di Antonio Gaspari

ROMA, mercoledì, 1° dicembre 2010 (ZENIT.org).- “In conformità con le recenti scoperte scientifiche, vi è un imperativo morale ad estendere ai poveri e alle popolazioni vulnerabili che li desiderano i benefici di questa tecnologia (OGM ndr) su più vasta scala e secondo condizioni che permetteranno loro di aumentare il tenore di vita, migliorare la salute e proteggere l’ambiente”. Così è scritto in un rapporto reso pubblico questo mercoledì dalla rivista “New Biotecnology”.

Il rapporto in questione è il risultato di una settimana di studio organizzata dal 15 al 19 maggio 2009 dalla Pontifica Accademia delle Scienze sul tema “Le piante transgeniche per la sicurezza alimentare nel contesto dello sviluppo” a cui hanno partecipato quaranta tra i più competenti scienziati mondiali di piante transgeniche.

I partecipanti sono stati scelti sulla base dei meriti scientifici nei loro rispettivi campi di competenza e per il loro rigore scientifico ed impegno nella giustizia sociale.

Alla stesura del documento, ha partecipato il fisico Nicola Cabibbo, scomparso nell’estate 2010 e che all’epoca del convegno era presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. I firmatari sono complessivamente 40, 7 dei quali membri dell’Accademia e 33 esterni.

Tra i firmatari membri della Pontificia Accademia delle Scienze figurano: il prof. Werner Arber, (Università di Basilea), il prof. Nicola Cabbibo, il Cardinale Georges Cottier, il prof. emerito Ingo Potrykus (Swiss Federal Institute of Technology), il prof. emerito Peter H. Raven (Presidente del Giardino Botanico del Missouri), mons. Marcelo Sánchez Sorondo (Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze) e il prof. Rafael Vicuña (Pontificia Università Cattolica del Cile).

Nell’introduzione al documento i firmatari hanno scritto “abbiamo esaminato gli sviluppi recenti nelle conoscenze scientifiche riguardanti le varietà di piante geneticamente modificate e le condizioni sociali in cui la tecnologia dell’ingegneria genetica può essere resa disponibile per migliorare l’agricoltura in generale e, in particolare, per il beneficio dei poveri e delle persone più vulnerabili”.

Sulla base delle riflessioni del magistero pontificio circa l'utilizzo delle nuove tecniche e tecnologie, i firmatari affermano che per alimentare adeguatamente la popolazione mondiale è necessario l’impiego dell’ingegneria genetica che può, in molte circostanze, “fornire un contributo essenziale alla produttività agricola tramite il miglioramento delle colture, compreso il potenziamento della resa agricola, il miglioramento delle qualità nutritive e un aumento della resistenza ai parassiti, oltre ad una maggiore tolleranza alla siccità e ad altre forme di stress ambientale”.

Il documento spiega che “le colture geneticamente modificate possono essere molto importanti per agricoltori poveri di risorse e per i membri vulnerabili di comunità agricole povere, soprattutto donne e bambini” perchè riducono largamente “l’uso degli insetticidi” e hanno contribuito ad un “sostanziale aumento della resa agricola e dei redditi delle famiglie e ad un abbassamento dei tassi di povertà (oltre a ridurre il numero di avvelenamenti da pesticidi chimici) nel settore delle piccole aziende agricole di vari paesi in via di sviluppo, tra cui l’India, la Cina, il Sudafrica e le Filippine”.

Sempre secondo il documento conclusivo la resistenza ad erbicidi non tossici per l’ambiente e poco costosi, nel mais, nella soia, nella colza e in altre colture, delle piante geneticamente modificate ha permesso “una maggiore resa per ettaro, ha sostituito il lavoro massacrante di estirpazione manuale delle erbacce e ha contribuito a diminuire i costi, consentendo l’uso di tecniche di aratura minima che hanno abbassato il tasso di erosione del suolo”.

Per questo la tecnologia OGM potrebbe essere “particolarmente utile per gli agricoltori del mondo in via di sviluppo che, per ragioni di età o malattia, non possono occuparsi del tradizionale controllo manuale delle infestanti”.

“Inoltre – afferma il documento – la tecnologia dell’ingegneria genetica può combattere le carenze nutritive tramite modificazioni tese a fornire micronutrienti essenziali” come per esempio la produzione del Golden Rice, un tipo di riso biofortificato con la provitamina A, il cui consumo quotidiano sarebbe sufficiente a prevenire la carenza di vitamina A.

Dal punto di vista ambientale, il documento afferma che “l’applicazione della tecnologia dell’ingegneria genetica ai fini della resistenza agli insetti ha permesso sia una riduzione nell’uso degli insetticidi chimici che l’abbassamento dei costi e il miglioramento della salute dei lavoratori agricoli”. Inoltre con l’uso degli OGM si possono “ridurre le pratiche nocive e ad alto consumo energetico di aratura meccanica, preservando la biodiversità e proteggendo l’ambiente”

In contrasto con la pubblicistica che presenta gli OGM come uno strumento che favorisce solo gli interessi di compagnie multinazionalei, gli scienziati sostengono che “l’ingegneria genetica ha già aumentato la resa agricola dei contadini poveri ed è ormai provato che permetta un aumento dei redditi e del tasso di occupazione che altrimenti non si verificherebbero”.

A questo proposito il documento invita a sostenere e incoraggiare la ricerca di nuovi prodotti OGM soprattutto nei paesi poveri e critica l’enorme ed onerosa sovraregolamentazione richiesta per ottenere i brevetti delle piante geneticamente modificate.

In merito alle colture tradizionali, il documento spiega che gli OGM non discriminano, ma al contrario favoriscono tutti i tipi di sviluppo.

Infine, concludono gli scienziati, “dobbiamo continuare a valutare il contributo potenziale di tutte le tecnologie appropriate che, insieme ai metodi tradizionali di miglioramento genetico e ad ulteriori strategie, devono essere usate per migliorare la sicurezza alimentare e alleviare la povertà per le generazioni future”.