Il contributo della Chiesa allo sviluppo dell’Africa

di padre Piero Gheddo*

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CITTA’ DEL VATICANO, sabato, 25 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Nei tempi moderni, la Chiesa nell’Africa nera è stata fondata dai missionari, che fin dall’inizio hanno annunziato Cristo con le opere di carità, di sanità, di educazione. Nel tempo della colonizzazione africana, dalla fine dell’Ottocento al 1960, la scuola era quasi tutta in mano alle Chiese cristiane, per decisione degli stessi governi, che finanziavano l’educazione attraverso le missioni. I primi capi dell’Africa nera che l’hanno guidata all’indipendenza venivano tutti o quasi dalle scuole missionarie.

L’evangelizzazione  attraverso la scuola è sempre stata prassi costante nel mondo missionario. Uno slogan spesso citato e usato dai missionari diceva: “Prima costruiamo la scuola e poi la chiesa”. E questo perché la scuola apre le menti e i cuori e poi la Chiesa, il Vangelo e il catechismo spiegano e diffondono i contenuti della fede. In tutti i paesi dell’Africa nera, la scuola moderna era sconosciuta. Le prime scuole le hanno aperte i missionari cristiani.

Kwame Nkrumah, il padre della patria e primo presidente del Ghana, allievo dei missionari e poi insegnante nelle loro scuole, nel 1957 diceva in una conferenza agli studenti in Svizzera: “La persona che mi ha presentato ha ricordato che io sono il responsabile del ridestarsi di questo grande continente. Credo che non sia vero. Se vogliamo considerare la situazione in modo più esatto, debbo dire che i responsabili della presa di coscienza di noi africani sono stati i missionari cristiani con le loro scuole”[1].

Oggi in Africa le scuole sono assolutamente insufficienti ad ospitare tutti i bambini e i ragazzi che vorrebbero studiare. Per molti il diritto all’istruzione è ancora un miraggio. I dati forniti dall’Unesco mostrano un quadro inquietante. L’Africa subsahariana è la zona dove l’emergenza scolastica assume i tratti peggiori. La scolarizzazione raggiunge circa il 70% di tutti i bambini, ma visitando l’Africa rurale si vede come una parte non piccola dei locali usati per l’insegnamento non hanno la dignità di essere definiti “scuole”, mancano i banchi, i quaderni, i libri, il materiale didattico. La carenza di maestri della scuola primaria è diventata cronica. La maggior parte dei paesi sono stati costretti a tagliare le spese per il reclutamento degli insegnanti sotto la pressione dei finanziatori e delle banche che esigono l’attuazione di economie di bilancio. Non pochi insegnanti rimangono in città e non vanno in villaggi dove mancano l’elettricità, la Tv e altre comodità. Nelle campagne, le scuole hanno una media di 60-80 e più alunni per classe (in Italia 25-30).

La Chiesa cattolica in Africa gestisce 67.848 scuole materne frequentate da 6.383.910 alunni; 93.315 scuole primarie per 30.520.238 alunni; 42.234 istituti secondari per 17.758.405 alunni. Inoltre segue 1.968.828 giovani delle scuole superiori e 3.088.208 studenti universitari, mentre gli studenti delle scuole superiori cattoliche sono 68.782 e delle università cattoliche 88.822 [2].  I numeri possono anche dire poco, ma visitando  numerosi paesi africani ho visto che anche in  Africa si ripete (come in India e altrove del resto) quello che sperimentiamo in Italia: le richieste di frequentare le scuole della Chiesa sono di molto superiori alle possibilità concrete di ospitare quei giovani, perché danno più affidamento per una buona educazione.

Lo stesso si può dire per il reparto sanità e assistenza. In Africa la Chiesa cattolica gestisce: 1.137 ospedali, 5.375 dispensari, 184 lebbrosari, 184 case per anziani, ammalati cronici, handicappati, 1.285 orfanotrofi, 2.037 giardini per l’infanzia, 1.673 consultori matrimoniali, 2.882 centri di educazione sanitaria, 1.364 altre istituzioni di assistenza per i poveri. Anche qui i numeri non dicono molto, ma per capire l’importanza di questa presenza cristiana nella sanità, bisogna vedere sul posto alcuni ospedali civili e altri gestiti da istituzioni cattoliche (o protestanti). Il padre Ermanno Battisti, che ha costruito e diretto l’ospedale cattolico di Bissau, capitale della Guinea-Bissau, mi dice: “Nell’ospedale nazionale cittadino si paga tutto e ci va solo chi ha i soldi necessari, nel nostro chi non ha niente non paga nulla, gli altri danno qualcosa, spesso proprio il minimo, secondo quel che possono dare. Ma la vera differenza sta nel fatto che i nostri medici, infermiere e personale sono motivati perché pagati bene e perché scelti e preparati dalla missione con studi all’estero; il personale dell’ospedale civile non è motivato: sono pagati poco e si fanno pagare tutto, le prestazioni, i medicinali, ecc.

