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1. Il Natale e l’Epifania: due aspetti dell’unico mistero
La celebrazione del mistero natalizio poggia sulle due solennità del Natale e dell’Epifania, l’una di origine occidentale (Natale), l’altra di origine orientale (Epifania), che mettono in luce, in modo complementare, la ricchezza del mistero dell’Incarnazione del Verbo.[1] La prima celebra il fatto storico [2] della nascita di Gesù a Betlemme, si china con stupore sul Dio che si è fatto uomo, evidenzia in tutta la sua verità la natura umana del Figlio di Dio “in tutto simile a noi, fuorchè nel peccato”. La seconda, conformemente al genio contemplativo dell’Oriente, celebra la manifestazione di Dio che si rivela nel tempo ed entra nella storia. Pone l’accento sulla natura divina [3]del “Dio fatto uomo”, che mette in fuga le tenebre del mondo e lo inonda di un fulgore celeste.[4] Il Natale annunzia il compimento delle profezie fatte ai Padri e la fedeltà di Dio alle antiche promesse del Redentore. Il Cristo è venuto anzitutto per il suo popolo: Maria, Giuseppe, i pastori, Simeone ed Anna, rappresentano il “resto” fedele d’Israele, che attendeva nella speranza. L’Epifania proclama che il Messia e la sua salvezza è per tutti i popoli [5], di cui i Magi sono la primizia.[6] Nel rapporto tra il Natale e l’Epifania è anticipato il mistero che si realizzerà pienamente nella Pasqua e nella Pentecoste. In tal modo le due solennità celebrano con accenti diversi, ma complementari, il mistero del Cristo vero Dio e vero uomo e insieme annunziano che la sua salvezza è “per il suo popolo e per i suoi fedeli” (Sal 84, 9), ma anche per tutte le genti, per coloro che lo “cercano con cuore sincero”[7] “e ritornano a lui con tutto il cuore” (Sal 84, 9).
2. Il “mirabile scambio”
Nei Primi Vespri dell’ottava del s. Natale la prima antifona canta: “Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine; fatto uomo senza opera d’uomo, ci dona la sua divinità”. E il Prefazio III di Natale proclama: “In lui oggi risplende in piena luce il misterioso scambio che ci ha redenti: la nostra debolezza è assunta dal Verbo, l’uomo mortale è innalzato a dignità perenne e noi, uniti a te in comunione mirabile, condividiamo la tua vita immortale”. “Tema centrale del Natale è il “mirabile scambio”, per cui Dio prende ciò che è nostro e ci dà ciò che è suo. “Dio aveva un Figlio e ne ha fatto il figlio dell’uomo e, in cambio, di un figlio dell’uomo ha fatto un figlio di Dio” (s. Agostino). La possibilità inaudita che ci è ormai offerta: Conoscere Dio vedendolo. Ciò corrisponde a un desiderio ardente, antico quanto l’uomo: vedere Dio. Mosè l’aveva chiesto e si è sentito rispondere: “Nessuno può vedere Dio senza morire”. Filippo ha espresso a Gesù lo stesso desiderio, e si è sentito rispondere: “Chi vede me vede il Padre”. Il desiderio è esaudito, perchè Cristo, nostro fratello come uomo, è l’immagine perfetta del Padre, “splendore della sua gloria”.[8]
3. Le nozze regali tra Dio e il suo popolo
La liturgia natalizia propone in modo insistente anche il tema della “sponsalità”. Dio è lo Sposo del suo popolo e l’incarnazione è la celebrazione nuziale delle nozze tra Dio e l’umanità. Infatti nella 1a lettura della Messa vigiliare del Natale si legge: “La tua terra sarà chiamata “sposata” perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore, come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te” (Is. 62, 5). L’antifona al “Magnificat” dei Primi Vespri del Natale canta: “Quando sorgerà il sole, vedrete il Re dei re: come lo sposo dalla stanza nuziale egli viene dal Padre”. E ancora “Tu, bambino, figlio di Dio, hai rinnovato la nostra vita: come sposo dalla stanza nuziale sei uscito dal grembo di Maria”.[9] Nel secondo anno dell’Ufficio di lettura del tempo natalizio si legge il “Cantico dei cantici”, nel quale è simboleggiata l’unione di Dio e dell’uomo in Cristo. “Allora, infatti, Dio Padre celebrò le nozze di Dio suo Figlio, quando nel grembo della Vergine lo congiunse alla natura umana, allorchè volle che colui che era Dio prima dei secoli, diventasse uomo alla fine dei secoli”.[10]
4. Cristo è la “luce del mondo”
