Paloma Gómez Borrero: una vita dedicata all'informazione della Santa Sede

La giornalista spagnola ha ricevuto il premio Bravo! alla carriera

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di Carmen Elena Villa

MADRID, mercoledì, 10 novembre 2010 (ZENIT.org).- Da Paolo VI a Benedetto XVI, Paloma Gómez Borrero copre da più di trent’anni le notizie del Vaticano per vari media spagnoli, il che le ha fatto conferire questo martedì il premio Bravo! alla carriera da parte della Commissione Episcopale per i Mezzi di Comunicazione Sociale in Spagna.

Si tratta del massimo grado di un’onorificenza che riconosce l’opera di quei professionisti della comunicazione in Spagna che si sono distinti per il loro servizio alla dignità dell’uomo, ai diritti umani e ai valori evangelici.

Paloma Gómez, di 74 anni, lavora come corrispondente della catena COPE da Roma e dal Vaticano. E’ anche autrice di vari libri. La giornalista ha condiviso con ZENIT alcuni dei principali momenti e riflessioni della sua lunga carriera di giornalista esperta in comunicazione della Santa Sede.

Come ha accolto questo premio?

Paloma Gómez Borrero: In primo luogo con grande sorpresa, perché non me l’aspettavo. Avevo ricevuto il Bravo! della radio molti anni fa, e poi mi hanno chiamata dicendomi che mi avevano conferito il Bravo! speciale per una vita dedicata alla stampa, all’informazione. Mi è sembrato meraviglioso.

Come è diventata una giornalista esperta in informazione della Santa Sede?

Paloma Gómez Borrero: In realtà non è una cosa che ho cercato. Lavoravo alla Televisione Spagnola per l’Italia, dove sono venuta ad abitare perché ho sposato un italiano. Ho dovuto seguire la morte di Paolo VI ed è stato un resoconto tranquillo, poi ho trovato Giovanni Paolo II, un Papa viaggiatore, molto vicino, con una grande carisma. In alcuni viaggi ero l’unica donna dell’aereo, e questo faceva sì che il Papa fosse particolarmente attento nei miei confronti. Scherzava con me, mi diceva che mi chiamavo Paloma perché volavo tanto.

Lei esercita il giornalismo da tanti anni. Avrà conosciuti vari personaggi che l’hanno colpita. Ci può parlare di qualcuno di loro?

Paloma Gómez Borrero: Madre Teresa è senz’altro il primo. Ricordo i suoi occhi, il suo sorriso. Sono andata a Calcutta per conoscerla. In quell’inferno di Calcutta è nata la sua epopea di carità. Lì abbiamo accompagnato Giovanni Paolo II.

Ricordo anche quando il Papa le donò la casa Dono di Maria in Vaticano per aiutare i più bisognosi. Quando il Papa è andato a inaugurare la casa, io ero al fianco di Madre Teresa, che mi ha dato le sue medagliette della Madonna Miracolosa e mi ha detto di darle a chi volevo. Sono andata con lei a pregare nella cappella.

Ricordo anche quando l’ho intervistata per la TVE Española. Allora non era la Madre Teresa Premio Nobel per la Pace, ma era comunque conosciuta. Il cameraman le fece molti primi piani, gli chiesi perché e mi rispose: “Non so chi sia questa suora, ma non riuscivo ad allontanare la telecamera dai suoi occhi”. Mi disse anche: “Se non vuoi dar voce all’intervista non è necessario, lascia che siano i suoi occhi a parlare”.

Ci sono tanti aneddoti… L’estate prima della sua morte, quando era già molto malata, le chiesero che cosa avrebbe detto a San Pietro quando fosse arrivata in cielo, e lei rispose scherzando: “Mi rimprovererà perché gli ho riempito il cielo di poveri”.

Seguiamo l’ordine dei pontificati che ha dovuto coprire. Che cosa ricorda di Paolo VI?

Paloma Gómez Borrero: Molto poco, perché quando ho iniziato a coprire le informazioni della Santa Sede era già molto malato. Ricordo in particolare la sua morte e il conclave, avvenuto dopo 15 anni. Informare su questo è stata una grande sfida per me.

Ricordo che prima del conclave dovevo intervistare dei Cardinali ed era piuttosto difficile. Avevamo una sezione di pre-conclave nel telegiornale delle nove. Tutti i giorni c’era un Cardinale da intervistare in diretta e li portavo alla RAI. Tra loro c’era un Cardinale africano. Lo interpellai sulla possibilità che venisse eletto un Papa nero ed egli mi rispose, indicando l’alto, “Lasci che risponda l’altra colomba” [in spagnolo paloma, come il nome della giornalista, n.d.t.], riferendosi allo Spirito Santo.

Che cosa ricorda del breve pontificato di Giovanni Paolo I?

