ROMA, giovedì, 27 gennaio 2011 (ZENIT.org).- Ciò che preoccupa di più nel caso Ruby è spesso la reazione della gente che riflette il degrado morale in atto in Italia e la perdita di punti di riferimento per i giovani. E' questa la riflessione di mons. Giovanni D’Ercole, Vescovo Ausiliare de L’Aquila e membro della Commissione per la cultura e le comunicazioni sociali della CEI, in un articolo apparso sul settimanale “Il Punto” in edicola giovedì.
Lo scandalo è scoppiato il 18 gennaio scorso, quando su alcuni giornali sono state pubblicate le intercettazioni telefoniche di Karima el Marough detta Ruby, in cui la ballerina di origine marocchina rivela di aver partecipato ad alcune feste in casa del capo del governo, Silvio Berlusconi, fin da quando aveva 16 anni. Secondo gli inquirenti Berlusconi avrebbe pagato Karima el Marough, all'epoca dei fatti minorenne, per avere rapporti sessuali nella sua villa di Arcore.
Nella primavera del 2010, inoltre, il premier, sempre secondo le indagini, avrebbe telefonato alla Questura di Milano per chiedere alla polizia di rilasciare la ragazza che era stata fermata per furto. Nelle intercettazioni, Ruby dice di aver chiesto cinque milioni di euro a Berlusconi per mantenere il silenzio sull'intera vicenda.
Per questo il presidente del Consiglio è ora indagato dalla Procura di Milano per prostituzione minorile e concussione.
Nel commentare le tante ricostruzioni e smentite che dominano le prime pagine di tutti i quotidiani, mons. Giovanni D’Ercole afferma che, “a parte la estenuante diatriba politica, che qui meno mi interessa, sono i commenti della gente che mi preoccupano”.
Il Vescovo Ausiliare de L’Aquila si dice infatti ancora più preoccupato nel “vedere 'smarriti' ragazzi, adolescenti e giovani, con i quali non sai più come impostare un discorso educativo. Mi preoccupano le famiglie che si trovano spiazzate nel loro già difficile compito formativo”.
“Certo, sarebbe ingiusto fermarsi semplicemente alle vicende del premier – ha sottolineato –. Il discorso è ben più vasto ed abbraccia un insieme di situazioni che fanno apparire chiaramente il degrado culturale e morale nel quale ci troviamo, un degrado che qualcuno ritiene come prodromo della caduta della nostra civiltà”.
“La perdita del senso morale per cui non sai più cosa sia bene e cosa sia male, perché tutto diventa indifferente ed accettabile, porta con sé la perdita di riferimenti certi – ha poi aggiunto – . Si ritiene la nostra una società libera e invece ci si sente fortemente condizionati. Si finisce per ritener tutto permesso se fattibile e funzionale al guadagno da conseguire senza troppa fatica, come molti modelli pubblicitari fanno credere”.
Mons. D'Ercole ha quindi accennato a questo punto ai tanti “miti e paradisi artificiali” i tanti “miraggi di un facile successo e guadagno” che fanno vittime tra i giovani sfociando “in drammi personali con sconfitte umilianti”.
“Penso – ha continuato – anche a quei ragazzi e a quelle ragazze, che si vedono scavalcare da loro coetanei più 'furbi, solo perché si rifiutano di accettare proposte – diciamo – 'compiacenti' cedendo a veri ricatti morali. Il risultato è che loro rimangono a 'piedi', mentre gli altri, più furbi o più disinvolti, hanno 'svoltato' in cerca di successo e notorietà”.
Di fronte a questa vera “emergenza” educativa, il Vescovo propone “una vera 'rivoluzione' silenziosa del bene”: “non riusciremo forse a convincere tutti ed anzi molti giovani e adulti finiranno per lasciarsi incantare dalle pericolose sirene di un edonismo consumista che addormenta le coscienze e spegne la capacità critica”.
“Alla deriva del lassismo etico e morale si risponde non con dichiarazioni e lamenti, bensì con l’eroismo della coerenza – ha affermato –. E in questo cristiani e uomini di buona volontà di ogni fede possono stringere una provvidenziale 'santa' alleanza”.
“Ecco un’opportunità da cogliere e una missione da non disertare”, ha quindi concluso.