Solidarietà con il Sud per spezzare il legame tra mafia e politica

Pubblicato il documento della CEI su Chiesa italiana e Mezzogiorno

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ROMA, mercoledì, 24 febbraio 2010 (ZENIT.org).- Il Mezzogiorno deve essere riconsiderato in un’ottica di solidarietà capace di spezzare il legame tra mafia e politica, e risolvere i problemi di profonda povertà, disoccupazione e immigrazione massiccia che l’affliggono.

Sono questi in sintesi i nodi crociali affrontati nel documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e Mezzogiorno” diffuso questo mercoledì dalla Conferenza Episcopale Italiana, con il quale i Vescovi, a vent’anni dalla pubblicazione di “Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno”, intendono riprendere la riflessione sul cammino della solidarietà nel Paese, con particolare attenzione al Sud d’Italia e ai suoi problemi irrisolti.

Le mafie, “strutture di peccato”

Il documento pone un accento particolare su una delle “piaghe più profonde e durature” del Sud, considerato come un vero e proprio “cancro”: la mafia, nelle sue tante declinazioni e ramificazioni che si sono tramutate ormai in “strutture di peccato”.

“Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie”, denuncia la CEI nel documento, delporando le “mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud”.

“La criminalità organizzata – sottolineano i Vescovi – non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell’economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese”.

Questo perché, continuano, “il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all’esautoramento, dell’autorità dello Stato e degli enti pubblici, favorendo l’incremento della corruzione, della collusione e della concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle autorizzazioni e concessioni, contaminando così l’intero territorio nazionale”.

I Vescovi italiani stigmatizzano poi la diffusione di una certa “cultura che consente loro di rigenerarsi”, così come la “falsa onorabilità”, l’ “omertà diffusa” e “una carenza di senso civico” che fanno da terreno fertile a un economia malata che non può essere ricondotta tout court al fenomeno mafioso e che è formata anche da usura, estorsione, evasione fiscale e lavoro nero.

Di qui, avvertono, la necessità di “un preciso intervento educativo, sin dai primi anni di età, per evitare che il mafioso sia visto come un modello da imitare”.

“Solo la decisione di convertirsi e di rifiutare una mentalità mafiosa permette di uscirne veramente e, se necessario, subire violenza e immolarsi”, si legge nel documento che ricorda a questo proposito figure eroiche come don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana e il giudice Rosario Livatino.

Per un federalismo solidale

Di fronte a queste vecchie e nuove emergenze sociali, la Conferenza Episcopale Italiana auspica che il principio di sussidiarietà venga mantenuto strettamente connesso con il principio di solidarietà, e viceversa, per non scadere nel particolarismo sociale o nell’assistenzialismo.

“La prospettiva di riarticolare l’assetto del Paese in senso federale – afferma il documento — costituirebbe una sconfitta per tutti, se il federalismo accentuasse la distanza tra le diverse parti d’Italia”.

“Potrebbe invece rappresentare un passo verso una democrazia sostanziale – sostengono –, se riuscisse a contemperare il riconoscimento al merito di chi opera con dedizione e correttezza all’interno di un ‘gioco di squadra’”.

“Un tale federalismo, solidale, realistico e unitario, rafforzerebbe l’unità del Paese”, sottolineano i presuli, “rinnovando il modo di concorrervi da parte delle diverse realtà regionali, nella consapevolezza dell’interdipendenza crescente in un mondo globalizzato”.

Un sano federalismo rappresenterebbe, dunque, una sfida per il Mezzogiorno e “potrebbe risolversi a suo vantaggio se riuscisse a stimolare una spinta virtuosa nel bonificare il sistema dei rapporti sociali, soprattutto attraverso l’azione dei Governi regionali e municipali nel rendersi direttamente responsabili della qualità dei servizi erogati ai cittadini, agendo sulla gestione della leva fiscale”.

Non si cresce se non insieme

Affrontare la questione meridionale, affermano i presuli, significa anche richiamare la “necessaria solidarietà nazionale”, “la critica coraggiosa delle deficienze”, “la necessità di far crescere il senso civico di tutta la popolazione”, “l’urgenza di superare le inadeguatezze presenti nelle classi dirigenti”.

Da qui i Vescovi lanciano un appello “alle non poche risorse presenti nelle popolazioni e nelle comunità ecclesiali del Sud, a una volontà autonoma di riscatto, alla necessità di contare sulle proprie forze come condizione insostituibile per valorizzare tutte le espressioni di solidarietà che devono provenire dall’Italia intera nell’articolazione di una sussidiarietà organica”.

Nel documento i Vescovi italiani sottolineano che spetta “alle genti del Sud essere le protagoniste del proprio riscatto, ma questo non dispensa dal dovere della solidarietà l’intera nazione”, e dal dovere della “condivisione”.

L’educazione, una “priorità ineludibile”

Il problema dello sviluppo del Mezzogiorno affonda, però, le sue radici in una dimensione più profonda, di carattere etico, culturale e antropologico.

In questa prospettiva la questione educativa diventa quindi una “priorità ineludibile”. Occorre infatti una “cultura del bene, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità”.

I giovani, quindi, sono i primi ad essere chiamati a testimoniare “la libertà nel e del Mezzogiorno”. E l’esigenza di investire in legalità e fiducia sollecita, perciò, “un’azione pastorale che miri a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e di solidarietà”.

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ZENIT Staff

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