CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 6 gennaio 2011 (ZENIT.org).- La Parola di Dio è la vera stella che guida le nostre esistenze e alla quale dobbiamo affidarci, ha affermato Benedetto XVI questo giovedì, solennità dell'Epifania del Signore, nella Messa che ha presieduto nella Basilica vaticana.

Nell'omelia della celebrazione, il Pontefice ha ricordato l'esperienza dei Magi, che seguirono la stella fino ad arrivare al Bambino Gesù nell'umile grotta di Betlemme. “Erano probabilmente dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di 'leggere' negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno – ha osservato –; erano piuttosto uomini 'in ricerca' di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita”.

“Erano persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la 'firma' di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare”.

Da uomini saggi, sapevano anche “che non è con un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede che è possibile incontrarlo, anzi si rende possibile che Dio si avvicini a noi”.

Il linguaggio del creato, infatti, “ci permette di percorrere un buon tratto di strada verso Dio, ma non ci dona la luce definitiva”. “Alla fine, per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via”.

“E’ la Parola di Dio la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore della verità divina”, ha dichiarato Benedetto XVI.

“Lasciamoci guidare dalla stella, che è la Parola di Dio, seguiamola nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la Parola ha piantato la sua tenda – ha esortato –. La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri, riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere su di noi”.

Il Papa ha poi invitato a chiedersi se, come gli esperti che sanno tutto sulla Scrittura e “amano essere guide per gli altri, indicano la strada, ma non camminano, rimangono immobili”, “non c’è anche in noi la tentazione di ritenere le Sacre Scritture, questo tesoro ricchissimo e vitale per la fede della Chiesa, più come un oggetto per lo studio e la discussione degli specialisti, che come il Libro che ci indica la via per giungere alla vita”.

Per combattere questa eventualità, ha suggerito di far “nascere sempre di nuovo in noi la disposizione profonda a vedere la parola della Bibbia, letta nella Tradizione viva della Chiesa, come la verità che ci dice che cosa è l’uomo e come può realizzarsi pienamente, la verità che è la via da percorrere quotidianamente, insieme agli altri, se vogliamo costruire la nostra esistenza sulla roccia e non sulla sabbia”.

Dio: alleato, non rivale

Il Papa ha poi ricordato la figura del re Erode, “interessato al bambino di cui parlavano i Magi” ma non allo scopo di adorarlo, “come vuole far intendere mentendo, ma per sopprimerlo”.

“Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia, del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole”.

“Il suo unico pensiero è il trono”, e allora “Dio stesso deve essere offuscato e le persone devono ridursi ad essere semplici pedine da muovere nella grande scacchiera del potere”.

Il Papa ha quindi esortato tutti a chiedersi se “forse c’è qualcosa di Erode anche in noi”, se “anche noi, a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale” e “siamo ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento”.

Quando si vede Dio in questo modo, ha constatato, “finiamo per sentirci insoddisfatti e scontenti, perché non ci lasciamo guidare da Colui che sta a fondamento di tutte le cose”.

Per questo, “dobbiamo togliere dalla nostra mente e dal nostro cuore l’idea della rivalità, l’idea che dare spazio a Dio sia un limite per noi stessi”.

“Dobbiamo aprirci alla certezza che Dio è l’amore onnipotente che non toglie nulla, non minaccia, anzi, è l’Unico capace di offrirci la possibilità di vivere in pienezza, di provare la vera gioia”, ha commentato.

Chi è Gesù?

Nel suo intervento durante l'Angelus seguito alla Messa, il Pontefice ha poi ricordato che la venuta e l’adorazione dei Magi sono “il primo segno della singolare identità del figlio di Dio, che è anche figlio della Vergine Maria”.

“Da allora cominciò a propagarsi la domanda che accompagnerà tutta la vita di Cristo, e che in vari modi attraversa i secoli: chi è questo Gesù?”, ha aggiunto, sottolineando che “è la domanda che la Chiesa vuole suscitare nel cuore di tutti gli uomini”.

“Questa è l’ansia spirituale che spinge la missione della Chiesa: far conoscere Gesù, il suo Vangelo, perché ogni uomo possa scoprire sul suo volto umano il volto di Dio, e venire illuminato dal suo mistero d’amore”.

L’Epifania “preannuncia l’apertura universale della Chiesa, la sua chiamata ad evangelizzare tutte le genti”, e dice anche “in che modo la Chiesa realizza questa missione: riflettendo la luce di Cristo e annunciando la sua Parola”.

“I cristiani sono chiamati ad imitare il servizio che fece la stella per i Magi – ha ricordato il Papa –. Dobbiamo risplendere come figli della luce, per attirare tutti alla bellezza del Regno di Dio. E a quanti cercano la verità, dobbiamo offrire la Parola di Dio, che conduce a riconoscere in Gesù il vero Dio e la vita eterna”.