Il tema della “luce” è centrale nella liturgia natalizia. Già nella tradizione ebraica il 25 del mese di Kasleu (dicembre) si celebrava la festa della Dedicazione del tempio, dopo la profanazione di Antioco Epifane, festa molto popolare con l’accensione di molti lumi e per questo detta “festa delle luci” ( 1 Mac 4,36; Gv 10, 22 ) Possiamo ritenere questa solenne festa ebraica una profezia del Natale; infatti, con la nascita di Cristo viene riconsacrato il tempio di Dio, cioè l’uomo e il mondo, profanati dal peccato.[11] Anche il “Martirologio” del 25 dicembre, annunziando il Natale, canta: “…Gesù Cristo, eterno Dio e Figlio dell’eterno Padre, volendo consacrare il mondo colla sua piissima venuta… nacque da Maria Vergine…”[12] Il tema della luce emerge in particolare nella liturgia natalizia, sia in Isaia 9, 1: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”, e soprattutto nel Prologo del vangelo di s.Giovanni (Gv 1, 9. 5): “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.” Alle espressioni bibliche fanno eco quelle liturgiche. Il Prefazio I del Natale canta: “Nel mistero del Verbo incarnato è apparsa agli occhi della nostra mente la luce nuova del tuo fulgore, perché conoscendo Dio visibilmente, per mezzo suo siamo rapiti all’amore delle realtà invisibili”. E il versetto alleluiatico della messa del giorno di Natale esprime l’esultanza della Chiesa: “Un giorno santo è spuntato per noi: venite tutti ad adorare il Signore; oggi una splendida luce è discesa sulla terra”. E’ particolarmente nell’Epifania che il simbolismo di Cristo-luce raggiunge l’apice: “Alzati, rivestiti di luce, perchè viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1 ). Perciò la liturgia raccomanda che in questo giorno “siano opportunamente moltiplicate le luci”.[13] In oriente l’Epifania è pure chiamata “festa dei lumi”.[14] Infine rimane classica l’immagine di Cristo “sole che sorge”, offerta dal cantico evangelico del “Benedictus”: “Verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte”. (Lc 1, 78-79) Questa immagine ha motivato tutta una simbologia relativa al solstizio d’inverno[15], tempo nel quale si celebra il Natale. San Bernardo nel discorso 1° per l’Avvento descrive in questo modo la situazione del mondo: “Scendeva la sera e il giorno già volgeva alla fine: il Sole di giustizia era quasi scomparso, tanto che il suo splendore e il suo calore erano molto deboli sulla terra. La luce della conoscenza di Dio era esigua e, per il dilagare dell’iniquità, il fervore della carità si era raffreddato. Nessun angelo più appariva, non un profeta che parlasse: desistevano come vinti dalla delusione, per l’eccessiva durezza d’animo e caparbietà degli uomini. ‘Allora ho detto:’, parola del Figlio, ‘Ecco io vengo…” (Sl 39, 8).[16] Pietro di Blois afferma: “Alla prima (venuta del Signore) applichiamo le parole di verità del Vangelo: ‘A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo!’ (Mt 25, 6). Per mezzanotte intendo il lento decorso delle ore notturne nel pieno silenzio. Era notte per i Giudei, ai quali la malizia aveva velato gli occhi perché non vedessero. Allo stesso modo anche il popol
o dei pagani camminava nelle tenebre. Fu rotto il silenzio della notte. Venne colui che porta la luce nella profondità delle tenebre: fugò la notte e fece giorno”.[17]
E san Gregorio Nisseno nella sua omelia sulla Natività: “In questo giorno che il Signore ha fatto, le tenebre cominciano a diminuire e, aumentando la luce, la notte è ricacciata al di là delle sue frontiere. Certo, fratelli, ciò non accade né per caso né per volere estraneo, il giorno stesso in cui risplende Colui che è la vita divina nell’umanità. E’ la natura che, sotto questo simbolo, rivela un arcano a quelli il cui occhio è penetrante, e i quali sono capaci di comprendere la circostanza della venuta del Signore. Mi sembra di sentirlo dire: O uomo, sappi che sotto le cose che tu vedi ti vengono rivelati misteri nascosti. La notte, come hai visto, era giunta alla sua più lunga durata, e d’improvviso s’arresta. Pensa alla notte funesta del peccato che era giunta al colmo per l’unione di tutti gli artifici colpevoli: oggi stesso il suo corso è stroncato. A partire da questo giorno, essa è ridotta, e presto sarà annullata. Guarda ora i raggi del sole più vivi, l’astro stesso più alto nel cielo, e contempla insieme la vera luce del Vangelo che si leva sull’universo intero”. [18] E