ROMA, martedì, 16 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Un tempo di “rinnovata adesione a Cristo buon Pastore, nella plurisecolare fedeltà al Romano Pontefice” è quello auspicato da Benedetto XVI a tutta la Chiesa maronita in occasione del sedicesimo centenario della morte di san Marone.

Domenica scorsa la Chiesa maronita ha aperto ufficialmente le celebrazioni giubilari per i 1600 anni dalla morte dell’antico monaco che visse tra il IV e il V secolo come eremita in Siria, guadagnandosi la fama di taumaturgo e godendo di una grande reputazione come direttore spirituale.

L'auspicio del Papa era contenuto in un telegramma - a firma del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato - letto in occasione della divina liturgia presieduta il 14 febbraio dal Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, nella Basilica papale di Santa Maria Maggiore in Roma.

Nel corso della storia, ha osservato il Prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, “i maroniti hanno cercato il loro vanto nel proclamarsi figli della Chiesa cattolica, grazie al vincolo di unità nella verità e nell'amore col Sommo Pontefice romano”. Oggi, ha proseguito, ai maroniti è chiesto di considerare la loro responsabilità “verso la Chiesa e la nazione”.

“Sarebbe triste – ha sottolineato infatti il Cardinale Sandri – che voi deludeste le aspettative di Dio, della Chiesa e del Libano. Testimoniate la fede dei padri cooperando tra Chiese Orientali cattoliche e Chiesa latina, e come comunità cattolica confermando un convinto dialogo ecumenico perché sia costruttivo il confronto interreligioso”.

“Solo così – ha aggiunto –, il mosaico splendido di religioni e culture che è il Libano potrà favorire la stabilità della pace nella reciprocità del rispetto e della solidarietà”.

In vista del prossimo Sinodo del Vescovi per il Medio Oriente, ha poi aggiunto, “i cristiani, chiamati con questo nome proprio ad Antiochia, con i loro pastori, dovranno fissare lo sguardo su Gesù, il vero tesoro, per ritrovare l'essenziale della fede e crescere nella comunione”.

“È questo del resto – ha sottolineato – il carisma autentico del monachesimo: essenzialità e comunione in Cristo”.

“Cari maroniti – ha infine concluso –, voglio soprattutto richiamarvi le finalita del giubileo indicate dal vostro Patriarca, il Cardinale Nasrallah Sfeir, nella Lettera pastorale scritta per l'evento: 'pregare, pensare, pentirsi, dare una sguardo alla storia passata, meditarla, appenderne la lezione per disegnare una nuova strategia ecclesiale per il terzo millennio... un anno di giustizia, di riconciliazione e di pentimento'”.

Nuovi Nunzi Apostolici in Madagascar e in Nigeria

CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha nominato Nunzio Apostolico in Madagascar e Delegato Apostolico nelle Isole Comore, con funzioni di Delegato Apostolico nell’isola de La Réunion, monsignor Eugene Martin Nugent, secondo quanto ha reso noto la Sala Stampa della Santa Sede questo sabato.

Monsignor Nugent, finora Consigliere di Nunziatura, è stato elevato in pari tempo alla sede titolare di Domnach Sechnaill, con dignità di Arcivescovo.

Il nuovo Nunzio è nato in Irlanda il 21 ottobre 1958 ed è stato ordinato sacerdote il 9 luglio 1983, incardinandosi a Killaloe.

Laureato in Diritto Canonico, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1992, prestando poi la propria opera presso le Rappresentanze Pontificie in Turchia, a Gerusalemme e nelle Filippine.

Indonesia: Aceh nel post-tsunami, una speranza per Haiti

MEDAN, lunedì, 15 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Dal male può derivare del bene; dalla tragedia, la speranza e la nuova vita.

E’ il messaggio che Aceh, provincia dell’estremo nord dell’isola di Sumatra, distrutta dallo tsunami del 2004, lancia ad Haiti, colpita dal terremoto il 12 gennaio.

Secondo cifre ufficiali, Haiti lamenta 112.000 morti, 196.000 feriti e due milioni di persone bisognose di aiuti umanitari di base, tra cui 200.000 orfani, ha reso noto questo mercoledì “Eglises d’Asie”, l’agenzia delle Missioni Estere di Parigi (MEP).

Ad Aceh, lo tsunami del dicembre 2004 devastò la costa, provocando 160.000 morti e 500.000 rifugiati e spazzando via interi villaggi.

Aceh venne allora definita “provincia ribelle” per gli scontri militari molto forti tra un movimento separatista locale, il GAM, e le forze armate governative.

Bastione di un islam rigoroso, è l’unica provincia del Paese in cui la sharia è in vigore, dal 2002.

A cinque anni dalla catastrofe, Banda Aceh, capitale della provincia, è attualmente il simbolo del “trionfo sullo tsunami”.

E’ un luogo in cui la qualità di vita è aumentata, l’armonia interreligiosa è una realtà e “c’è una rinascita che porta speranza al mondo intero, soprattutto alla popolazione di Haiti”.

Lo ha dichiarato all’agenzia Fides monsignor Antonius Sinaga, Arcivescovo cattolico di Medan, la principale città di Sumatra Nord, per il quale lo tsunami ha dato impulso a un nuovo inizio.

Secondo il presule, “la gente oggi è molto aperta, umanamente e socialmente. Banda Aceh è divenuta una città internazionale e dalla tragedia dello tsunami è rinata una città socialmente molto diversa”.

“C’è grande riconoscenza per gli aiuti giunti dall’esterno, soprattutto dagli Stati Uniti e dai Paesi europei, chiamati ‘Paesi cristiani’, che hanno permesso di ricostruire oltre 140mila case”, ha aggiunto.

Grazie agli aiuti, per un valore totale di oltre 6,7 milioni di dollari, è stato possibile ricostruire anche 1.700 scuole, 996 edifici pubblici, 36 aeroporti e porti, 3.800 moschee, 363 ponti e più di 20.000 chilometri di strade.

“Si comprende perché oggi i cittadini dei Paesi donatori sono chiamati amici o perfino fratelli”, ha segnalato l’Arcivescovo.

Il miglioramento, ha aggiunto, “è sensibile”: “la città è pacificata a tutti i livelli. Non vi è tensione sociale, né interreligiosa, e il clima politico è molto favorevole. Il benessere sociale ed economico è più alto che in altre zone di Sumatra”.