ROMA, venerdì, 9 luglio 2010 (ZENIT.org).- Le rimostranze non trovino espressione nella violenza: è l’appello lanciato dall’Arcivescovo Buti Tlhagale, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Africa del Sud, questo giovedì dopo le voci sulla possibilità di attacchi xenofobi in Sudafrica dopo la fine dei Mondiali di calcio attualmente in corso nel Paese.
“Dopo aver ospitato con successo la Coppa del Mondo, in cui i sudafricani hanno dimostrato al mondo e a se stessi che cosa si può raggiungere quando lavoriamo tutti insieme, esortiamo Governo, datori di lavoro e cittadini ad ascoltare con rinnovato vigore le voci che esprimono lamentele legittime”.
“Noi Vescovi cattolici dell’Africa del Sud uniamo le nostre voci a quelle dei sudafricani ovunque siano, chiedendo che quanti sono tentati dal cadere nella violenza per qualsiasi ragione trovino altri modi per esprimere le proprie lamentele”, afferma la nota del presule.
“Chiediamo al Governo e alle comunità a ogni livello di affrontare la questione della violenza in un modo dinamico e produttivo che favorirà pace e tolleranza”.
“Usiamo la buona volontà dimostrata durante il Mondiale per costruire un Paese migliore”, esorta.
L’Arcivescovo ricorda che l’Africa del Sud “ha bisogno di trovare modi positivi e costruttivi per sollevare e dibattere questioni come una comunità unita”.
In questo contesto, la Dottrina Sociale cattolica “incoraggia il diritto e la responsabilità di tutte le fasce della comunità, inclusi i più poveri, di trovare una voce nella sfera pubblica per esprimere i propri bisogni e le proprie lamentele”.
“Le voci e le dichiarazioni devono essere provate. Non possiamo permettere che le voci diventino fatti”, dichiara l’Arcivescovo.
Molti degli obiettivi dei precedenti attacchi xenofobi, prosegue il presule, sono state persone di altri Paesi che ora vivono legalmente in Sudafrica.
Anche se “si dice che queste persone tolgono il lavoro ai sudafricani e che portano nel Paese un comportamento criminale”, l’evidenza mostra che queste persone “non sono più portate ad essere coinvolte in crimini di qualsiasi altra fascia della popolazione e in genere tendono più a creare opportunità di impiego che a sottrarre lavoro”.
Allo stesso modo, è fuorviante asserire che la causa della xenofobia è l’odio degli stranieri che vivono in Sudafrica. “La violenza passata contro le comunità straniere in nome di proteste contro servizi inadeguati suggerisce che dobbiamo vigilare e lavorare di più per migliorare il destino dei più poveri che risiedono in Sudafrica”.
“Spetta al nostro Governo gestire il flusso legale di persone dentro e fuori il Paese”, constata il presule, sottolineando che “una gestione appropriata assicurerà che i migranti legittimi abbiano documenti idonei e la possibilità di stabilirsi pacificamente nella comunità del Sud dell’Africa”.
“E’ ugualmente idoneo che il nostro Governo, come parte delle sue responsabilità internazionali, apra i nostri confini a quanti fuggono dalla persecuzione e dal crollo dell’economia dei propri Paesi”, aggiunge.
“Esortiamo le autorità come la Polizia e il Governo locale a rimuovere ogni traccia della cultura dell’impunità che a volte si è sviluppata in passato intorno a crimini associati alla violenza xenofoba”, rimarca.
“La violenza contro gli stranieri e i loro interessi economici non dovrebbe essere vista come un mezzo per ottenere vantaggi politici o economici, ma per ciò che è: atti criminali che sminuiscono e nuocciono a tutti noi”.
“Come custodi e insegnanti della verità e della dignità umana, assicuriamo il sostegno della Chiesa per costruire più integrazione locale, tolleranza e partecipazione alla vita pubblica”, riconosce l’Arcivescovo.
“Una combinazione di tolleranza da parte delle nostre comunità e di azione risoluta da parte del Governo può aiutare ad assicurare che le esperienze positive di tante persone che hanno visitato il Sudafrica negli ultimi mesi possano continuare a ripetersi nelle nostre comunità”, conclude.