Qual è il contributo dei cristiani dopo il Sinodo del Medio Oriente?

Itinerari per giovani in Terra Santa voluti da Fiac, Patriarcato latino e Custodia

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ROMA, domenica, 5 dicembre 2010 (ZENIT.org).- “E’ solo un documento ma deve diventare la vita della gente con la formazione, la preghiera, il dialogo tra cristiani e le altre religioni”: lo ha sottolineato fr. Peter du Brul s.j., fondatore del Dipartimento per gli studi religiosi all’Università di Betlemme, a proposito delle conclusioni del Sinodo per il Medio Oriente tenutosi a Roma nello scorso ottobre.

L’occasione è stata un incontro con la parrocchia S. Caterina di Alessandria a Betlemme dei giovani del Forum internazionale di Azione cattolica che stanno partecipando alla proposta di formazione residenziale ed itinerante in Terra Santa “Insieme nel cuore del mondo. Itinerari di giovani nella terra di Gesù” (fino al 13 dicembre prossimo), voluta dal Fiac in collaborazione con il Patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa.

“Qual è il contributo che tutti i cristiani possono dare dopo il Sinodo del Medio Oriente?”, hanno chiesto i giovani partecipanti a mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme. “Pregare, visitare, proseguire nella comunione”: questa la sintesi indicata da Shomali.

“Cari cristiani d’Europa – ha affermato il vescovo ausiliare di Gerusalemme -, per prima cosa pregate per noi perché il Signore che è padre e padrone della storia può operare cambiamenti”. Occorre “pregare con le parole del salmo: sia pace su Gerusalemme”. “Venite a compiere un pellegrinaggio in Terra santa – ha invitato Shomali -, non solo per visitare noi, ma anche per voi”. Infatti “noi saremo più forti se in Europa la vostra fede è più forte. Sentiamo che la fede in Occidente è vacillante e questo rende deboli anche noi, fratelli nella fede. Il viaggio in Terra santa aiuta ad approfondire la fede di ognuno e a rafforzarla”.

“Voi già ci aiutate molto – ha aggiunto Shomali – a livello di conferenze episcopali, diocesi e parrocchie. Non possiamo pretendere di più. Tutto quello che possiamo dire è grazie per la solidarietà che avete manifestato verso i cristiani di Terra santa durante gli anni difficili dell’intifada. So che continuate a farlo con cuore grande e la vostra visita fa parte di questa solidarietà che già esiste tra voi e noi”.

A proposito dell’importanza della collaborazione tra le diverse chiese sottolineata dal Sinodo, “con il Concilio Vaticano II – ha affermato Pier Giorgio Giannazza sdb, docente di teologia presso l’Istituto teologico salesiano di Gerusalemme rispondendo alla domanda dei giovani del Fiac – e la venuta di Papa Paolo VI nel 1964, si è creato un clima nuovo”. Un clima di comprensione che “pone al centro il dialogo della vita prima ancora del dialogo della dottrina”. Si tratta di un elemento molto importante “perché in Medio oriente ciò che conta sono i gesti, i segni che sono superiori alle parole così che, quando Paolo VI si è inchinato e ha baciato il piede del rappresentante del Patriarca di Costantinopoli, è stato come il gesto fatto da Gesù, che non si può superare”.

Da quel gesto “sono nate tante vie di dialogo e oggi sappiamo che le differenze tra le chiese sono accettabili finché si tratta di differenze liturgiche, canoniche, tradizionali”. Per quanto riguarda, invece, le differenze dottrinali “si è capito che per la maggior parte esse riguardano linee di pensiero: non sono contrarie l’una all’altra ma sono possibilità di comprensione del medesimo mistero – Gesù Cristo – e ognuna può illuminare l’altra”.“Ci vorrà molto tempo – ha concluso Giannazza – così come ci si è divisi in un processo di secoli e occorrerà sempre più un progressivo comprendersi, ma siamo sulla buona via”.

Da domenica 5 dicembre, il percorso itinerante dei giovani del Fiac si sposterà a Nazareth per nuovi incontri con le parrocchie e le comunità religiose presenti in Galilea e con mons. Giacinto Marcuzzo, vicario patriarcale per Israele.

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ZENIT Staff

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