La storia dell'oste tirolese che sfidò Napoleone

Intervista al medico e scrittore, Paolo Gulisano

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di Antonio Gaspari

ROMA, venerdì, 26 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Molte strade e piazze in Tirolo e nell’Alto Adige portano il suo nome ma in Europa è quasi sconosciuto. Nella sua regione è ricordato come un eroe nazionale, eppure le sua storia è poco nota. Ha combattuto per la libertà e per la fede cristiana, per questo è stato ucciso.

Stiamo parlando di Andreas Hofer, un oste tirolese che, in nome della fede e della libertà, sfidò Napoleone.

Tra i suoi più insigni estimatori c’è anche il Pontefice Giovanni Paolo I (Albino Luciani) che ammirava la suea “fede cristiana, tutta d’un pezzo”.

Paolo Gulisano, medico e scrittore, autore di saggi su aspetti poco noti della storia europea, ha appena pubblicato per le edizioni Ancora, un saggio dal titolo “Andreas Hofer. Il Tirolese che sfidò Napoleone”.

Per conoscere la storia di questo uomo coraggioso, ZENIT ha intervistato Gulisano.

Chi era Andreas Hofer?

Gulisano: Andreas Hofer, un oste della Val Passiria, in Tirolo, fu il capo e l’anima dell’insurrezione popolare tirolese contro i giacobini francesi e i loro subalterni bavaresi nel 1809. La conduzione incredibilmente abile e coraggiosa di questa guerriglia, strappò ammirazione agli stessi generali napoleonici e lo fece entrare per sempre come eroe nel cuore del popolo tirolese.

Tutto cominciò quando il marchese di Montgelas, ministro del regno di Baviera, un regno-fantoccio controllato dal Bonaparte, massone dichiarato, mise in atto una serie di misure vessatorie nei confronti della Chiesa: soppressione di tutte le cerimonie del culto cattolico: niente più processioni, matrimoni e funerali religiosi, niente più suono di campane.

Montgelas tuttavia non immaginava fin dove potesse arrivare il sentimento religioso del cattolicissimo popolo tirolese. Questi inoltrò al re di Baviera rispettose istanze, perché fosse ritirato il “decreto empio e liberticida”.

Invano. Allora fu l’insurrezione in massa. Mentre le campane suonavano a stormo e il loro suono si ripercuoteva di valle in valle, si videro i contadini accorrere da ogni villaggio, armati chi di falce, chi di forche, chi di vecchi fucili: li dominavano la vostra statura gigantesca, la voce possente e decisa, la imponente barba nera di Hofer. Alla fine l’insorgenza venne schiacciata nel sangue da Napoleone, Hofer arrestato e fucilato a Mantova.

Perchè ha scelto di raccontare questa storia? Qual è la sua attualità oggi?

Gulisano: Possiamo interpretare gli eventi del 1809 nel segno della libertà: come tentativo di conquistare la libertà politica dalla Baviera, che era alleata con i francesi, e anche come protesta contro la repressione illuministica delle più amate tradizioni religiose.

In questo senso ho voluto raccontare di Hofer perché è un personaggio straordinario che merita di essere conosciuto e apprezzato, sia per far conoscere l’epopea di Fede e di Libertà del Tirolo. Un’epopea che ricorda molto quella della Vandea o dei Cristeros messicani. L’attualità di questa testimonianza sta nel fatto che anche oggi c’è un neo-giacobinismo in Europa che preme per eliminare la realtà religiosa dalla vita pubblica, oppure per renderla ridicola e sorpassata.

Nel libro lei sostiene che è un eroe della libertà e un difensore della fede cristiana. Perchè?

Gulisano: I tirolesi che nel 1809 presero le armi contro l’Imperatore Bonaparte guidati da Andreas Hofer, che non era un militare, non un politico, ma un semplice padre di famiglia, un oste della Val Passiria che aveva a cuore più di ogni altra cosa la fede e la libertà, combatterono, soffrirono e morirono non per un vago ideale, ma per difendere qualcosa di molto concreto, a cominciare dalla libertà religiosa, ossia – detto in termini pratici -, la possibilità stessa di accedere ai sacramenti, di avere, per sè e i propri figli un’istruzione cristiana, di poter trasmettere e comunicare liberamente la fede stessa.

Hofer si oppose a Napoleone e per questo venne ucciso. Eppure, furono tanti gli italiani che credettero a Napoleone, e ancora oggi nei manuali di storia utilizzati nelle scuole, il dittatore francese gode di buona fama. Qual è il suo parere in proposito?

Gulisano: Napoleone era l’esito ultimo di una rivoluzione, quella francese, che ha goduto di ottima (e immeritata) fama, di vasta pubblicistica. La “Revolutiòn” ha sempre goduto di una stampa favorevole, da est a ovest; presentata come il riscatto degli oppressi contro una società ancora pressochè feudale, come l’avanzare della modernità e del progresso.

Non molti hanno voluto rendersi conto che, al contrario, fu l’affermarsi di un tentativo oligarchico di conquistare e reggere il potere ai danni degli stessi poveri, di cui principalmente la Chiesa si fece voce.

In che modo Hofer ha servito e testimoniato la fede cristiana? Quali sono i suoi rapporti con la Chiesa cattolica?

Gulisano: Rispondo con le parole di Albino Luciani, grande ammiratore di Hofer, che nel 1975 gli si rivolse in una lettera immaginaria, dove scriveva: “Al tempo della Vostra insurrezione tirolese parecchi vescovi, per timore od interesse, passavano dalla parte di Napoleone strapotente. Voi invece dal Tirolo resistevate a Napoleone e ai suoi amici, stando dalla parte del Papa Pio VII, che, proprio in quel 1809, lanciava contro Napoleone la scomunica e, arrestato dai francesi, da Roma veniva tradotto in esilio a Savona. Sono tutte cose da ricordare. Da attuare. Per mettere fine alle innumerevoli risse che stancano e scandalizzano. Per restaurare l’unione degli animi, l’unità della Chiesa e del Paese”. E ancora: “vorrei che il vostro eroismo, gentile e cristiano insieme, ispirasse qualcuno. Intendiamoci: non auspico nessuna guerriglia, ma la Vostra fede cristiana, tutta d’un pezzo, (…) queste sì le desidererei con tutto il cuore”.

La vicenda di Hofer è strettamente legata al Tirolo, un legame con la comunità e la terra che è stato a volte equivocato. Può spiegarci qual è il rapporto tra Hofer e la cultura identitaria del Tirolo?

Gulisano: Nel mondo mitteleuropeo c’è da sempre una parola che esprime il concetto di “piccola patria”: «Heimat», un concetto molto importante, collegato con l’identità e la cultura e che entra nel profondo dei sentimenti. Un concetto che non ha nulla a che vedere con i nazionalismi aggressivi, di cui anzi il Tirolo fece le spese nel 1809 e un secolo dopo con la Prima Guerra Mondiale.

A duecento anni dal suo sacrificio, Andreas Hofer resta l’esempio di come si possa e si debba amare la propria terra e la propria identità, senza contrapporla a quella degli altri, ma rivendicando ogni diritto a vivere secondo le proprie usanze, i propri sentimenti, la propria cultura, la propria lingua, la propria fede.

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ZENIT Staff

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