Paloma Gómez Borrero: Ricordo quando venne a vedere chi aveva coperto il conclave. Era un grande parroco, molto cordiale e dolce. Ci disse di aver letto le cronache dopo essere stato eletto Papa e che non avevamo indovinato quasi nulla di ciò che raccontavamo che era successo nel conclave. Ci diceva: “Non inventate, raccontate solo ciò che vedete”. Ci disse anche: “Siete così importanti che se oggi San Paolo fosse vivo sarebbe un giornalista e cercherebbe di entrare in un servizio informativo per la forza che avete”.

Su Giovanni Paolo II c’è molto da dire… Che cosa ricorda maggiormente di lui come persona?

Paloma Gómez Borrero: Quella sensibilità e quella sintonia con i giovani, ai quali disse fin dal primo momento “Spalancate le porte a Cristo”, e il “Non abbiate paura” a un mondo che ha paura. E’ questo che ha fatto sì che abbia creato in modo tanto incredibile le Giornate Mondiali della Gioventù. In Spagna, quando era già molto malato, nell’ultimo viaggio del 2003, disse: “Sono un giovane di 83 anni”.

Mi colpì moltissimo. Gli chiesi: “Dove va la Chiesa con Giovanni Paolo II?”, e mi rispose: “Avanti, alla ricerca dell’uomo e in sua difesa, e con il Vangelo in mano”, e credo che mi abbia detto tutto. Ricordo quando eravamo in Turchia, in quel viaggio così pericoloso perché Ali Agca era fuggito dal carcere. In quel momento il Papa disse: “Quando l’amore è più forte e più grande del pericolo, non si ha mai paura, e il mondo deve confidare in Dio”.

Qual è stato, a suo avviso, l’elemento più difficile di quel lungo pontificato?

Paloma Gómez Borrero: L’attentato. E’ stato del tutto inaspettato. Viaggiava su una jeep bianca, con la veste insanguinata tra le braccia di colui che oggi è il Cardinale Stanisław Dziwisz. Non ce ne siamo neppure resi conto. Ha dovuto essere la “Radio Vaticana” ad avvisarci che il terrorismo era entrato nella piazza. Molta gente è scoppiata in lacrime. Attraverso gli altoparlanti si diceva che era al Gemelli, in sala operatoria, ed è stato così tutta la notte, le chiese si sono aperte perché si potesse pregare per lui.

Come vede questi primi cinque anni di Papa Benedetto XVI?

Paloma Gómez Borrero: Questo Papa lo si scopre giorno dopo giorno. Ha un’intelligenza, una chiarezza, un’umiltà, un’affabilità e una vicinanza che non mi sarei immaginata, anche se avevo intervistato il Cardinale Ratzinger e avevo visto che era una persona molto vicina, che amava dialogare e soprattutto ascoltare.

Ammiro la sua linea e la sua coerenza. Vuole che Dio entri nella vita dell’uomo, della Nazione, che torniamo alle radici cristiane, che tutti coloro che credono in un Dio unico dialoghino e non lascino fuori la vita di ciascuno. Definisco Giovanni Paolo II una superstar, e Benedetto XVI Doctor affabilis.

Quali frutti crede che possa apportare la recente visita del Papa in Spagna?

Paloma Gómez Borrero: I discorsi sono stati magnifici. Il Papa era molto felice, e credo che il popolo spagnolo sia rimasto affascinato dal Papa. Ciò che ha detto è molto importante per la Spagna, e lo ha detto con una chiarezza e con un rispetto per tutti che probabilmente cambieranno molte cose.

Vede con speranza la situazione di fede in questo Paese?

Paloma Gómez Borrero: Sì, perché come ha detto il Papa un Governo o uno Stato laico non ha motivo di avere uno scontro con la Chiesa, ma piuttosto un incontro sui punti su cui sono d’accordo: difesa dell’uomo e della dignità, libertà per l’istruzione e la collaborazione che è necessaria. Lo scontro è molto pericoloso. E’ questo che ha voluto dire il Papa.

Quali crede che debbano essere le caratteristiche di un giornalista incaricato di info
rmare su ciò che avviene nella Chiesa?

Paloma Gómez Borrero: Non solo su ciò che avviene nella Chiesa, ma in qualsiasi campo su cui si debba informare, mettere davanti a tutto la verità. Istintivamente, si racconta come si vede o si interpreta un fatto, ma non si deve mai manipolare ciò che si sta vedendo. Non si può orchestrare la cronaca o ciò che dice il Papa o un uomo politico. Non si può estrapolare dal contesto o manipolare la notizia.

Un giornalista ha la fortuna di raccontare ciò che sta vedendo. Deve lasciare che la gente si crei un proprio giudizio, perché manipolare significa anche pensare che chi legge è uno stupido, perché gli si sta facendo vedere qualcosa che non è vero. E’ necessario lasciare che sia lui a giudicare, dargli bene la notizia e poi permettere al lettore, all’ascoltatore o allo spettatore di farsi una propria idea.
[Traduzione dallo spagnolo di Roberta Sciamplicotti]

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ZENIT Staff

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