Umiltà e obbedienza per dialogare con la modernità

Il Cardinale Angelo Bagnasco commemora il beato Antonio Rosmini

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di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 1° luglio 2010 (ZENIT.org).- Facendo riferimento alle vicende che hanno caratterizzato la vita del beato Antonio Rosmini, il cardinale Angelo Bagnasco ha spiegato che “la fede, la ragione, il cuore” sono la via per dialogare con la modernità e per superare gli ostacoli e le incomprensioni dettate dalla secolarizzazione.

Giovedì primo luglio, a Stresa, nel corso dell’omelia pronunciata durante la celebrazione della santa messa, per il 155° anniversario del “Dies Natalis” del beato Antonio Rosmini, il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana ha ricordato che “la via dell’incontro e del dialogo con la modernità, è ispirato da molte luci e aspirazioni comuni, ma che si è rivelato anche irto di ostacoli e precomprensioni non piccole e radicate”.

Per superare le difficoltà e le incomprensioni, l’Arcivescovo di Genova ha indicato la via della fede, della ragione e del cuore, come “ha voluto fare Rosmini attraverso un lungo e costante, esaltante e sofferto, itinerario di riflessione e di studio, ma innanzitutto di preghiera e di vita”.

“L’esperienza di Rosmini – ha precisato il porporato – suggerisce un’ulteriore condizione per colui che crede, pensa e dialoga: l’umiltà”, ed ha aggiunto “la sua vicenda è stata segnata anche da sofferenze e umiliazioni non piccole proprio da parte di coloro che egli amava nella fede”.

Come è noto, due dei migliori libri scritti da Rosmini “Le cinque piaghe della Chiesa” e “La costituzione secondo la giustizia sociale” vennero messi all’Indice.

Secondo il Cardinale Bagnasco, il modo con sui Rosmini reagì “attesta una umiltà profonda che si tradusse nella più completa obbedienza d’amore. Tutto accettò con fiducia, fino al pieno riconoscimento dei suoi scritti, tanto da far esclamare a Pio IX: ‘Sia lodato Iddio, che manda di quando in quando di questi uomini per il bene della sua Chiesa’”.

“Sappiamo – ha sottolineato il porporato – che l’umiltà di Rosmini non nasceva da una scarsa consapevolezza di sé, ma da una vita che aveva un centro e da quel centro non si mosse mai, neppure nelle circostanze più difficili: il centro era Gesù, la consapevolezza che Lui guidava la sua vita sempre, anche quando i sentieri apparivano incomprensibili e tortuosi”.

Per il Cardinale Bagnasco, Rosmini assume l’amore divino come chiave di lettura non solo della sua vita, ma della storia e del cosmo.

Il Presidente della CEI ha ricordato che il Pontefice Benedetto XVI, fin dall’inizio del suo pontificato, ha affermato che il problema principe dell’ora presente in Occidente è la questione di Dio.

“Ebbene – ha sostenuto -, l’esempio del Rosmini, ci mostra che la fede muta la vita alla radice: non toglie responsabilità, pesi e croci, ma tutto illumina di senso e salva con la misericordia e con l’amore”.

“Nessuno è più solo, Dio si prende cura di noi, ogni situazione diventa luogo di incontro e di grazia, si carica di eternità e di infinito, di redenzione per sé e per il mondo. Il presente si tinge di futuro e guarda la terra con gli occhi di Cristo: si riempie di speranza. L’uomo si scopre non condannato a morte ma destinato alla vita, non vagabondo verso il nulla ma pellegrino verso il tutto dell’amore e della felicità”.

“Per questo motivo – ha affermato l’Arcivescovo di Genova – possiamo dire che la missione intellettuale del Rosmini è un riflesso di quel miracolo: liberare dalle oscurità dell’errore mostrando la luminosità e la bellezza della verità che è Cristo”.

Il Cardinale Bagnasco ha concluso riportando le parole che il beato rivolse nel 1851 ad alcuni fratelli alla vigilia dei voti: “Consentiamo insieme alla carità di Dio in noi di espandersi secondo le sue dimensioni in altezza verso il sommo bene, in larghezza con l’abbraccio di tutti gli uomini, in lunghezza perché l’amore è fedele, in profondità fino al dolore della croce”.

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ZENIT Staff

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