Dietro le quinte del film “Francesco e il Papa”

Intervista al regista Ciro Cappellari

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ROMA, venerdì, 6 maggio 2011 (ZENIT.org).- Ciro Cappellari, il regista del film “Francesco e il Papa”, attualmente in 69 sale cinematografice della Germania e della Svizzera, ha impiegato circa un anno e mezzo per ideare e concludere il documentario e 70 giorni per le riprese. Il costo complessivo della pellicosa si aggira sugli 1,8 milioni di euro.

Tuttavia non è né un film né un servizio giornalistico, ma il primo documentario di 90 minuti girato da una troupe tra il Vaticano e Castel Gandolfo.

Attraverso un osservatorio privilegiato – gli occhi di un bimbo del coro della Cappella Musicale Pontificia Sistina – il regista racconta la vita quotidiana dei giovani, i viaggi di Benedetto XVI, le guardie svizzere, i gendarmi, il cerimoniale del Vaticano e la vita religiosa a Roma. 

Cappellari ha tenuto a precisare che non c’è stata “nessuna censura o richiesta di controllare il documentario da parte delle autorità”, anche se non sono state poche le difficoltà burocratiche per ottenere i permessi per girare in mezzo alle cerimonie, rispettando così le misure di sicurezza e il protocollo del Vaticano.

Come nasce questo film?

Cappellari: L’idea ha preso forma poco per volta. Non ero d’accordo sul fare una fiction incentrata su un bimbo orfano che arrivava in Vaticano, ma non era neanche un servizio giornalistico. Alla fine abbiamo deciso di girare un documentario. E quindi abbiamo seguito un po’ i ragazzi. Abbiamo individuato Francesco e proposto la nostra idea all’allora direttore del Coro, mons. Giuseppe Liberto. Lui ci disse che un bimbo da solo non aveva mai cantato per il Papa, ma che si poteva fare.

L’idea che aveva prima di prendere contatto con la scuola della Cappella Sistina è stata confermata dalla sua esperienza?

Cappellari: No, per niente. Prima di prendere contatto con la Schola Puerorum dove studiano i bimbi del Coro, avevo un’idea un po’ negativa: pensavo che i ragazzi fossero pupilli, con rigidità antiquate. Quando ho conosciuto mons. Liberto e i docenti mi sono sorpreso. Dal punto di vista didattico era modernissima, i bambini hanno un programma impegnativo bilanciato dal fatto che ricevono molto; era notevolmente aperta e dedita ai bimbi. Anche lo sforzo del maestro di canto, don Marco Pavan, un ottimo maestro, una autorità molto sana e precisa. Ho visto che i ragazzi cantano con molta dedizione e sono felici di stare in quel Coro e in quella scuola. Ma anche i genitori che a volte vengono da lontano per poter portare i figli qui…

Ha qualche aneddoto interessante legato alle riprese?

Cappellari: In una delle scene si vedono i bambini che giocano a calcio in un campetto dietro al quale si vede il Cupolone. Eravamo al corrente che a quell’ora passava l’elicottero del Papa che da Castel Gandolfo ritornava a San Pietro e nell’elicottero sapevano che stavamo girando questo documentario. A un certo punto mentre i bambini giocavano qualcuno punta e dice: “Arriva il Papa”. Cerco di inquadrare l’elicottero ma era un po’ lontano. Ho pensato peccato! A sorpresa vedo che il velivolo si avvicina e fa un giretto quasi sopra di noi, tra l’esultanza dei ragazzi, la mia gioia di poter fare una buona ripresa e l’allarme dei servizi di sicurezza preoccupati per un movimento strano e imprevisto del velivolo. La difficoltà nata da un problema di comunicazione interna quasi ci costò il permesso di proseguire il documentario. Però alla fine tutto si è chiarito. 

Francesco ha per caso cambiato la voce in questo periodo di tempo?

Cappellari: Sì Francesco ha cambiato voce, ma dopo la conclusione delle riprese. Poi abbiamo parlato del suo diario, dei suoi desideri, delle sue ambizioni. Era un rischio che un documentario doveva correre. Per fortuna è andata bene, altrimenti il film sarebbe stato diverso.

C’è stata qualche censura da parte del Vaticano?

Cappellari: Tanti permessi e tanta burocrazia. Soprattutto da parte di due organi diversi: il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e le autorità dei luoghi dove si doveva riprendere. A volte arrivava da uno, altre volte mancava quello dell’altro. Poco a poco ci hanno accettato come parte della Città del Vaticano. Comunque, no: non mi hanno mai censurato né indicato quello che dovevo fare, anche se qualche persona in Vaticano non era d’accordo con questa o quella scena. Certo, una messa è un evento spirituale e non include una troupe al lavoro.

Avete cercato di intervistare il Papa?

Cappellari: Non è stato possibile perché non si voleva creare un precedente. Contrariamente altri mezzi avrebbero richiesto interviste. Abbiamo però avuto oltre 15 incontri con il Segretario privato del Papa. 

Altre riprese importanti?

Cappellari: Sì, per esempio nel viaggio a Gerusalemme siamo riusciti a trovare la casa di un professore che dava sulla spianata del Muro del Pianto. C’erano i cecchini che ci puntavano contro, ma le riprese sono state stupende.

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ZENIT Staff

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