 La Chiesa in difesa dei diritti umani

In tutto il continente africano i cattolici sono circa il 17,7% dei 972 milioni di africani, ma nell’Africa sotto il deserto del Sahara arrivano a circa il 23% dei neri e con gli altri cristiani sono più del 40%. La crescita delle comunità cristiane ha avuto effetti benefici sul piano politico ed economico. In diversi paesi i partiti politici si sono rivolti alla Chiesa per avere un sostegno ed hanno chiamato un vescovo a dirigere la “Conferenza nazionale” che ha preparato una nuova Costituzione. E’ successo in Benin, Congo-Kinshasa, Togo, Gabon. In altri paesi sono stati i vescovi che hanno iniziato o guidato i colloqui di pace (Mozambico, Madagascar, Angola, Liberia); in altri ancora l’opposizione della Chiesa a regimi non democratici ha affrettato la loro fine: Sud Africa (per il regime di apartheid), Burundi, Burkina Faso, Zambia, Congo-Kinsasha, Guinea equatoriale e Guinea Bissau, Angola, Mozambico e oggi in Zimbabwe col dittatore Mugabe. Le comunità cristiane (cattolici e protestanti) si sono affermate in Africa come soggetti che raccolgono ed esprimono, in paesi quasi privi di opinione pubblica e di organizzazioni popolari, l’anelito dei popoli verso la democrazia, la pace, la giustizia sociale, lo sviluppo economico.

 Lo sviluppo dei popoli dalla Parola di Dio

I due Sinodi delle Chiese africane a Roma (1994 e 2009) hanno trattato, oltre a problemi più strettamente ecclesiali, temi di grande significato per lo sviluppo dell’Africa: la pace nella giustizia, la democrazia, il rispetto dei diritti umani, l’educazione e la crisi dell’educazione in Africa, la necessità di una catechesi che influisca sulla vita dei cristiani: “Formare ad una vita cristiana adulta che possa affrontare le difficoltà della loro vita sociale, politica, economica e culturale” dice una delle “proposizioni” nel messaggio finale dell’ultimo Sinodo.

Perché queste decisioni sono importanti? I vescovi sono convinti che lo sviluppo dei popoli africani viene dall’educazione al Vangelo, alla vita cristiana. In altre parole, il Vangelo vissuto favorisce lo sviluppo perché porta il cristiano e il popolo a correggere le tendenze negative del peccato originale che c’è in tutti, cioè sostanzialmente a passare dall’individualismo al senso comunitario della vita, dall’egoismo all’altruismo e all’amore per tutto il prossimo, dalla violenza alla non violenza, dal tribalismo al senso del bene comune della nazione. E’ evidente che molti cattolici sono battezzati però non si lasciano educare dal Vangelo e dalla grazia di Dio. Ma l’azione della Parola di Dio è molto più profonda e incisiva nella cultura generale di un popolo, di quello che possa essere in un singolo battezzato, sempre libero di comportarsi in modo, diciamo, peccaminoso.

Papa Giovanni XXIII diceva che la politica deve farsi guidare “dalla centralità dell’uomo, non dalle ideologie e dai particolarismi”.  Il cristianesimo educa all’amore del prossimo e al bene pubblico, al perdono e non alla vendetta, ad una cultura fondata sul rispetto di ogni uomo, sull’uguaglianza e sull’amore. La resistenza al messaggio cristiano viene anche dalla cultura africana tradizionale fondata su altri prin
cipi. Il cosiddetto “ritorno all’autenticità africana” è un discorso ambiguo e non porta certo allo sviluppo dell’Africa nel mondo moderno. La Chiesa cattolica non vuole distruggere le tradizioni culturali e religiose africane, anzi fin dall’inizio i missionari sono stati i primi e quasi sempre gli unici che hanno lavorato per alfabetizzare le lingue, conservare le culture, l’arte, i proverbi africani. Oggi, specialmente dopo il Vaticano II, l’inculturazione della fede nelle tradizioni dei popoli, e il dialogo con le religioni non cristiane è diventata uno dei temi fondamentali della missione alle genti.

[1] Vedi in “Africa, A Christian Continent”, Fribourg 1958, pag. 2.

[2] «Annuario Statistico della Chiesa» pubblicato nel 2010  (aggiornato al 31 dicembre 2008).

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*Padre Piero Gheddo (www.gheddopiero.it), già direttore di Mondo e Missione e di Italia Missionaria, è stato tra i fondatori della Emi (1955), di Mani Tese (1973) e Asia News (1986). Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente scrivendo oltre 80 libri. Ha diretto a Roma l’Ufficio storico del Pime e postulatore di cause di canonizzazione. Oggi risiede a Milano.

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ZENIT Staff

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