ROMA, giovedì, 5 maggio 2011 (ZENIT.org).- Le “risorse rosa” danno buoni frutti. E’ il messaggio che emerge dal congresso internazionale “Sustainable business. How women make the difference” (Il lavoro sostenibile. Come le donne fanno la differenza) promosso dall’Istituto di Studi Superiori sulla Donna dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, in collaborazione con l’Università Europea di Roma.
Operatori economici, sociali, istituzionali e universitari si sono riuniti a Roma il 5 maggio, con l’obiettivo di pianificare le azioni da intraprendere per valorizzare il contributo femminile al mondo nel lavoro.
Il congresso ha evidenziato che investire nelle donne significa aiutare la crescita economica e migliorare concretamente le proprie capacità organizzative.
La donna, infatti, è in grado di dare una nuova direzione al mondo del business, della cultura e della scienza, grazie alle sue caratteristiche peculiari di leadership, derivanti dalle sue attitudini e capacità di adattamento e di versatilità e soprattutto dalla componente etica tipica dell’animo femminile.
Il congresso è stato aperto da un saluto di padre Michael Ryan LC, docente della Facoltà di Filosofia dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, che ha citato le parole di Benedetto XVI nell’Enciclica Caritas in veritate (n. 32): “Le grandi novità, che il quadro dello sviluppo dei popoli oggi presenta, pongono in molti casi l’esigenza di soluzioni nuove. Esse vanno cercate insieme nel rispetto delle leggi proprie di ogni realtà e alla luce di una visione integrale dell’uomo, che rispecchi i vari aspetti della persona umana, contemplata con lo sguardo purificato dalla carità. Si scopriranno allora singolari convergenze e concrete possibilità di soluzione, senza rinunciare ad alcuna componente fondamentale della vita umana”.
“Il mondo dell’impresa ha bisogno di trovare valori forti per far fronte alle sfide”, ha osservato padre Ryan. “Purtroppo la dimensione etica è entrata in crisi nell’età contemporanea e l’etica che si è interfacciata con il mondo economico non ha sempre mantenuto il suo rigore”.
“Si tende a pensare che il mondo economico abbia bisogno di un’etica propria, in qualche modo aggiustata”, ha detto padre Ryan, che ha concluso il suo saluto introduttivo citando nuovamente le parole del Papa nella stessa Enciclica (n. 45): “Rispondere alle esigenze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano economico. L’economia infatti ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento; non di un’etica qualsiasi, bensì di un’etica amica della persona”.
Fra i numerosi interventi al congresso, Massimo D’Aiuto, Amministratore delegato di SIMEST, ha ricordato che “la donna possiede tutta una serie di caratteristiche insite nella sua natura che trasferisce nel modo di fare impresa, anche sui mercati internazionali”.
“Ecco quindi – ha sottolineato D’Aiuto – la sua particolare attenzione ai risvolti sociali e all’impatto che la presenza della sua azienda può avere sul tessuto socio-economico del paese in cui va ad insediarsi. Questo fa sì che la donna imprenditrice sia particolarmente impegnata affinché la presenza dell’impresa venga percepita non solo come portatrice di vantaggi economici per il mercato locale, attraverso la creazione di posti di lavoro o l’apporto di tecnologie e di capitali, ma anche come valorizzatrice delle risorse umane locali. Ne consegue che le aziende italiane, spesso guidate da donne, riescono a stabilire buoni rapporti con le maestranze locali giungendo ad uno scambio positivo fra culture e comportamenti”.
Marcella Mallen, Presidente di Manageritalia Roma, ha affermato che “finalmente sta crescendo l’attenzione al tema della sottorappresentanza femminile sia nelle istituzioni che nelle aziende”.
“Le barriere che ancora impediscono l’effettiva parità – ha osservato la Mallen – sono di varia natura: sociale, per la carenza di servizi e politiche a supporto della famiglia, organizzativa, per i modelli gestionali ancora troppo rigidi rispetto alle esigenze di conciliazione tra la vita professionale e la vita familiare, e culturale, che resta, a mio avviso, la criticità maggiore, perché riguarda pregiudizi radicati e pertanto più difficili da rimuovere”.
“Per facilitare la crescita della leadership femminile – ha poi concluso – servono almeno tre cose: strutture e strumenti a supporto delle famiglie, nuovi modelli di gestione basati sul merito e, infine, un cambiamento culturale profondo di mentalità e di comportamenti”.