sant’Agostino: “Ecco perché Egli è nato in questo giorno, che è il più corto di tutti, ma, a cominciare dal quale, i giorni incominciano ad allungarsi. Lui che s’è abbassato per elevarci, ha scelto il giorno più corto, ma, a incominciare dal quale, la luce cresce”. [19] Secondo san Girolamo, perfino la natura, con il suo solstizio invernale, è a favore di tale consuetudine romana (la festa del Natale il 25 dicembre): “La creazione conferma il nostro dire, l’universo attesta la verità delle nostre parole. Fino q questo giorno aumenta la lunghezza del buio; a partire da questo giorno, le tenebre diminuiscono. Aumenta la luce, si accorciano le notti. Il giorno cresce, cala l’errore affinché sorga la verità. Infatti oggi ci è nato il sole della giustizia”.[20] Anche i pagani in qualche modo annunziarono il grande mistero natalizio con la festa del solstizio invernale, che celebrava il “sole vittorioso”, profezia del vero Sole invincibile, Cristo, luce del mondo.[21]
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[1] JUNGMANN, La liturgia della Chiesa, p. 263-264: “Sotto il profilo teologico, la differenza delle due solennità nella liturgia romana può essere così delineata: il mistero dell’incarnazione rimane per entrambe l’unico tema; ma col Natale viene considerata specialmente la degnazione del Figlio di Dio, fattosi un comune bambino; con l’Epifania si volge lo sguardo specialmente alla grandezza divina dello stesso bambino, che già s’irradia su tutto il mondo.”
[2] RATZINGER, J. Introduzione allo spirito della liturgia, ed. San Paolo, 2001, p. 104: “Le vecchie ipotesi, secondo cui il 25 dicembre era stato scelto a Roma in polemica con il culto mitraico o anche come risposta cristiana al culto del sole invitto, che era stato promosso dagli imperatori romani nel corso del terzo secolo come tentativo di stabilire una nuova religione di stato, oggi non paiono più sostenibili. Decisivo fu piuttosto lo stretto rapporto tra creazione e croce, tra creazione e Concepimento di Cristo, nella misura in cui a partire dall’ ‘ora di Gesù’ queste date venivano a coinvolgere il cosmo, lo interpretavano come pre-figurazione e pre-annunzio di Cristo, il primogenito della creazione (Col 1, 15), di cui parla la creazione stessa e attraverso il quale viene decifrato il suo tacito messaggio. Dal primogenito della creazione, che ora è entrato nella storia, il cosmo riceve il suo vero senso… A partire da questo contenuto originariamente cosmico della data del Concepimento e della Nascita poteva essere anche ripresa la sfida del culto solare e inserita positivamente nella teologia della festa.” FEDERICI, T., Dalla rivista 30 giorni, 1 gennaio 1998: “ ‘il 25 dicembre è una data storica’. Lo ha ribadito il professor Tommaso Federici, docente alla Pontificia Università Urbaniana e consultore in due Congregazioni vaticane, in un articolo apparso sull’ Osservatore Romano del 24 dicembre scorso. ‘Si spiega il 25 dicembre’ scrive Federici ‘come cristianizzazione di una festa pagana, il natale del Sole invitto; oppure come equilibrio simmetrico, estetico tra il solstizio d’inverno (21 o 22 dicembre) e l’equinozio di primavera (23 o 24 marzo). Ma una scoperta nuova di pochi anni or sono ha portato luce definitiva sulla data del Natale del Signore. Già lo studioso israeliano Shemaryahu Talmon nel 1958 aveva pubblicato uno studio approfondito sul calendario della setta di Qumran, ricostruendo senza dubbi l’ordine dei turni sacerdotali nel tempio di Gerusalemme (cfr. 1 Cr 24, 7-18) ai tempi del Nuovo Testamento. Qui la famiglia di Abijah, a cui apparteneva Zaccaria, padre del Prodromo e Precursore Giovanni (Lc 1, 5), doveva officiare 2 volte l’anno, i giorni 8-14, del mese terzo, e i giorni 24-30 dell’ottavo mese. Quest’ultima cadeva circa alla fine di settembre. Non è senza senso che il calendario bizantino festeggi ‘la concezione di Giovanni’ il 23 settembre, e la sua nascita 9 mesi dopo, il 24 giugno. I ‘sei mesi’ dopo dell’Annunciazione, fissata come festa liturgica il 25 marzo, precedendo di 3 mesi la nascita del Precursore, preludono ai 9 mesi, che cadono in dicembre: il 25 dicembre è data storica”. * Anche il nuovo Martirologio Romano (Editio typica 2001) ha recepito la Commemorazione dei santi Gioacchino ed Anna il 23 settembre.
