100 i bambini e ragazzi italiani che non vivono né con i genitori né con parenti. Di questi 15.500 sono ospiti di strutture residenziali (pari al 67%) mentre 7.600 sono accolti in affidamento familiare (pari al 33%).

Nel prendere la parola Giuseppe Acocella, Rettore della Libera Università degli Studi per l’innovazione e le organizzazioni di Rom (LUSPIO), ha affermato che al giorno d’oggi “l’affido registra la crisi effettiva della famiglia (quella naturale d’origine) e nello stesso tempo la più grande rivalutazione della famiglia (come risorsa della persona per la persona), segnando il passaggio dalla famiglia come solitudine alla famiglia come solidarietà”.

“L’affido familiare – ha aggiunto – diffonde cultura dell’accoglienza, anzi costituisce più propriamente la linea di confine che distingue il riconoscimento per il minore di un diritto alla famiglia dall’abusata e sfrontata rivendicazione, molto di moda oggi, del diritto al figlio.

Per Giorgio Marcello, del dipartimento di sociologia dell’Università delle Calabrie, “un aspetto fondamentale di questo tempo notturno è la crisi dell’essere-con, dell’esserci al mondo insieme, e la solitudine che ognuno regala a se stesso. In questo tempo, che è il nostro, vanno in crisi i legami più significativi, quelli più densi, che più danno senso alla vita”.

Ecco perché, ha continuato, è necessario andare “andare oltre il richiamo generico alla solidarietà e alla responsabilità. Si tratta di riscoprire, vivere, testimoniare la dimensione della gioia e della bellezza dei legami che generano responsabilità”.

Il vino nuovo e buono delle nozze

Intervenendo al dibattito mons. Luigi Moretti, Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, ha affermato che “oggi va riproposta e portata dentro alla responsabilità educativa la dimensione del dare, della generosità, della gratuità”.

“La persona e la famiglia – ha evidenziato – vanno aiutate a vivere una dimensione di apertura, a ricreare i contesti e le comunità ove si costruiscono relazioni: o la famiglia oggi è solidale e aperta, o non va da nessuna parte. Le famiglie vanno aiutate a vivere le potenzialità che hanno”.

“Un giovane che vuol guardare avanti, oggi, che modello vede? Come possiamo rievangelizzare l’amore, dire che ‘fare famiglia’ è una buona notizia, superare l’atteggiamento del liquidare tutto come patologico? La risposta sta nello scommettere sull’educazione all’amore: questa è la grande responsabilità dell’adulto oggi”, ha concluso.

Dal canto suo don Paolo Gentili, responsabile dell’Ufficio Nazionale per la pastorale familiare della Conferenza Episcopale Italiana, ha sottolineato l’importanza del riaccendere il “profumo nuziale” perché “vi sono coppie di sposi dove tante cose non dette, un perdono mancato, alcune sofferenze, hanno finito per indurire il cuore, e in quella casa non si vive più il fuoco della piccola ‘chiesa domestica’ che illumina i palazzi, i quartieri, le città”.

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ZENIT Staff

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