ROMA, venerdì, 17 dicembre 2010 (ZENIT.org).- La Chiesa può dare ancora oggi un contributo essenziale alla crescita del Paese e della sua cultura anche attraverso la teologia. Lo ha detto il 15 dicembre, a Bologna, il Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), mons. Mariano Crociata, nella prolusione per l’apertura del nuovo anno accademico della Facoltà teologica dell’Emilia Romagna.
Tracciando un breve excursus storico il presule è partito con il ripercorre quel “convulso e a tratti drammatico conseguimento dell’unificazione” dell’Italia, caratterizzato spesso da una “contrapposizione alla istituzione ecclesiale” da cui ha preso avvio “un lento processo di rielaborazione della presenza del cattolicesimo in Italia che assumerà una forma differenziata rispondente alle nuove circostanze storiche”, prima “in una dimensione innanzitutto sociale, e poi anche politica e istituzionale”.
Nel corso della storia, il cattolicesimo e la Chiesa in Italia sono riusciti a dare vita a “una comunità umana non solo plasmandola come realtà ecclesiale, ma contribuendo in misura decisiva a farle assumere la configurazione di comunità nazionale”.
“Di converso – ha continuato –, la nazione italiana non potrebbe essere intesa per ciò che essa è senza cogliervi interiormente quest’anima cristiana, qualunque sia la forma e la misura di incidenza che le si debba attribuire, particolarmente in questa fase della sua storia”.
L’incarnarsi del Vangelo nella storia italiana, ha aggiunto, “ha prodotto inediti spazi di libertà, che sono insieme manifestazione di una identità e dimostrazione della capacità di accoglienza e di riconoscimento della libertà e della dignità umana che i contenuti di questa stessa identità consentono”.
Successivamente, mons. Crociata ha passato in rassegna le sfide che interpellano il nostro Paese come la forte presenza di immigrati, la questione della divaricazione tra il Meridione e il resto del Paese, e la riforma dell’organizzazione dello Stato e della sua amministrazione in senso federalista.
Ecco quindi che, nella stagione sociale e culturale attuale, la missione civile dei cattolici consiste nel “trovare e proporre ragioni di vita”, rinsaldando la propria identità. E in questa direzione, ha aggiunto, va inteso il rilancio del compito educativo che i Vescovi ci si sono assunti per il prossimo decennio.
“Cattolicesimo e Chiesa – ha sottolineato – possono dunque recare un contributo essenziale al cammino del paese ancora a 150 anni dalla sua unificazione politica, mentre tale contributo non appare oggi solo attuale, ma per certi versi addirittura ancor più urgente che in certi momenti del passato recente”.
Parlando poi della opportunità o meno della presenza della teologia nelle università civili, ha quindi affermato: “bisogna riconoscere che la teologia italiana può fare molto di più per essere presente nel dibattito pubblico della nostra società. Naturalmente non possiamo non denunciare i pregiudizi e i tanti condizionamenti che limitano o rendono più difficile il contributo della fede pensata al confronto pubblico”. Da qui l’invito a un maggiore “studio”, “serietà” e “disciplina” nel lavoro teologico.
“Cattolicesimo e Chiesa – ha concluso – non possono, solamente, ma debbono impegnarsi anche oggi, anche qui, in Italia, in quella ‘via istituzionale alla carità’ per la quale si contribuisce sempre nuovamente alla trasformazione del vivere sociale in città dell’uomo”.