Il Papa segue con preoccupazione le vicende dei migranti

Dopo il tragico naufragio di un barcone a sud di Lampedusa

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ROMA, giovedì, 7 aprile 2011 (ZENIT.org).- Benedetto XVI si è detto profondamente addolorato per l’ennesima tragedia del mare consumatasi nel Mediterraneo con il naufragio avvenuto martedì notte in acque maltesi, a 40 miglia al largo delle coste di Lampedusa, di un barcone con a bordo numerosi migranti. 

Dopo la morte, il 3 marzo, di 70 eritrei che cercavano di sfuggire alle persecuzioni e alle violenze del conflitto in Libia, nella sciagura di due giorni fa sono morte circa 20 persone, mentre altre 250 risultano disperse; 53 sono, invece, i migranti tratti in salvo e trasferiti con un ponte aereo a Brindisi.

In una dichiarazione rilasciata questo giovedì il Direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha detto: “La tragedia della morte in mare di un gran numero di migranti che dalle coste dell’Africa settentrionale cercano di raggiungere l’Europa ha colpito profondamente il Santo Padre, che segue con partecipazione e preoccupazione le vicende dei migranti in questo periodo drammatico”.

“Il Santo Padre e tutta la Chiesa – ha aggiunto – ricordano nella preghiera tutte le vittime di ogni nazionalità e condizione, anche donne e bambini, che perdono la vita nel terribile viaggio per sfuggire alle situazioni di povertà, o di ingiustizia o di violenza da cui sono afflitte, alla ricerca di protezione, accoglienza e condizioni di vita più umane”.

“Ricordiamo – ha poi sottolineato – che fra le vittime di queste tragedie nel Mediterraneo vi sono migranti eritrei cattolici che si trovavano in Libia e partecipavano anche alla vita della comunità cattolica”.

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha fatto sapere alla Camera che da gennaio ci sono stati 390 sbarchi e 25.800 arrivi, annunciando la concessione del permesso di soggiorno temporaneo a chi è giunto in Italia, che consentirà di circolare nei Paesi dell’area Schengen.

In un appello alla comunità internazionale lanciato attraverso la Radio Vaticana don Mussie Zerai, sacerdote eritreo presidente dell’Agenzia Abeshia per la Cooperazione allo Sviluppo, ha affermato: “se la comunità europea ci avesse ascoltato quando noi, insieme anche al vescovo di Tripoli, lanciavamo l’appello ad evacuare queste persone insieme ai cittadini europei che lasciavano la Libia, non saremmo qui a contare i morti e i dispersi”.

“Quello che noi ci sentiamo di fare ancora oggi – ha aggiunto – è lanciare un appello per un piano di evacuazione, aprendo un corridoio umanitario sia dalla Libia, in Tunisia o in Egitto del Sud. C’è il rischio che queste persone, se non troveranno un sostegno, un’accoglienza da qualche parte, si affideranno, per la disperazione, ai barconi e al mare”.

Intervistato dall’emittente pontificia mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, ha detto che “purtroppo la scelta dei barconi via mare, in mano – spesso – a contrabbandieri e trafficanti senza scrupolo, è un’estrema alternativa dettata dall’impossibilità di utilizzare altri mezzi, dato che da tempo i Paesi europei hanno chiuso i confini, introducendo norme restrittive sugli ingressi di questi poveri disgraziati”.

Per questo il presule ha nuovamente fatto appello alla solidarietà e all’accoglienza: “L’Italia, lo scorso anno, occupava – tra i Paesi industrializzati – il 14.mo posto per l’accoglienza dei rifugiati; i Paesi Bassi, con un territorio più piccolo e una popolazione meno numerosa, hanno accolto il doppio dei rifugiati rispetto all’Italia; anche la Francia ha ospitato più rifugiati, con una percentuale del 13 per cento, mentre l’Italia ha una percentuale di rifugiati di soltanto il 2 per cento”.

“Gli eventi in Italia, certo, possono apparire drammatici, ma sono ancora in un certo contesto e non bisognerebbe esasperare quanto sta accadendo – ha detto –. L’Italia, in fondo, è una grande potenza economica, industriale, sociale: quindi potrebbe avere la possibilità, con certe regole precise, di non spaventarsi troppo di fronte ad un fenomeno che esiste e che disgraziatamente, forse, va aumentando”.

“Quello che veramente si desidererebbe – ha osservato – è che l’Europa – non solo l’Italia – prendesse un pochino più a cuore la situazione e studiasse come affrontare e come risolvere questo problema. Non lo si può risolvere solamente con delle leggi punitive: bisogna pure darsi un po’ di pene per vedere come noi, popoli industriali e ricchi, possiamo risolvere questo problema, che esiste! Si possono cacciare, ma rientreranno da un’altra parte”.

Mons. Vegliò ha poi invitato a “distinguere tra coloro che giungono dalla Libia e quanti giungono dalla Tunisia: quelli che provengono dalla Libia, attualmente zona di guerra, non dovrebbero essere respinti; quanti invece arrivano dalla Tunisia rientrano nei flussi di migrazione miste, migranti e rifugiati insieme”.

“Ciascuno di loro dovrebbe essere sottoposto ad uno screening per vagliare il diritto alla protezione, come giustamente si sta orientando a fare l’Italia”, così come è importante “l’adozione del permesso temporaneo, che offre solidarietà a chi ne beneficia, mentre incoraggia la cooperazione sia sul territorio italiano che a livello europeo”.

“L’Europa – ha proseguito poi – deve riflettere seriamente su ciò che significa rimanere nella regione dalla quale i rifugiati fuggono: generalmente si afferma che essi dovrebbero recarsi nei Paesi vicini, ma se questo fosse applicato alla Libia comporterebbe che i rifugiati di quel Paese vengano accolti in Europa”.

“Ciò significa – ha concluso – che l’Europa deve prendersi le sue responsabilità per assolvere i suoi doveri di protezione dei rifugiati e dimostrare cosa significhi solidarietà e condivisione. L’arrivo degli altri può dare fastidio, ma non è cristiano questo egoismo: dobbiamo aprirci anche agli altri, anche politicamente parlando perché tanto è un fenomeno che non si può fermare”.

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ZENIT Staff

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