[3] GUERANGER, vol. I, p. 238: “Il giorno dell’Epifania del Signore è dunque veramente un gran giorno; e la letizia nella quale ci ha immersi la natività del divino Bambino deve effondersi nuovamente in questa solennità. Infatti, questo secondo irradiamento della Festa del Natale ci mostra la gloria del Verbo incarnato in un nuovo splendore; e senza farci perdere di vista le bellezze ineffabili del divino Bambino, manifesta in tutta la luce della sua divinità il Salvatore che ci è apparso nel suo amore. Non sono più soltanto i pastori che son chiamati dagli Angeli a riconoscere il Verbo fatto carne, ma è il genere umano, è tutta la natura che la voce di Dio stesso chiama ad adorarlo e ad ascoltarlo”.
[4] Anamnesis, vol. VI, p. 188.
[5] GUERANGER, vol. I, p. 239: “La ragione della preferenza della Chiesa Romana per il mistero della Vocazione dei Gentili deriva dal fatto che questo grande mistero è sommamente glorioso a Roma che, da capitale della gentilità quale era stata fino allora, è diventata la capitale della Chiesa cristiana e dell’umanità, per la vocazione celeste che chiama oggi tutti i popoli alla mirabile luce della fede, nella persona dei Magi”.
[6] Anamnesis, vol. VI, p. 188; MESALE MARIANO, Prefazio della 6° Messa: “Sospinti dalla tua grazia, alla luce della stella, i magi d’Oriente, primi virgulti della Chiesa dalle genti, trovano nell’umile dimora il Bambino, con la Madre, lo adorano Dio, lo proclamano Re, lo confessano
Redentore”.
[7] MRI, PE IV.
[8] LOM, p. 92.
[9] LO, 2 genn., ant. Magn.
[10] UNIONE MONASTICA ITALIANA PER LA LITURGIA, L’Ora dell’Ascolto, Torino, ed. Marietti, 1977, vol.1°, p. X.
[11] RATZINGER, J., Immagini di speranza, Le feste cristiane in compagnia del Papa, ed. San Paolo, 2005, p. 10: “Il primo ad affermare con certezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma nel suo commento a Daniele, scritto verso il 204; Bo Reicke, già professore di esegesi a Basilea, ha inoltre richiamato l’attenzione sul calendario festivo, secondo il quale nel vangelo di Luca i racconti della nascita el Battista e della nascita di Gesù sono legati fra loro. Se ne potrebbe dedurre che Luca presuppone già nel suo vangelo la data del 25 dicembre come giorno della nascit
a di Gesù. Allora in quel giorno si celebrava la festa della dedicazione del tempio istituita da Giuda Maccabeo nel 164 a. C. La data della nascita di Gesù verrebbe allora a simbolizzare che con lui, apparso come luce di Dio nella notte invernale, si realizzava veramente la consacrazione del tempio – l’avvento di Dio su questa terra”.
[12] Martirologio Romano, Pubblicato per ordine del Sommo Pontefice Gregorio XIII riveduto per autorità di Urbano VIII e Clemente X aumentato e corretto nel MDCCXLIX da Benedetto XIV, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, MDCCCCLV, 25 dic., Natale del Signore, p. 333.
[13] Caeremoniale Episcoporum ex decreto sacrosancti oecumenici Concilii Vaticani II instauratum auctoritate Ioannis Pauli PP. II promulgatum, Editio typica, Typis Polyglottis Vaticanis, MCMLXXXV, n. 240; Anamnesis, vol. VI, p. 185.
[14] GUERANGER, vol. I, p. 237: “Gli Orientali chiamano ancora questa solennità i santi Lumi, a motivo del Battesimo che si conferiva un tempo in questo giorno in memoria del Battesimo di Gesù Cristo nel Giordano: E’ noto come il Battesimo sia chiamato dai Padri illuminazione, e quelli che l’hanno ricevuto illuminati”. RIGHETTI, vol. II, p. 103: “In questo giorno erano battezzati i catecumeni, donde i nomi di Festa delle Luci, dies baptismalis, datogli dai Padri greci”.
[15] GUERANGER, vol 1, p. 124-125: “Gesù Cristo nostro Salvatore, che è la luce del mondo (Gv 8, 12), è nato al momento in cui la notte dell’idolatria e del delitto era più profonda in questo mondo. E il giorno della Natività, il 25 dicembre, è precisamente quello in cui il sole materiale, nella sua lotta con le ombre, vicino a spegnersi, si rianima d’un tratto e prepara il suo trionfo. Nell’Avvento abbiamo notato, con i santi Padri, la diminuzione della luce fisica come il triste emblema di quei giorni di attesa universale; ci siamo rivolti con la Chiesa verso il divino Oriente, verso il Sole di Giustizia, il solo che possa sottrarci agli orrori della morte del corpo e dell’anima. Dio ci ha ascoltati; e nel giorno stesso del solstizio d’inverno, famoso per i terrori e i gaudi del mondo antico, ci da insieme la luce materiale e la fiaccola delle intelligenze”. p. 125-126: “In un sermone sul Natale, s. Agostino ci da la chiave d’una frase misteriosa di san Giovanni Battista, che conferma meravigliosamente il pensiero tradizionale della Chiesa. L’ammirabile Precursore aveva detto, parlando di Cristo: Bisogna che egli cresca e che io diminuisca (Gv 3, 30). Sentenza profetica la quale, nel senso letterale, significa che la missione di s. Giovanni Battista volgeva al termine dal momento che il Salvatore stesso entrava nell’esercizio della sua. Ma possiamo vedervi anche, con sant’Agostino, un secondo mistero: ‘ Giovanni è venuto in questo mondo nel tempo in cui i giorni cominciano ad accorciarsi; Cristo è nato nel momento in cui i giorni cominciano ad allungarsi’ (Discorso in Natale Domini, XI). Cosicché tutto è mistico: sia il levarsi dell’astro del Precursore al solstizio d’estate, sia l’apparizione del Sole divino nella stagione delle ombre”.
[16] L’Ora dell’Ascolto, vol 1°, p. 54.
[17] L’Ora dell’Ascolto, vol 1°, p. 29.
[18] GUERANGER, vol. I, p. 125
[19] NOE’, V., Andiamo a Betlemme, ed. Messaggero, Padova, 1980, p. 60
[20] NOCILLI, A., P., N., E’ nato per noi il Signore, Storia, teologia, folclore del Natale, Padova, ed. Messaggero, 1983, p.29.
[21] GUERANGER, vol. 1°, p. 301-302: “Consideriamo la situazione della natura nella stagione dell’anno alla quale siamo giunti. La terra si è spogliata dell’usata veste, i fiori sono morti, i frutti non pendono più dagli alberi, il fogliame dei boschi è disperso dai venti, e il freddo colpisce ogni essere vivente; si direbbe che la morte è alle porte. Se almeno il sole conservasse il suo splendore, e tracciasse ancora nell’aria il suo corso radioso! Ma, di giorno in giorno, anch’egli accorcia il suo cammino. Dopo una lunga notte, gli uomini lo scorgono per vederlo presto ricadere al tramonto, nell’ora stessa in cui poco tempo fa i suoi raggi brillavano ancora di vivo splendore, ed ogni giorno che passa vede accelerarsi la rapida invasione delle tenebre. E’ forse il mondo destinato a veder spegnersi per sempre la sua fiaccola? E’ forse il genere umano condannato a finire nella notte? I pagani lo temerono, e per questo, contando con spavento i giorni di questa terribile lotta della luce e delle tenebre, consacrarono al culto del Sole il venticinquesimo giorno di dicembre, che era il solstizio d’inverno, giorno dopo il quale l’astro, sfuggendo ai legami che lo trattenevano, comincia a risalire e riprende gradualmente quella linea trionfante con la quale poco tempo fa divideva il cielo in due parti. Noi cristiani, illuminati dagli splendori della fede, non ci arresteremo a queste umane paure: cerchiamo un sole al confronto del quale il sole invisibile non è che tenebre. Con esso, potremo sfidare tutte le ombre materiali; senza di esso, la luce che crederemmo di avere non fa altro che sviarci e perderci. O Gesù, luce vera che illumini ogni uomo che viene in questo mondo, tu hai scelto, per nascere in mezzo a noi, l’istante in cui il sole visibile è vicino a spegnersi, per farci comprendere, con questa mirabile immagine, lo stato in cui eravamo ridotti quando venisti a salvarci e illuminarci”. NOCILLI, A., P., N., E’ nato per noi il Signore, Storia, teologia, folclore del Natale, Padova, ed. Messaggero, 1983, p.22-36.